Le banche centrali non hanno più spazio per guidare l'economia con il taglio dei tassi. Ma gli altri strumenti di politica monetaria come QE e forward guidance possono essere altrettanto efficaci. Nel suo discorso all'AEA, l'ex capo della Fed presenta un paper in cui ne stima gli effetti in punti percentuali. E rompe un tabù: quello dei tassi negativi anche negli Usa
Ben Bernanke, ex governatore della Fed (dal 2006 a 2014), nel suo discorso di inizio anno all’American Economic Association ha consigliato la banca centrale americana di non disdegnare l’uso dei tassi negativi. E di tenere da conto gli strumenti di intervento usati per combattere l’ultima grande recessione – dal QE alla forward guidance – perché quei bazooka possono essere ancora molto efficaci.
L’intervento di Bernanke (https://www.aeaweb.org/webcasts/2020/aea-presidential-address-twenty-first-century-monetary-policy) ha sortito un effetto che va aldilà dei circoli per iniziati, e ha mobilitato i retroscenisti. L’ex capo della Fed infatti ha infranto un tabù. Quello di immaginare gli Usa indenni dalla malattia che ha assalito prima il Giappone e poi l’Europa: i tassi a zero o sotto zero. E il solo ventilarne l’utilizzo ha fatto supporre che lo stato di salute dell’economia sotto Trump non sia affatto florido, né le sue prospettive ottimistiche, nonostante il buon andamento dell’occupazione.
Ma fare l’inventario delle armi a disposizione in una recessione prossima ventura non serve ad evocarla, serve a temerla di meno. E misurare l’impatto di quelle armi, come ha fatto nel suo paper Bernanke, serve a riconoscere alla banca centrale quell’insostituibile ruolo di guida nelle burrasche che negli ultimi tempi qualcuno ha messo in dubbio.
Qual è lo spazio d’azione della banca centrale in un contesto di bassa inflazione? Il ragionamento di Bernanke parte da qui: non potendo più lavorare con la leva dei tassi, i banchieri centrali hanno dovuto fare ricorso a nuovi sistemi per incidere sull’economia e guidarla nella giusta direzione. Questi sistemi sono stati il quantitative easing, cioè l’acquisto di titoli a lungo termine, e la forward guidance, gli annunci su direzione e tempistica dei movimenti successivi sui tassi.
Nati nell’emergenza, questi si possono considerare ancora oggi strumenti validi di politica monetaria, da aggiungere al convenzionale intervento sui tassi a breve, e quindi efficaci anche in future contingenze? La risposta è sì.
Entrambi gli strumenti devono entrare a pieno titolo nella cassetta degli attrezzi delle banche centrali, sostiene Bernanke, ed essere messi in condizione di funzionare ancora meglio. La ragione sta nelle cifre. Con una ricerca mirata, l’ex governatore è riuscito a misurare lo spazio creato all’azione delle banche centrali quando non è più opportuno operare sul taglio dei tassi: QE e forward guidance equivalgono a uno spazio d’azione pari al taglio di tre punti percentuali di tassi a breve.
Questa stima prevede come condizione di partenza che il tasso d’interesse neutrale dell’economia sia al 2-3 per cento (quale è quello stimato oggi negli Usa). Nelle simulazioni fatte dal modello macro-eonometrico della Fed, insomma, quando il tasso d’interesse neutrale è basso, lo strumento convenzionale del taglio sui tassi è meno efficace dell’uso dei nuovi attrezzi, che consentono di fatto di agire come se il tasso d’interesse neutrale fosse al 5-6 per cento, raddoppiando l’ambito della manovra.
Il ragionamento arriva dritto su un altra questione calda per gli economisti: il dibattito sul target di inflazione della Fed, essendo l’inflazione reale ostinatamente sotto. Molti hanno ragionato sull’opportunità di alzare quel target, o almeno di renderlo variabile. Bernanke riconosce che alzare il target inflazionistico darebbe più spazio di manovra alla Fed. Ma arrivare a pareggiare per questa via l’effetto di quei 3 punti sarebbe troppo costoso.
La regola dei 3 punti, però, non vale sempre. Per le economie con un tasso d’interesse neutrale inferiore al 2 per cento, come Europa e Giappone, tutte le strategie monetarie, incluse quelle dei nuovi strumenti, diventano meno efficaci. Ed espongono al rischio dei tassi negativi, come appunto è accaduto. Per combattere contro un’inflazione troppo bassa, non resta che una ricetta: appellarsi a strumenti diversi dalla sola politica monetaria, cioè quelli della politica fiscale.
Bernanke infine spezza una lancia per la proposta lanciata poche settimane fa da Lael Brainard, la donna che siede nel board della Fed. Quella di prevedere, in caso l’andamento dell’economia lo rendesse necessario, un tetto al rialzo dei tassi. Strumento che si andrebbe ad aggiungere alla cassetta degli attrezzi per le emergenze, che evidentemente i banchieri centrali non ritengono eventi tanto rari.