Il recepimento in Italia delle norme sulla gestione dei crediti non-performing sta attirando l’attenzione e le preoccupazioni degli operatori del mercato, ma sarà davvero una rivoluzione? Una prima lettura delle norme europee sembra ridimensionare i timori sollevati da alcuni attori del mercato, ma la strada verso il recepimento è ancora lunga. E forse anche accidentata
Stanno crescendo le attenzioni (forse in alcuni casi anche i timori) per il recepimento in Italia della Direttiva (UE) 2021/2167 (in appresso, la Direttiva NPL), un provvedimento destinato a scuotere nelle fondamenta un settore del mercato normalmente considerato di nicchia, ma di rilievo sempre maggiore nella vita dei cittadini.
La Direttiva NPL è stata emanata nel più generale contesto del piano di azione della Commissione UE per la gestione dei crediti non-perfoming, con l’obiettivo dichiarato aumentare la competitività e la trasparenza nel mercato c.d. secondario (cioè, di coloro i quali comprano e gestiscono crediti non-performing di origine bancaria); il termine ultimo per il recepimento della Direttiva NPL è il 29 dicembre 2023.
Le principali linee direttrici del provvedimento sono la tendenziale liberalizzazione dell’acquisto di crediti bancari (nel senso dell’abbattimento delle limitazioni agli acquisti di crediti NPL da parte di soggetti ad oggi non autorizzati) e, soprattutto, la creazione di un mercato integrato dei servizi di recupero stragiudiziale del credito, basato sul rilascio di un’apposita licenza da parte delle autorità competenti nazionali.
Proprio con riguardo a quest’ultimo aspetto, gli operatori del mercato si sono dimostrati ad oggi particolarmente preoccupati per il recepimento della Direttiva NPL nel nostro Paese, considerato che l’ottenimento della licenza per la gestione stragiudiziale di crediti prevedrà il rispetto di presidi organizzativi e di vigilanza certamente sfidanti per molti attori del mercato.
Il settore dei servizi di gestione stragiudiziale del credito in Italia è infatti molto frastagliato e, accanto a soggetti di taglio istituzionale (su tutti, le banche), sono autorizzati all’autorità di gestione e recupero di crediti anche soggetti quali gli intermediari finanziari autorizzati ex art. 106 TUB (in via complementare rispetto all’attività di concessione di finanziamenti o nello svolgimento di attività di servicer in operazioni di cartolarizzazione), nonché (e soprattutto) i soggetti dotati di licenza per attività di recupero crediti ex art. 115 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS).
Questi soggetti, generalmente costituiti in forma di società di capitali, esercitano oggi l’attività di recupero crediti sulla base di un’autorizzazione rilasciata dall’autorità di polizia, attribuita al legale rappresentante; l’ottenimento dell’ulteriore licenza prevista dalla Direttiva NPL potrebbe comportare modifiche anche considerevoli dei propri assetti interni, con conseguenti aumenti di costi e difficoltà operative.
Il timore già espresso da alcuni è, quindi, un possibile blocco dell’attività di questi “recuperatori di crediti” in caso di mancato ottenimento della licenza, peraltro nel contesto di un settore destinato a fronteggiare a breve una notevole pressione, in considerazione della prevedibile recrudescenza delle sofferenze bancarie a valle della pandemia.
Eppure, una lettura più attenta della Direttiva NPL sembrerebbe poter calmare, o quantomeno “raffreddare” i timori espressi da una parte del mercato. Chiaramente, la verifica del solo testo della Direttiva NPL non ha una portata risolutiva, poiché il Legislatore ha comunque alcune discrezionalità nel suo recepimento; tuttavia, l’analisi del testo normativo oggi disponibile può essere un esercizio utile per dipanare alcuni dubbi preliminari relativi alle norme di prossima emanazione.
Con riferimento a quanto precede, il principale punto di attenzione riguarda l’ambito di applicazione della nuova disciplina, in base al quale devono essere individuati i casi in cui sorge la necessità di dotarsi di una licenza (e quindi, di modificare la propria organizzazione e sottostare ad una più pervasiva vigilanza) ai sensi della Direttiva NPL.
