Osservatorio Banche
Il contante digitale si avvicina

La quasi totalità delle banche centrali è impegnata nello sviluppo di una moneta digitale. Il primo passo è quello di costruire l’indispensabile sostegno politico. Mentre gli operatori privati in campo elaborano le loro strategie di difesa

Silvano Carletti
Carletti

Secondo recenti rilevazioni la quasi totalità delle banche centrali è impegnata nello sviluppo di una moneta digitale (CBDC, Central Bank Digital Currency). Lo stato di avanzamento di questi progetti è molto diverso, con alcuni (pochi) paesi (Nigeria, ad esempio) che possono vantare la CBDC tra le opzioni del circuito dei pagamenti locali.

Tra i paesi maggiori, la Cina è probabilmente l’esperienza più avanzata, avendo iniziato da circa due anni la fase di testing dei pagamenti retail in aree sempre più estese del paese. Anche l’India è arrivata alla fase della sperimentazione ma per ora solo per i pagamenti all’ingrosso; l’estensione al retail sembra però prossima.

Rispetto a queste esperienze gli altri principali paesi sono decisamente più indietro. Negli Stati Uniti l’amministrazione Biden ha ordinato alle istituzioni governative interessate (tra esse il dipartimento del Tesoro e quello del Commercio) di esaminare i rischi e i benefici della creazione di un dollaro digitale. Nel complesso il progetto sembra avanzare lentamente più per la mancanza di un aperto sostegno politico che per un’aperta opposizione. Tra i contrari si ritrovano alcuni importanti esponenti repubblicani, circostanza che lega in maniera evidente la progressione e la “dimensione” finale del dollaro digitale all’esito delle elezioni presidenziali previste a novembre del prossimo anno.  

A che punto è l’Europa? Nel luglio 2021 la Bce ha avviato la fase di indagine del progetto concretizzatasi nella produzione di tre relazioni con quella finale pubblicata nello scorso ottobre. L’istituzione sembra decisamente favorevole a questa innovazione, tanto che il suo massimo esponente Christine Lagarde ha definito l’euro digitale “la nostra moneta per il futuro”. A giugno 2023 la Commissione ha presentato la sua proposte legislativa.

A questo punto il progetto dell’euro digitale risulta instradato lungo due percorsi. Il primo, ancora di carattere progettuale, sarà gestito dalla Bce incaricata di proseguire il lavoro di indagine ma soprattutto di effettuare le sperimentazioni e i test necessari, oltre a svolgere consultazioni con le parti interessate, al fine di assicurare che l’euro digitale soddisfi i più elevati standard di qualità, sicurezza e fruibilità.

Più importante è però il secondo percorso, il cui obiettivo è definire l’intero quadro legislativo. Si tratta di un complesso esercizio di mediazione politica che, muovendo dalla proposta della Commissione, vedrà impegnati il Consiglio (cioè il consesso dei capi di Stato o di governo dei 27 Stati membri dell’Ue) e il Parlamento europeo. Supponendo che il dialogo tra le tre istituzioni europee sia in grado superare ostacoli e veti strumentali, bisognerà orientativamente aspettare almeno il 2028 per vedere sbocciare l’euro digitale.

Rispetto alla realtà statunitense le voci dell’opposizione al progetto sembrano (per ora) di livello più modesto. Ma come in quella realtà si avverte la mancanza di un aperto sostegno politico, un silenzio che presumibilmente non sarà rotto prima delle prossime elezioni europee (giugno 2024).

Si può ragionevolmente assumere che sia l’euro digitale che il dollaro digitale vedranno la luce nei prossimi anni. Quello che è difficile prevedere sono non solo alcuni dettagli tecnici, ma anche (in estrema sintesi) se queste CBDC verranno realizzate in una versione large, cioè mirate anche ai pagamenti retail, oppure solo in una versione narrow, cioè con utilizzo limitato ai soli trasferimenti operati da grandi imprese e operatori finanziari professionali. La prima opzione è quella più ambiziosa, ma anche auspicabile perché rende agli occhi di tutti la CBDC collegamento visibile tra moneta e realtà istituzionale, quindi qualcosa di totalmente diverso da ogni forma di moneta digitale privata.

