Grande attenzione per gli investimenti sostenibili. Italia best-in-class
Luca De Biasi*

L’85% del campione italiano dichiara di considerare i temi ESG nell’attività di investimento. Si tratta di una delle evidenze più significative emerse dalla ricerca internazionale “Mercer Asset Allocation Survey 2019”, che coordino per il nostro Paese e che analizza le tendenze di asset allocation dei grandi investitori istituzionali, fondi pensione in particolare.

Giunta quest’anno alla 17esima edizione, l’indagine ha coinvolto ben 912 portafogli europei, rappresentativi di 12 Paesi, per un totale di oltre 1.000 miliardi di euro di attività. Ma non è il solo valore che mette in discussione l’immagine, tradizionalmente statica, del mondo dell’asset allocation dei fondi pensione nazionali. Spesso, nell’immaginario collettivo, gli investitori istituzionali di altri paesi, soprattutto quelli del Nord Europa e del Regno Unito, sono percepiti come standard di riferimento. La nostra indagine invece mostra una ricca complessità di portafogli, ed una grande padronanza dei potenziali rischi legati agli stessi, anche al di qua delle Alpi. Ad esempio, in Italia il maggiore driver nella considerazione dei fattori ESG è il rischio reputazionale, in misura molto superiore al dato europeo. In Europa, invece, è la pressione regolamentare – menzionata dal 56% dei rispondenti – il principale motivo per prendere in considerazione i criteri ESG. Se da una parte riteniamo che giocoforza entrerà sia nei pensieri del campione italiano – attualmente la menziona un istituzionale su 9 – come Mercer prevediamo che questa tendenza si rafforzerà a seguito dell’introduzione della direttiva europea sulle pensioni IORPII.

 

Figura 1- Driver chiave nella considerazione dei fattori ESG per il campione italiano, a confronto con quello europeo dei partecipanti alla Survey.  In BLU le risposte del campione italiano; in AZZURRO il dato medio europeo.

Fonte: Mercer European Asset Allocation Survey 2019

 

L’indagine Mercer si può considerare tra le più rappresentative fonti di informazione circa le scelte degli investitori istituzionali, per la valenza del confronto e la dimensione pan-europea, così come, per quanto riguarda l’Italia, per la presenza numerica e la rilevanza degli asset sottostanti la partecipazione tricolore al campione.

La rappresentatività dell’Italia è infatti a nostro avviso molto buona. Cresciuta negli anni, pesa ora per l’8% del campione, grazie alla partecipazione all’indagine di Casse di previdenza (con un peso pari al 23%), Fondi pensione (sia negoziali che pre-esistenti, con un peso pari al 67% del campione) e Fondazioni di origine bancaria (con un peso pari al 10%). Tutti gli attori del sistema sono pertanto presenti, con spunti quantitativi e qualitativi circa le loro scelte di allocazione strategica e tattica. All’interno del campione italiano Mercer ha anche approfondito – attraverso un set di domande qualitative – l’atteggiamento prospettico rispetto alla costruzione dei portafogli in funzione di determinati rischi identificati. 

Tornando all’evidenza, sulla propensione tricolore alla diffusione di un approccio ESG, sia nelle scelte di investimento societario, sia nelle posizioni assunte nel processo di Stewardship, vorrei ricollegarla all’ottica di lungo periodo che è l’orizzonte proprio degli istituzionali, orientato cioè al ritorno sostenibile, all’allocazione del capitale con corretta gestione del rischio, ed alla creazione di valore, crescita e sviluppo a lungo termine. E ancora. Gli istituzionali italiani si distinguono per gli investimenti a impatto sociale positivo: il 77% dei partecipanti alla survey dichiara di prendere in considerazione questo tipo di investimenti, mentre il dato europeo si ferma al 10%. Questa evidenza rispecchia la composizione del campione italiano che include Casse di Previdenza e, soprattutto, Fondazioni di origine bancaria, da sempre attive nelle iniziative a supporto del territorio.

Lo Studio è stato presentato lo scorso 4 luglio a Roma, a Villa Blanc, durante i lavori del Convegno “Osservatorio sulle Politiche di Investimento degli Investitori Istituzionali”, giunto alla V edizione, organizzato come sempre in collaborazione con Casmef LUISS. In chiusura, un confronto tra l’Amministratore Delegato di Mercer Italia, Marco Valerio Morelli e Giovanni Maggi, presidente Assofondipensione, in rappresentanza del mercato italiano degli Investitori Istituzionali, ha portato all’attenzione della sala il ruolo delle parti sociali a supporto del Sistema-Paese. Da più parti infatti si parla di investimenti di Casse e Fondi nell’economia reale e sono state menzionate diverse iniziative allo studio di MEF, delle associazioni di categoria, di Cassa Depositi e Prestiti. Iniziative a mio parere molto lodevoli nella misura in cui sostengono l’economia reale italiana; ma a mio parere va evidenziata la necessità che rappresentino un bilanciamento ottimo tra rendimenti attesi e profili di rischio di questi attori, che devono salvaguardare in primis l’obiettivo del risparmio pensionistico degli aderenti. 

A questo proposito, ritengo interessante entrare nel dettaglio dell’asset allocation degli istituzionali, in Italia ed in Europa. L’esposizione azionaria del campione italiano totale è esattamente allineata a quella europea, attestandosi al 25%, in diminuzione rispetto al peso dello scorso anno. Sebbene le allocazioni in asset azionari siano in diminuzione, nel trend tracciato dalle edizioni recenti dell’Asset Allocation Survey in tutta Europa, sono cambiate anche in natura. È proseguito lo spostamento verso mandati azionari gestiti passivamente (Beta), con la percentuale media di partecipazione azionaria passiva dei piani in aumento medio al 55% nel 2019 (53% nel 2018). Il trend della gestione passiva ha come driver principali il tema delle pressioni al ribasso sulle fee e i costi, e riteniamo plausibile possa continuare nel prossimo futuro. Senza dimenticare che l’andamento dei mercati finanziari degli ultimi anni, in un contesto di bassa volatilità, ha finito con il premiare implicitamente le strategie passive.

