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Fra Camera Arbitrale e ABF: il nuovo meccanismo di risoluzione delle controversie nei servizi di investimento

La Camera di Conciliazione ed Arbitrato, quale meccanismo di risoluzione stragiudiziale delle controversie di natura facilitativo-consensuale e ad adesione libera, è stata introdotta per ripristinare la fiducia degli investitori, prospettando loro la possibilità di risolvere eventuali controversie senza dover necessariamente fronteggiare i costi e la tempistica di un’azione giudiziaria. Detto Organismo, pur essendo stato sottoposto a numerose riforme, non è riuscito a soddisfare appieno le aspettative che ne avevano accompagnato l’istituzione. Di conseguenza, il legislatore ne sta disponendo la sostituzione con un organismo di natura decisoria e ad adesione obbligatoria. Tale intervento è stato posto in essere senza attendere la stesura della normativa di recepimento della Direttiva MiFID 2 al fine di assicurare quanto prima un servizio di risoluzione stragiudiziale gratuito per gli investitori. Per rispondere a tale ultima esigenza, è stato attuato un intervento disorganico che, pur avendo permesso di anticipare una riforma che l’esperienza aveva mostrato essere necessaria, non esaurisce il novero degli interventi legislativi che dovranno essere adottati. È di tutta evidenza, infatti, la necessità di adottare ulteriori disposizioni normative ove si consideri l’opportunità di ricondurre tutte le disposizioni introdotte all’interno di un unico plesso normativo che potrebbe essere il d.lgs. n. 58/1998 al cui interno ancora rimane in vigore l’art. 32 – ter una delle norme a fondamento della Camera ormai soppressa.

Fabio Colavecchi

Il diritto dei mercati finanziari subisce un’evoluzione diacronica che, spesso, risulta essere priva di una visione organica complessiva, costituendo il risultato di una pluralità di interventi normativi di volta in volta adottati per fronteggiare le singole crisi finanziarie.

In linea con tale tendenza evolutiva, è stata la crisi conseguente al default di emittenti di importanza centrale quali Cirio e Parmalat a determinare l’adozione della cd. Legge sul Risparmio (l. n. 262/2005).

Tra le innovazioni introdotte con detto veicolo normativo, è stato conferito al Governo il potere di istituire un organismo di conciliazione e di arbitrato per la decisione di controversie insorte fra gli investitori e gli intermediari circa l’adempimento degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza nella prestazione dei servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio.

Esercitando la delega contenuta nell’art. 27 della legge in parola, il Governo ha adottato il d.lgs. n. 179/2007 con cui è stata istituita la Camera di Conciliazione ed Arbitrato (“Camera”) demandando alla Consob – Autorità presso la quale la Camera sarebbe stata incardinata – il potere di regolamentarne il funzionamento. La Camera è stata oggetto di due distinti Regolamenti che ne hanno disciplinato il funzionamento, l’ultimo dei quali conseguente all’avvenuto riconoscimento, da parte del Consiglio di Stato, della natura interna dell’organismo alla Consob (parere dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 20 ottobre 2011).

Attualmente l’attività della Camera si sostanzia nella gestione di due elenchi contenenti un insieme di individui in possesso di determinati requisiti di onorabilità e professionalità cui assegnare, sulla base di criteri predefiniti, le singole istanze presentate dagli investitori retail. La Camera è tenuta a verificare la regolarità formale e l’ammissibilità delle istanze presentate dagli investitori retail ed a trasmetterle agli intermediari. Ove gli stessi decidano volontariamente di aderire alle istanze, queste sono trasmesse agli iscritti nei due elenchi citati in precedenza al fine di ottenere una conciliazione ovvero un arbitrato.

La presentazione dell’istanza di conciliazione costituisce una condizione di procedibilità per adire l’Autorità Giudiziaria ai sensi del d.lgs. 28/2010. Anche se la Corte Costituzionale – con sentenza n. 272 del 6 dicembre 2012 – aveva dichiarato la illegittimità costituzionale di tale previsione, l’obbligo di preventiva presentazione di un’istanza di conciliazione nelle ipotesi di controversie in materia finanziaria tra investitori ed intermediari è stato nuovamente introdotto con l. 98/2013 e ciò anche per contrastare il decremento delle istanze presentate dopo la pronuncia.