In primo luogo, si può affermare che le norme della Direttiva NPL trovano applicazione esclusivamente con riguardo ai crediti non-performing di origine bancaria e, quindi, un recepimento letterale delle disposizioni europee escluderebbe, dall’ambito di applicazione delle nuove regole, la gestione dei crediti commerciali, di quelli derivanti da contratti di forniture, utilities etc. Allo stesso modo, la Direttiva NPL esclude dal proprio ambito di applicazione le operazioni di affidamento in gestione eseguite direttamente dalle banche (già peraltro inquadrate in un sistema normativo e di guidelines a livello europeo abbastanza stringente) e l’affidamento in gestione di crediti vantati verso imprese di grandi dimensioni. In tutti questi casi, il recepimento della Direttiva NPL potrà escludere la necessità di ottenimento della licenza e l’affidamento in gestione di questi crediti potrà avvenire in continuità con l’attuale regime di autorizzazione.
Peculiare, poi, è la vicenda dei crediti affidati in gestione dai veicoli di cartolarizzazione. Il disposto della Direttiva NPL prevede un’eccezione espressa per i crediti affidati dai veicoli di cartolarizzazione soggetti alla disciplina della c.d. securitisation regulation (Reg. (UE) 2014/2402) e cioè, con estrema semplificazione, le operazioni di cartolarizzazione in cui sono emessi titoli divisi in classi (e.g., senior, mezzanine, junior). In questi casi, la norma non prevede che il soggetto che gestisce i crediti non-performing debba dotarsi di una licenza ulteriore rispetto a quelle già detenute.
Molte operazioni di cartolarizzazione italiane, però, non rientrano nella categoria delle cartolarizzazioni “europee” e sono, dunque, soggette soltanto alla Legge italiana 130/1999. Questi soggetti, formalmente, sono considerati acquirenti di crediti ai fini della Direttiva NPL e devono dunque affidare necessariamente i crediti ad un gestore autorizzato. Nel nostro mercato la questione ha un rilievo cruciale, perché una quota consistente di crediti di titolarità dei veicoli di cartolarizzazione è oggi gestita da soggetti autorizzati ex art. 115 TULPS incaricati quali c.d. special servicers (i.e., soggetti incaricati della riscossione stragiudiziale del credito nell’ambito della cartolarizzazione).
Si pone, quindi, la questione se l’affidamento di crediti in gestione, in questo caso, debba essere preceduta dall’ottenimento della licenza da parte del gestore, ai sensi della Direttiva NPL.
Senza entrare in eccessivi tecnicismi, sembra potersi argomentare che anche nelle operazioni di cartolarizzazione “domestiche”, per il c.d. special servicer, tale autorizzazione non sia necessaria.
In tal senso, infatti, si può osservare che, in molti casi, nelle operazioni di cartolarizzazione l’incarico di recuperare i crediti viene prima affidato ad un master servicer (che è un intermediario finanziario ex art. 106 TUB o una banca) e solo in un secondo momento sub-affidato allo special servicer (in sostanza, è un rapporto di submandato). Ebbene, l’intermediario finanziario (o l’ente creditizio) è già soggetto a vigilanza e, realisticamente, potrà essere considerato, a seconda dei casi, esente dall’applicazione della Direttiva NPL o in alternativa considerarsi autorizzato dalla normativa italiana di recepimento (sotto questo aspetto, sarà necessaria una modifica del quadro normativo e regolamentare). Se così fosse (e, sperabilmente, lo sarà) il master servicer si qualificherebbe come soggetto autorizzato e lo special servicer autorizzato ex art. 115 TULPS sarebbe da considerarsi un mero fornitore di servizi di gestione dei crediti, un soggetto che, nella sistematica della Direttiva NPL, non necessita dell’autorizzazione “europea”.
In definitiva, dunque, sarà certamente necessario attendere il recepimento della Direttiva NPL per comprendere quanto e come il mercato ne risulterà impattato ma, se il Legislatore sarà accorto nell’emanazione dei provvedimenti di recepimento, sembra possibile contemperare l’esigenza di dinamismo e trasparenza richiesta a livello europeo con le caratteristiche fisiologiche del mercato italiano della gestione dei crediti.
Tutto quanto sopra, in ogni caso, senza dimenticare i vantaggi per coloro i quali decideranno di aderire al nuovo regime dotandosi di licenza ai sensi della Direttiva NPL: accesso ad un mercato europeo integrato, liberalizzazione della prestazione dei servizi a livello europeo, prevedibile aumento della platea degli acquirenti di crediti ai quali offrire i propri servizi. I prossimi mesi saranno dunque cruciali per analizzare l’atteggiamento del legislatore domestico e le sue preferenze nel recepimento della Direttiva NPL.