Per le Pmi italiane durante la crisi è stato difficile ottenere credito. Oggi si registra un cambio di direzione con i prestiti che iniziano lentamente ad aumentare. Ma resta fondamentale la disponibilità di asset a tutela del creditore. Da impiegare anche in cooperativa.
La recessione dell’economia internazionale e la crisi finanziaria iniziata nel 2007 hanno provocato tensioni nelle posizioni patrimoniali e finanzia – rie sia delle imprese che degli intermediari finanziari. La crisi ha intensifi- cato la contrazione del credito al settore privato, peggiorando la dinamica dei prestiti nel corso del 2013; i prestiti bancari deteriorati, al netto delle svalutazioni già effettuate, sono saliti al 10% di quelli complessivi, il dop- pio del dato ante crisi. Oggi il credito sta lentamente ripartendo, ma in modo selettivo e secondo due linee di forza: la divaricazione tra imprese qualificate e imprese marginali, e una nuova centralità del problema della capitalizzazione.
La “divaricazione”
La crisi finanziaria degli scorsi anni e il deterioramento del quadro eco – nomico nazionale ed internazionale hanno comportato un’effettiva e ge- neralizzata contrazione del credito alle Pmi. Tale fase, caratterizzata da atrofia del mercato interbancario, accumulo dei bad loans, arresto delle cartolarizzazioni e mancata razionalizzazione delle reti distributive banca – rie, sta venendo a conclusione e lascia il posto a una dinamica diversa: la polarizzazione del credito delle banche verso imprese “migliori”, ovvero verso imprese con bilanci qualificati, rating alti, disposte a pagare poco il credito, e la più radicale uscita dalle posizioni “marginali”.
Figura 1 Le principali caratteristiche dei budget creditizi delle banche
No Equity, no party
Il tessuto imprenditoriale italiano, fortemente incentrato sulle Pmi, è caratterizzato da una forte dipendenza dal credito bancario e da una scar – sa capitalizzazione: questo dato storico si è aggravato durante la crisi; lar- ga parte delle piccole imprese italiane, senza maggiore capitale, non può richiedere ulteriore credito perché non avrebbe flussi di cassa sufficienti per ripagare gli oneri finanziari di un volume di credito maggiore. La Ban- ca d’Italia ha stimato che il riequilibrio della struttura finanziaria delle Pmi italiane richieda la conversione in patrimonio di circa 30-50 €mld di debito in 5 anni. Per riportare il leverage delle Pmi italiane in linea con la media europea servirebbe un sostegno per convertire debito in patrimonio da un minimo del 15% ad un massimo del 25% dei livelli attuali (cfr. figura 2).
Figura 2 Livello target 2018 di indebitamento delle Pmi per allineamento a media UE (€mld)
Fonte: Elaborazione KPMG dati Banca d’Italia (2014)
In questo contesto, in cui il fattore critico per le piccole imprese è la capitalizzazione e per le banche l’abbattimento del cost-to serve, una po- licy al credito basato esclusivamente sulla garanzia fidi rischia di essere sempre più insufficiente. Accanto alla garanzia fidi – e già se ne vedono le prime esperienze – dovrà prendere forma:
Figura 3 Il futuro dell’offerta di Associazioni di categoria e Confidi