Nonostante l’evoluzione normativa, la Camera è stata interessata da un lento declino determinato sostanzialmente dalla mancata previsione dell’obbligo per gli intermediari di aderire alle istanze presentate dagli investitori e dal fatto che su questi ultimi gravano in ogni caso le spese procedurali. Attualmente l’investitore, al momento di presentazione dell’istanza di conciliazione, è, infatti, tenuto a versare la somma di € 30 cui dovrà essere aggiunta un ulteriore compenso per il conciliatore. Peraltro, da un’analisi recentemente svolta è anche emerso che, nel periodo marzo 2011 – novembre 2013, le mancate adesioni da parte degli intermediari hanno superato la metà di quelle presentate mentre le procedure concluse con esito positivo rappresentano poco meno di un quinto di queste ultime.

Sotto altro aspetto deve segnalarsi che la Camera opera secondo un meccanismo consensuale che produce esclusivamente una mediazione tra le parti senza offrire una definitiva posizione decisoria sull’istanza presentata mentre, al contrario, l’Arbitro Bancario e Finanziario – organismo disciplinato dall’art. 128 – bis del TUB e contestualmente istituito – ha avuto successo anche in ragione di un diverso meccanismo di funzionamento. Infatti, il destino di tale organismo è stato assicurato dall’utilizzo di un meccanismo decisorio con adesione obbligatoria degli intermediari creditizi nonché dal regime di pubblicità delle decisioni assunte, delle ipotesi di mancata adesione alle istanze nonché di mancato allineamento alle decisioni dell’Organismo.

Una valutazione dei punti di forza dell’organismo richiamato è risultata cruciale all’interno del Tavolo di confronto permanente tra la Consob e le Associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori istituito dal Ministero dello Sviluppo Economico al fine di individuare le iniziative da assumere per ripristinare la fiducia degli investitori nei confronti dei mercati finanziari.

Tale iniziativa ha sviluppato un percorso progettuale sinteticamente denominato “Carta degli Investitori” articolato in tre distinti sotto – progetti tra i quali ha assunto importanza centrale quello consistente in una nuova configurazione della Camera di Conciliazione ed Arbitrato. Quindi, è stato presentato al Ministero dell’Economia e delle Finanze un progetto di riforma dell’art. 32 – ter del TUF teso a trasformare il meccanismo di funzionamento della Camera, di tipo facilitativo – consensuale, in uno decisorio – aggiudicativo ad adesione obbligatoria.

Anche se le istanze così veicolate non sono immediatamente confluite in una iniziativa normativa, queste sono state accolte in sede di stesura della normativa di recepimento della Direttiva 2013/11/UE. Infatti, con il d.lgs. 6 agosto 2015, n. 130 non solo è stato introdotto un apposito Titolo nel codice del consumo contenente una disciplina organica delle procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie tra consumatori ed operatori di mercato coerente con i contenuti della normativa comunitaria ma è stato contestualmente anche istituito un organismo stragiudiziale di risoluzione delle controversie di natura decisoria ad adesione obbligatoria previsto nell’art. 1 – bis.Il progetto di realizzazione di un organismo di natura decisoria ad adesione obbligatoria era stato già analizzato in occasione dell’adozione del Regolamento n. 18275 – con cui fu, invece, disposta l’internalizzazione della Camera – ma tale venne accantonato stante l’impossibilità di apportare celermente una simile innovazione.

Con l’istituzione di tale organismo, viene invertito il rapporto esistente tra le disposizioni che ne dovranno disciplinare il funzionamento e le norme generali di funzionamento delle procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie. Mentre ai sensi dell’art. 32 – ter del d.lgs. n. 58/1998 le modalità di funzionamento della Camera sarebbero state disciplinate dalle norme generali fino all’adozione di una normativa interna speciale, il potere regolamentare conferito alla Consob per regolare il funzionamento dell’organismo di prossima istituzione dovrà essere esercitato nel rispetto dei principi, delle procedure e dei requisiti previsti nella parte V, titolo II-bis del Codice del Consumo volti a fornire un quadro normativo organico di tutti gli organismi di risoluzione stragiudiziale delle controversie.

Rispetto agli altri organismi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, l’organismo decisorio di prossima istituzione presenta la peculiarità di essere stato istituito normativamente ai sensi del d.lgs. n. 130/2015. La natura pubblica dello stesso giustifica l’attribuzione alla Consob del potere di determinarne in via regolamentare non solo le modalità di funzionamento ma anche i criteri di composizione dell’organo decidente.

