approfondimenti/Mercato finanziario
Il crowdfunding vola e si allarga a tutte le PMI

Nell’ultimo anno il crowdfunding in Italia ha avuto un incremento del 123 per cento. E questo grazie a un contesto che ha aumentato le tutele per gli investitori senza appesantire gli oneri per gli intermediari. Il legislatore ha infatti allargato via via i confini del fenomeno dalle start-up innovative alle Pmi: a fine 2017 la Consob ha approvato le modifiche al regolamento sulla raccolta di capitali di rischio tramite portali online che regolamenta la materia.

Vittorio Mirra
Mirra

L’Italia è stato il primo Paese ad introdurre una regolamentazione del fenomeno dell’equity crowdfunding (i.e. finanziamento di progetti imprenditoriali a mezzo di elargizioni in denaro effettuate attraverso portali specializzati sul web, che permettono all’investitore di acquistare titoli rappresentativi del capitale sociale dell’emittente; cfr. decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221; Regolamento Consob adottato con delibera n. 18592 del 26 giugno 2013 e successive modifiche).
Seguendo questa tendenza, il legislatore ha “allargato” i confini di questo nuovo fenomeno – anticipatore delle tendenze del Fin-Tech – relegato ab     initio solo alle start-up innovative (ad oggi tali tipologie di società ammontano a circa 8000 unità) – dapprima estendendolo alle PMI innovative, agli OICR e a società che investono prevalentemente in start-up e PMI innovative (cfr. Decreto Legge n. 3/2015, convertito nella Legge n. 33/2015), e successivamente a tutte le piccole e medie imprese, che rappresentano la quasi totalità del tessuto imprenditoriale italiano.
Più in particolare, la Legge di Bilancio 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232) ha esteso la relativa disciplina contenuta nel TUF (cfr. artt. 50-quinquies e 100-ter) a tutte le PMI, estendendo altresì le deroghe al diritto societario previste per le start-up innovative costituite sotto forma di s.r.l. (e.g. possibilità di offrire al pubblico le quote sociali anche attraverso i portali per la raccolta di capitali). Le PMI sono individuabili come le società che soddisfano almeno due criteri tra i seguenti:

  • numero medio di dipendenti nel corso dell’esercizio inferiore a 250;
  • totale dello stato patrimoniale non superiore a 43 milioni di euro;
  • fatturato netto annuale non superiore a 50 milioni di euro.

