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I 30 anni delle Sim

Bilancio degli effetti di una riforma che ha spazzato via agenti di cambio e vecchie borse. Ma non ha evitato gli scandali a danno dei risparmiatori e non ha fatto decollare il mercato finanziario italiano. L'occasione per il rilancio ci sarebbe: con il varo definitivo del progetto Capital Markets Union

Luigi Rizzi
Luigi-Rizzi

Quest’anno ricorre l’anniversario della legge n.1 del 2 gennaio 1991, meglio conosciuta come legge sulle SIM, che fu fortemente voluta dall’allora senatore Enzo Berlanda, divenuto poi Presidente della Consob, ed è anche conosciuta come il bing bang del mercato finanziario europeo.

Sono quindi trascorsi trenta anni dalla Legge sulle SIM i quali hanno “segnato” la vita professionale di molti operatori e professionisti del mercato finanziario: investment broker, broker, gestori, consulenti finanziari, rappresentanti delle Autorità di Vigilanza, advisor, professionisti, accademici, ecc.

L’anniversario rappresenta una buona occasione per tracciare il bilancio degli effetti della riforma sullo sviluppo del mercato finanziario e individuare quali azioni mettere in atto per raggiungere gli obiettivi che si era proposto l’illuminato legislatore dei primissimi anni ’90.

La legge sulle SIM fu la prima legge approvata dal Parlamento nella Xma Legislatura della Repubblica Italiana e si è rivelata una vera e propria riforma “epocale”, i cui effetti si propagano tutt’ora sino ai giorni nostri. La normativa irruppe nel sistema finanziario “sconvolgendo” la vita secolare delle dieci borse valori del nostro paese, animata dall’attivismo degli agenti di cambio e dei procuratori alle grida che si recavano nei recinti della borsa nelle giornate di contrattazioni e davano vita, in modo se vogliamo un po’ romantico, agli scambi secondo rituali e prassi, anche contrattuali, non scritte.

La gestualità degli operatori era ben coordinata dal banditore e si reggeva su un codice di condotta in cui la parola data, espressa con un gesto, valeva di più di un contratto scritto munito di sigillo di un notaio.

La riforma del mercato finanziario segnò la progressiva scomparsa degli agenti di cambio e delle dieci borse valori presenti in Italia, i quali furono progressivamente sostituiti dalle società di intermediazione mobiliare (SIM), dalle banche e i locali delle borse da un potente elaboratore centrale.

La legge sulle SIM, poi modificata ed integrata da altre importanti leggi quali il decreto Eurosim, la legge sul risparmio, il Testo Unico della Finanza o decreto Draghi, le direttive MiFID, contribuì all’ammodernamento del sistema finanziario e pose le basi per uno sviluppo ordinato di un moderno mercato mobiliare. Purtroppo, non è stata risolutiva nello scongiurare i tanti, troppi, scandali finanziari che hanno afflitto il mondo del risparmio e non ha avuto successo nel fare della borsa valori il luogo ideale dove le imprese si approvvigionano delle risorse necessarie per finanziare i programmi di crescita ed i nuovi investimenti.

Il trentennio è stato infatti segnato da gravi truffe (Parmalat, Cirio, Madoff, Misseling derivati, banche popolari, ecc.) e da innumerevoli episodi di infedeltà di alcuni intermediari, crimini a cui le autorità di vigilanza, oltre all’irrogazione di sanzioni amministrative, hanno principalmente fornito risposta attraverso l’uso di tre leve: i) innalzamento delle barriere di entrata al mercato; ii) prescrivendo agli intermediari di dotarsi di un robusto sistema aziendale dei controlli (all’interno delle strutture organizzative si contano quasi 10 livelli di controllo); iii) esercitando una pressione crescente nell’esercizio delle diverse forme ed espressioni della vigilanza, sfociando talora in un’azione che non si discosta molto dal dirigismo economico.

A fronte delle misure di enforcement adottate per la tutela degli investitori e del mercato, il vecchio mestiere dell’agente di cambio è diventato poco attrattivo, in quanto poco redditizio, e la scarsa cultura finanziaria dei risparmiatori ha in buona sostanza impedito alla borsa valori di svolgere la propria funzione: fornire capitali per il finanziamento delle imprese.

Questo trentennale anniversario cade in una fase di profonde trasformazioni del sistema economico, sociale e sanitario e rappresenta, pertanto, una straordinaria occasione per svolgere alcune riflessioni su come rendente il nostro sistema finanziario più ampio ed efficiente nelle sue diverse componenti: i mercati, gli investitori istituzionali, gli intermediari finanziari, le autorità di vigilanza e i risparmiatori.