Peraltro, in sede di recepimento della normativa comunitaria è stato introdotto l’obbligo di aderire al sistema a carico dei soggetti vigilati dalla Consob che, in caso di mancata adesione, potranno subire le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 190, comma 1, del d.lgs. n. 58/1998.

L’introduzione di un organismo decisorio ad adesione obbligatoria, tuttavia, presentava alcune criticità connesse alla clausola di invarianza finanziaria inserita nella legge di delegazione europea 2013, che non consentiva di realizzare un Organismo dalle caratteristiche delineate all’esito dei lavori del Tavolo di confronto permanente sopra citato. In merito, deve infatti ricordarsi che, secondo i principi e criteri direttivi indicati nell’art. 8, comma 2, della legge in parola, dalle norme che il Governo è delegato ad introdurre per recepire la direttiva 2013/11/UE non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto le Autorità interessate devono provvedere ai relativi adempimenti con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Il rispetto della predetta clausola di invarianza finanziaria avrebbe potuto essere in parte assicurato anche sopprimendo la Camera ma una simile misura sarebbe stata adottata eccedendo i limiti della delega conferita.

Al contrario, in occasione della stesura della normativa di recepimento della MiFID 2 il Governo potrà sopprimere la Camera essendo stata prevista – ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. u) della legge di delegazione europea 2014 – la possibilità di modificare le disposizioni in materia di risoluzione extragiudiziale delle controversie nelle materie contenute nel TUF.

Nel frattempo l’esigenza di assicurare il tempestivo avvio del nuovo Organismo, nella configurazione auspicata, potrà essere garantita con l’approvazione del disegno di legge AC n. 3369 attualmente sottoposto all’esame del Parlamento.

Attraverso detto veicolo normativo è stata attuata una profonda riforma della vigilanza sui promotori finanziari in occasione della quale, tra l’altro, i compiti di vigilanza spettanti alla Consob sono stati trasferiti all’Organismo per la tenuta dell’Albo dei Promotori Finanziari (“OPF”). Oltre a tale cessione di competenze, viene previsto che parte delle entrate derivanti dal versamento dei contributi per l’iscrizione all’Albo – nei limiti di 0,25 mln. di euro annui a decorrere dal 1° gennaio 2016 – potranno essere utilizzate per alimentare il Fondo che dovrà assicurare sostanzialmente la gratuità per i risparmiatori dell’accesso alla procedura decisoria. Le risorse del Fondo potranno essere utilizzate, oltre che per soddisfare la predetta finalità, anche l’adozione di ulteriori misure a favore dei risparmiatori e degli investitori anche con riguardo alla tematica dell’educazione finanziaria.

Inoltre, per di garantire il contenimento della spesa e di eliminare una struttura che non avrà più ragione di esistere, la normativa in esame dispone l’abrogazione delle disposizioni istitutive della Camera all’avvio dell’operatività del nuovo Organismo sancendo la definitiva sostituzione della stessa con il nuovo organismo.

L’adozione delle misure di coordinamento in sede di stesura della normativa di recepimento della Direttiva MiFID 2 costituirà l’occasione per riorganizzare tutte queste disposizioni permettendo di ritrovare la dovuta organicità anche permettendo l’inserimento delle stesse in un unico testo normativo, in modo da assicurare agli operatori una maggiore facilità di consultazione e, per tale via, agevolare il successo del nuovo organismo. A fronte di tale diacronico intervento normativo, giustificato dalla necessità di mettere quanto prima a disposizione degli investitori l’accesso ad un sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie integralmente gratuito, si rende necessario attendere la stesura delle normative di recepimento della direttiva MiFID2 per riorganizzare completamente la normativa di riferimento, superando un funzionamento disciplinato da un numero così elevato e diversificato di disposizioni. Nell’attesa di una complessiva riorganizzazione del quadro normativo in materia, rimane fermo l’auspicio che, nella definizione della normativa che regolerà l’azione del nuovo organismo e la composizione dello stesso, la Consob introduca misure volte a contrastare le criticità che hanno caratterizzato l’attività dell’ABF senza affidarsi ad una pedissequa ed acritica riproduzione della normativa che regolamenta il funzionamento di tale ultimo organismo.