Le modifiche tengono conto dell’espansione del fenomeno del crowdfunding (il capitale raccolto nell’ultimo anno attraverso questo canale di investimento ha avuto un incremento totale complessivo del +123% rispetto ai 12 mesi precedenti: dati al 30 giugno 2017; cfr. Osservatorio CrowdFunding, 2° Report italiano sul CrowdInvesting), non solo allargandone l’orizzonte dell’applicazione soggettiva, ma “puntellando” ulteriormente la tutela degli investitori, cercando di non “appesantire” gli oneri per gli intermediari in modo non ragionevole e non contemperato da maggiori benefici in ottica di sistema.
In tal senso sono orientate le previsioni in merito all’obbligatorietà – per i gestori di portali di crowdfunding – dell’adesione a un sistema di indennizzo a tutela degli investitori ovvero, in alternativa, la stipula di un’assicurazione di responsabilità professionale, nonché il rafforzamento dei poteri dell’Autorità di vigilanza (i.e. Consob) di intervento sui citati gestori: viene introdotto il potere di convocazione di amministratori, sindaci e personale di questi ultimi.
Viene esteso, inoltre, il regime di dematerializzazione di quote per la sottoscrizione ed il trasferimento delle stesse per il tramite degli intermediari, eliminando il “passaggio notarile”: è prevista, infatti, la possibilità per gli intermediari abilitati che sottoscrivono dette quote in nome proprio e per conto dei sottoscrittori di depositare presso il Registro delle Imprese una certificazione che ne attesti la titolarità. L’alienazione delle quote in tali casi avviene con la mera annotazione del trasferimento nei registri dell’intermediario, eliminando pertanto i relativi costi associati. La certificazione dell’intermediario sostituisce ed esaurisce le formalità di cui all’art. 2470, comma 2, c.c. (cfr. art. 100-ter TUF).
Si è infine eliminato il divieto per i gestori di portali iscritti nella sezione ordinaria del relativo registro Consob di condurre offerte aventi ad oggetto strumenti finanziari di propria emissione o emessi da soggetti appartenenti al medesimo gruppo, prevedendo per tali ipotesi l’adozione di presidi aggiuntivi di trasparenza a tutela dei potenziali investitori, che assicurino anche in tali ipotesi la fruibilità di informazioni complete volte ad una decisione di investimento pienamente consapevole. Alla luce di questa finalità vanno interpretate le previsioni in merito all’adozione di una politica di gestione dei conflitti di interesse (di contenuto analogo a quanto previsto dalla Direttiva MiFID 2).
Gli interventi integrativi effettuati dal legislatore primario e successivamente dalla Consob (i.e. Delibera n. 20204 del 29 novembre 2017) hanno senz’altro il pregio di alimentare una evoluzione della legislazione che tenga conto della realtà fattuale e dagli inputs rinvenuti anche dal mercato e dagli operatori del settore, per rendere lo strumento in questione più duttile per le esigenze cui lo stesso era destinato.
Da sottolineare, infine, che nel caso dell’equity crowdfunding il ciclo della regolamentazione è sembrato in linea con le migliori prassi di better regulation ed è proprio attraverso l’Analisi di Impatto della Regolamentazione e la Valutazione di Impatto della Regolamentazione che sono stati individuati e valutati i possibili miglioramenti al quadro normativo e le implementazioni alle regole di dettaglio da perseguire. In tal senso vanno intese le necessarie analisi che dovranno essere effettuate sui seguenti indicatori:
a) il volume delle offerte realizzate dalle PMI e l’operatività delle società di gestione e di investimento;
b) l’adesione ai sistemi di indennizzo e le polizze assicurative stipulate dai gestori di portali;
c) la gestione dei conflitti di interesse e l’effettuazione di operazioni di autoquotazione ai sensi dell’art. 13 del regolamento;
d) l’operatività dei presidi posti a tutela degli investitori ai sensi dell’art. 24 del Regolamento.
Se, come tutti sperano, i presidi, le procedure informatiche e le valutazioni sui progetti pubblicati sui portali non mostreranno “falle” che possano compromettere la fiducia del sistema in questo canale di investimento alternativo, allora i numeri del crowdfunding saranno probabilmente destinati a crescere esponenzialmente.

(*) Il presente contributo è frutto esclusivo delle opinioni personali dell’autore, che non impegnano in nessun modo l’istituto di appartenenza.

(1) Tale copertura assicurativa deve prevedere:
a) per ciascuna richiesta di indennizzo, una copertura di almeno ventimila euro e
b) per l’importo totale delle richieste di indennizzo, una copertura di almeno un milione di euro all’anno per i gestori che effettuano direttamente la verifica prevista dall’articolo 13, comma 5-bis, e di almeno cinquecentomila euro all’anno per gli altri gestori.

(2) Tali presidi si sostanziano ne:

  • l’astensione dal condurre tali offerte, laddove i conflitti di interesse non possano essere gestiti adeguatamente, in modo da evitare effetti negativi per gli investitori;
  • l’adozione, da parte del gestore, di adeguati presidi operativi e procedurali volti ad assicurare che gli strumenti oggetto delle offerte siano compatibili con le caratteristiche, le esigenze e gli obiettivi di un determinato mercato di riferimento;
  • l’effettuazione della due diligence dell’operazione, da parte di un soggetto terzo indipendente;
  • l’effettuazione, da parte degli intermediari che ricevono e perfezionano gli ordini (quindi soggetti terzi rispetto al gestore che pubblica l’offerta), della valutazione di adeguatezza dei titoli oggetto delle offerte;
  • la fornitura di un’adeguata informativa ai clienti sugli specifici conflitti di interesse legati all’operazione di autocollocamento e sui presidi dallo stesso adottati per la gestione degli stessi conflitti, anche attraverso un’apposita avvertenza, facilmente comprensibile da parte di un investitore ragionevole, redatta con l’utilizzo di un linguaggio chiaro e conciso ed in carattere di dimensione leggibile.