Negli ultimi anni non sono mancate iniziative per rendere più attrattiva la piazza finanziaria italiana e indubbi successi sono stati conseguiti, anche se talune scelte di politica economica si sono rivelate poco felici, come ad esempio l’aver chiuso ed abbandonato i palazzi storici delle 10 borse valori italiane (Roma, Genova, Firenze, Venezia, ecc.) che invece avrebbe potuto rappresentare una forte attrazione turistica, storica e di educazione finanziaria, oppure la vendita del pacchetto di controllo della Borsa italiana S.p.A. alla Borsa di Londra (London Stock Exchange Group) da parte degli intermediari nazionali.

Per quanto concerne gli altri due pilastri di un mercato finanziario, gli intermediari e gli investitori, le statistiche registrano un numero di SIM e di banche che operano sui mercati finanziari che si è ridotto drammaticamente passando da 285 SIM del 1992 a 68 del 2020.

Sono dati che dovrebbero stimolare una seria riflessione sul sistema delle barriere di accesso e l’insieme degli obblighi che connotano le condizioni di mantenimento della licenza ad operare.

Il momento per riflettere e trovare le soluzioni ottimali per rendere più attrattivo il mercato finanziario italiano è particolarmente propizio, in quanto da circa cinque anni la Commissione Europea ha posto al centro della propria azione l’obiettivo di realizzare un vero e proprio mercato mobiliare europeo che possa competere con quello Nord Americano; si consideri ad esempio che le dimensioni dell’economia europea e di quella statunitense sono abbastanza similari ma Wall Street, il mercato finanziario americano, è circa 10 volte più grande dei mercati finanziari mobili europei i quali, essendo frammentati, non favoriscono la raccolta dei finanziamenti da parte delle imprese.

La Capital Markets Union dell’Unione Europea è una grande occasione anche per l’Italia al fine di poter favorire post pandemia un reale sviluppo del mercato mobiliare e assicurare che le borse esercitino quelle funzioni che per diversi secoli hanno svolto nell’economia mercantile.

In riferimento alle condizioni di mantenimento della licenza e alle barriere all’ingresso il regolatore italiano, preoccupato in primo luogo di assicurare stabilità patrimoniale al sistema degli intermediari e la tutela degli investitori, ha introdotto regole senza tener sempre conto del principio di proporzionalità che invece altri Stati dell’Unione Europea, anche al fine di avvantaggiarsi nella competizione fra paesi, hanno ampiamente utilizzato e graduato gli obblighi in ragione dei diversi profili di rischio degli intermediari e della tipologia di clientela.

Requisiti di capitale significativamente elevati, un disegno del sistema dei controlli interni con situazioni aziendali in cui i controllori talora sono più numerosi degli amministratori e manager che gestiscono il business, procedure scritte per ogni compito, attività e processo aziendale, una crescente e asfissiante burocrazia, sono tutti fattori, unitamente al costo del lavoro ed alla tassazione, a cui è possibile ascrivere la poca convenienza per gli imprenditori italiani ad entrare nel business delle SIM.

Una conferma è rappresentata dai tanti brokers italiani che invece di costituire una SIM in Italia lo hanno fatto in altre piazze finanziarie, prime fra tutte a Londra ed in Lussemburgo.

Quanto agli assetti istituzionali del sistema di vigilanza, a fronte di un modello per finalità indicato dal TUF e che vede la presenza di diverse autorità a vigilare sul mercato finanziario (Consob, Banca d’Italia, IVASS, UIF, Covip), abbiamo assistito a diversi progetti di riordino e a numerose commissioni parlamentari di inchiesta sul sistema di vigilanza italiano, aventi la finalità di introdurre nel sistema gli accorgimenti e le azioni di rinforzo per la tutela del risparmio ai sensi dell’art. 47 della Costituzione della Repubblica italiana.

Le autorità del mercato finanziario rappresentano il meglio della pubblica amministrazione italiana in termini di qualità delle persone che vi lavorano. Purtroppo, il loro ruolo è stato snaturato e l’efficacia della vigilanza infiacchita dall’assegnazione di numerosi compiti di natura amministrativa legati alle autorizzazioni e a procedimenti autorizzativi che hanno poco a che fare con l’azione di vigilanza che dovrebbe essere svolta: la verifica della sana e prudente gestione, il rispetto delle regole di condotta e la trasparenza da parte degli intermediari finanziari.

Per quanto concerne gli investitori, gli approcci che mirano alla loro tutela sono stati formalistici, incentrati principalmente sui doveri di informativa ma, anche a causa di una cultura finanziaria rispetto alla quale urge intervenire per riportarci al livello degli altri paesi europei, non hanno impedito il manifestarsi di scandali finanziari che si sono purtroppo ripetuti nel periodo e appare insufficiente ciò che si è sinora fatto per indirizzare le risorse di investitori istituzionali verso il mercato finanziario italiano, i quali sempre più privilegiano altri mercati europei, quali Londra, Amsterdam, Francoforte e Parigi.