C'è una relazione tra la stampa e l'andamento dei mercati? Uno studio del Fondo monetario internazionale dimostra di sì. E che un indice basato sul sentiment prodotto dalle notizie, positive o negative, serve a predire il futuro andamento dei titoli meglio di altri strumenti
Il comportamento degli investitori è più condizionato dai consigli del proprio consulente o da giornali e tv? Se fino a ieri era difficile dare una risposta, oggi uno studio del Fondo monetario internazionale dimostra, inaspettatamente ma con grande evidenza, che sono le news a determinare gli orientamenti sui mercati finanziari, e il loro andamento in positivo o in negativo. Di più: la fluttuazione dei prezzi degli asset dipende dalle news – e dal loro impatto sugli investitori – più che da altri fattori più tecnici, come lo studio dei fondamentali delle società quotate.
Per arrivare a descrivere questa sorta di internazionale del sentimento, questa globalizzazione degli stati d’animo che risponde a ciò che la stampa scrive e su quello si plasma, gli economisti del Fmi hanno esaminato 4,5 milioni di articoli trasmessi dalla Reuters in 25 paesi (9 economie avanzate e 16 emergenti) dal 1991 al 2015. In questi articoli, hanno selezionato la ricorrenza delle parole positive e di quelle negative. Per esempio, è risultato che la parola positiva più usata è stata “opening”, seguita da “worth”, quella negativa è stata “loss”, seguita da “recession”.
Poi, hanno costruito un indice giornaliero del sentiment basato sulle news per ogni paese preso in esame, e lo hanno messo a confronto con l’andamento della borsa, registrando cosa avveniva ogni volta che le notizie provocavano uno shock in positivo o in negativo. Stesso discorso per le notizie con impatto globale, cioè che non riguardavano solo un paese ma più di uno, usate per la costruzione di un indice del sentiment globale.
Il primo risultato è stato scoprire che a livello locale l’effetto delle notizie sui mercati e sul comportamento degli investitori è notevole, ma transitorio. In media, provoca variazioni anche di 5 punti percentuali. Nel giro di una settimana, però, l’effetto svanisce e i valori si normalizzano.
Al contrario, a livello globale l’effetto del cambiamento del sentimento, degli orientamenti e delle opinioni determinati da ciò che la stampa scrive, lascia un segno più ampio e durevole. Il cambio improvviso del clima economico, sia in senso ottimistico che pessimistico, genera un cambiamento permanente anche di 25 punti (cinque volte quello che avviene a livello locale), che raggiunge il suo massimo lentamente, dopo dieci, quindici giorni.
Questo tipo di reazione non riguarda solo il parco buoi, gli investitori impressionabili e poco attrezzati. Lo studio dell’Fmi dimostra che si comportano allo stesso modo anche i grandi gestori dei fondi. Analizzando la risposta alle news di una serie di fondi che investono sui mercati emergenti, si sono resi conto che questi ripondono alle notizie locali con una reazione immediata ma effimera, e alle notizie globali con una reazione più persistente e incisiva.
Ma c’è anche un altro risvolto interessante di questa internazionale del comportamento costruita sul diffondersi delle notizie economiche e finanziarie: l’impatto delle news sull’indice del sentiment è quattro volte più forte se il mercato si trova in un periodo “orso” e non “toro”. Dimostrando che le antenne degli investitori sono più sensibili nei momenti di mercato negativi, ed essendo più ansiosi rispetto ai propri investimenti tendono ad amplificare le loro reazioni.
L’obiettivo che lo studio si proponeva era di capire se c’è un legame tra la stampa e l’andamento dei mercati. In altri termini, qual è il potere del testo, dell’uso delle parole, positive o negative, sull’andamento dei titoli in borsa, attraverso il sentimento suscitato da quelle parole negli investitori. Obiettivo raggiunto.
Di più, lo studio ha dimostrato che un indice basato su quello che le news dicono, su come lo dicono e su che tipo di shock producono, serve a predire l’andamento futuro dei prezzi degli asset internazionali meglio di indicatori più scientifici come il Vix, il cosiddetto “indice della paura”. Di qui l’enorme responsabilità di chi le notizie le scrive, e l’enorme potere di chi la stampa la possiede.