Per una comprensione piena del progetto, sicuramente utile è il recente intervento di Fabio Panetta che, prima di assumere l’incarico di Governatore della Banca d’Italia, ha presieduto la task force della Bce sull’euro digitale. Il titolo dell’intervento è tendenzialmente difensivo (Il costo di non emettere un euro digitale), ma il suo contenuto è di segno ben diverso.

Secondo il neo-governatore, con l’euro digitale l’Europa si doterebbe di un sistema dei pagamenti digitale competitivo, innovativo, aperto e sicuro contrastando con efficacia la prospettiva che le Big Tech da tempo cercano di imporre.

L’obiettivo di queste grandi società tecnologiche è orientato a massimizzare il proprio profitto, facendo leva sull’ampiezza della clientela, sul carattere globale della operatività, su una continua espansione dell’offerta congiunta di beni e servizi, inclusi quelli finanziari. La loro strategia è la continua espansione di un proprio sistema, chiuso ad ogni operatore non disposto ad accettare le loro condizioni (walled gardens), con una limitazione di fatto della concorrenza. L’acquisizione e il continuo rafforzamento di una posizione dominante di questi soggetti privati vincola i ritmi dell’innovazione nel circuito dei pagamenti digitali alle esigenze di queste aziende. Non minori sarebbero i rischi per la tutela della privacy, considerata l’enorme massa di dati che nella loro attività queste società riescono ad intercettare.

Oltre a quelli appena indicati, lo sviluppo ulteriore di queste tendenze prospetta altri rischi, a cominciare da quello di una frammentazione del circuito dei pagamenti e tendenzialmente di una minore governabilità dei fenomeni monetari e finanziari. Il varo di una CBDC di respiro europeo servirebbe ad orientare la crescita digitale del sistema non in funzione di interessi privati ma a beneficio di tutti, i consumatori ma anche gli operatori con capacità tecnologico-finanziarie inferiori a quelle delle Big Tech.

L’euro digitale come forma digitale di contante estenderebbe al campo digitale la presenza di una moneta pubblica, una rete di pagamento alternativa rispetto a quelle gestite dai principali fornitori di soluzioni di pagamento online. La disponibilità di una tale infrastruttura consentirebbe agli attuali intermediari finanziari di sviluppare in modo “semplice” e meno costoso un’offerta digitale di servizi a livello europeo. Quindi, per ogni intermediario l’accessibilità ad uno spazio digitale è passaggio essenziale per il futuro successo delle sue attività.

Per riequilibrare/risanare l’attuale situazione, l’Europa potrebbe anche prendere in considerazione l’introduzione di opportune misure regolamentari. Tuttavia, un efficace contrasto di comportamenti anticoncorrenziali e distorsivi nel campo dei sistema dei pagamenti digitali è processo particolarmente complesso, che richiede la verifica di importanti premesse, non ultima una cooperazione internazionale rafforzata. Si tratterebbe, comunque, di un intervento di contenimento, decisamente meno promettente sotto molti punti di vista rispetto alla costruzione di un’infrastruttura aperta a tutti.

Che ne pensano le banche dell’euro digitale? Finora prevale il silenzio ma si percepisce una tendenziale ostilità animata dalla possibilità di subire perdite di ricavi.  Mediobanca ha provato a stimare le ricadute della novità su margine d’interesse, commissioni e costi operativi. Secondo i suoi calcoli l’avvento dell’euro digitale potrebbe costare alle banche europee tra il 5% e il 20% dei profitti. Come segnalato dall’ampiezza dell’intervallo, si tratta di una valutazione assolutamente preliminare da considerare con grande cautela: la mancanza di una cornice del progetto almeno in  parte definita priva ogni riflessione di punti di riferimento certi cui agganciarsi, considerazione che vale sia per l’impatto ravvicinato, sia per gli eventuali benefici in un arco di tempo più ampio.

Su molti aspetti fondamentali dell’euro digitale è rilevabile una pluralità di opinioni (quale l’ammontare massimo detenibile; eventuale remunerazione, come per la liquidità detenuta in un tradizionale conto corrente; etc). Ovviamente, ogni scelta può comportare negative ricadute per alcuni dei soggetti coinvolti. Il confronto politico che si aprirà nella seconda parte del prossimo anno sarà determinante per stabilire punti fermi su quale profilo operativo adottare.