Notiamo invece che il budget di rischio e le scelte di gestione attiva si avviano ad essere destinati alle aree maggiormente inefficienti dal punto di vista dei mercati finanziari, dove chiaramente un’alternativa passiva è non percorribile o non raccomandata. In tale senso la gestione attiva è utilizzata nell’ambito delle strategie a ritorno assoluto, degli investimenti alternativi, dei Paesi emergenti o nel Factor-Investing quali Low Volatility Value momentum e così via.

Non trascurerei di menzionare che le opportunità nel mondo degli investimenti sostenibili sono accessibili anche o principalmente attraverso i mercati privati (Private Equity, Infrastrutture), che consentono di finanziare società non quotate e progetti in grado di apportare reali benefici nella direzione di un’economia sostenibile e a basse emissioni. Questo è il motivo per cui, dal nostro osservatorio privilegiato, abbiamo rilevato l’attenzione del settore verso questa asset class.

Più bassa rispetto alla media europea è invece l’esposizione obbligazionaria italiana (37% vs 53%). Le componenti obbligazionarie non tradizionali e/o a crescita, come le strategie Absolute Return Bond e le obbligazioni high yield, rientrano nella componente Alternatives, che, nel caso dell’Italia, è più importante rispetto alla media europea (24% vs. 16%). Con riferimento al dato menzionato sugli investimenti alternativi, è interessante rilevare come il mercato italiano si dica pronto a muoversi alla ricerca di opportunità nei Private Markets: il 64% del campione punta sui risk premia dei Private, guardando sia al Private Equity che al Private Debt.

Con un 9%, l’esposizione immobiliare italiana si conferma come da tradizione più alta della media europea (3%) ma inferiore a Svizzera (28%), Germania (14%) e Norvegia (12%.).

Gli Investitori Istituzionali italiani considerano il mercato del credito ancora interessante: il 73% del campione considera il credito societario un’interessante alternativa al mercato azionario. La stessa percentuale è positiva sugli emergenti, in particolare sull’azionario. 

Conservativo risulta invece l’approccio nei confronti degli Hedge Funds, con il 91% del campione italiano che non intende aumentare l’esposizione sugli Hedge Funds, neanche in forma Liquid Alternative. Gli investitori europei d’altro canto hanno invece scelto di aumentare le allocazioni in Real Asset (+ 4%) e in Hedge Fund (+ 6%) con obiettivi sia di diversificazione che di massimizzazione dei ritorni attesi.

Mentre il 2019 è stato finora caratterizzato da un cauto ottimismo, gli investitori europei e soprattutto italiani, rispondenti all’indagine, si sono dimostrati consapevoli di un contesto macroeconomico e politico in continua evoluzione. Nelle loro risposte, abbiamo rilevato come il surriscaldamento nel settore del credito, le possibili implicazioni derivanti da politiche monetarie in evoluzione e la situazione politica implichino per tutti gli investitori, e per gli istituzionali in particolare, la necessità di posizionare in modo ottimale i loro portafogli per resistere agli urti dei mercati finanziari. Anche per questo motivo prevediamo che l’attenzione alla sostenibilità continui, nell’ottica a lungo termine già illustrata. Presto a nostro parere sarà presto considerata parte integrante della generazione di idee di investimento e di gestione del rischio. A questo proposito, ancora un veloce affondo sui dati. 

Mentre il rischio di coda non sembra spaventare gli istituzionali italiani (il 73% del campione non sta valutando di adottare misure di tail risk hedging) vorrei mettere sotto i riflettori una nuova e attuale categoria di rischio: quello legato al Climate Change. Mentre solo il 14% degli intervistati in Europa (15% in Italia) ha indicato che le decisioni di portafoglio sono guidate dalle sfide poste dai cambiamenti climatici (in lieve calo rispetto al 17% nel 2018), Mercer, anche in seguito alla pubblicazione della ricerca “Investing in a Time of Climate Change- The Sequel”, si aspetta nel prossimo anno di vedere sempre più portafogli istituzionali impostati considerando il potenziale impatto dei cambiamenti climatici. Quindi, nella nostra prospettiva, l’adozione di criteri ESG potrà trovare nuove dimensioni di analisi del contesto.

Mi rifarò sul punto alle evidenze contenute nel Global Risk Report 2019 di MMC Companies per il World Economic Forum. Il Report, che da 14 anni categorizza e classifica le dimensioni di rischio a livello global,  indica con chiarezza che, per la Business Community globale, è necessario ampliare l’insieme dei fattori di rischio presi in esame per determinare le performance delle attività economiche nel lungo periodo, in relazione alle implicazioni sia materiali – ovvero la profittabilità – che immateriali – ovvero la loro reputazione presso tutti gli stakeholder. Guardando al futuro, è pertanto probabile che sempre più investitori istituzionali incorporino la sostenibilità come parte integrante del proprio processo di investimento strategico per garantire di muoversi nel sempre migliore interesse dei propri stakeholder.

 

Figura 2- I rischi menzionati dai rispondenti in termini di probabilità ed impatto
Fonte: Marsh&McLennan Companies for World Economic Forum, 2019 Global Risk Report

* Wealth Business Leader di Mercer Italia

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