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FinTech: la potenza tecnologica è nulla senza… Compliance *

Con il FinTech nuovi operatori avranno accesso al mercato, diffonderanno soluzioni più efficienti, aumenteranno la concorrenza e ridurranno i costi per imprese e investitori. Tale efficienza operativa e riduzione di costi, però, è complessa e non può essere senza limiti. Non bisogna incorrere nell’errore di vedere nell’automazione la soluzione di tutti i problemi: una visione “frettolosa” potrebbe avere l’effetto contrario, e cioè quello di non assicurare un’adeguata tutela ai consumatori. A livello europeo è stata emanata la consultazione sul FinTech, presentato dalla Commissione europea il FinTech Action Plan ed una proposta di regolamentazione sui portali di equity crowdfunding. L’avanzata del Fintech pone dunque nuove sfide ai regolatori, che devono cercare nuovi approcci e valutare nuovi rischi.

Vittorio Mirra

La crescente interconnettività tra servizi ed il progresso tecnologico stanno mutando anche i rapporti tra gli intermediari e la loro clientela.

Lo sfruttamento delle innovazioni è disponibile attraverso la tecnologia: come evidenziato dai vertici delle Autorità di vigilanza, è in atto un processo di trasformazione profondo; il settore finanziario deve avere un occhio attento verso il futuro.

Ma senza esagerare.

Da tempo non si fa altro che parlare di FinTech: un mercato in rapida evoluzione, che offre nuovi strumenti utilizzabili per svariati fini.

L’ambito più avanzato– almeno a livello regolatorio – è l’equity crowdfunding (l’Italia è stata la prima a dotarsi di una apposita regolamentazione, emanata dalla Consob a partire dal 2013), ma le “sfide” per il futuro riguardano una molteplicità di aspetti.

Servizi cloud, intelligenza artificiale (ad esempio applicata alla consulenza finanziaria: leggasi robo-advisor), blockchain, monete virtuali (e.g. Initial Coin Offering), peer-to-peer lending, utilizzo dell’enorme mole dei cd. “Big Data” in possesso degli intermediari finanziari (regolamento GDPR e Direttiva PSD2 su tutti)… Tutto ciò dovrà essere razionalizzato per assicurare un mercato unico “digitale” ai consumatori europei.

A livello europeo la “macchina” è partita: oltre alle normative sopra citate, è già stata emanata la consultazione sul FinTech, presentato dalla Commissione europea il FinTech Action Plan ed una proposta di regolamentazione sui portali di equity crowdfunding.

Gli obiettivi da raggiungere sembrano tutt’altro che agevoli.

Premesso che la tecnologia è inevitabile portatrice di progresso, non bisogna incorrere nell’errore che porta a vedere nell’automazione la risoluzione di tutti i problemi; una visione così “frettolosa” potrebbe avere l’effetto contrario e cioè quello di non assicurare una adeguata tutela ai consumatori.

Il fattore umano non va infatti sottovalutato. E vanno evitati gli eccessi.

La storia e l’esperienza devono insegnare qualcosa: l’over-regulation ha in alcuni casi acuito la crisi finanziaria, ingessando le attività degli intermediari; l’over-information ha reso più complesso per gli investitori individuare le giuste informazioni che li conducano ad una scelta di investimento consapevole; l’over-confidence ha acuito le mancanze di cultura finanziaria degli investitori, rendendo più complessa una veritiera profilatura della clientela e la corretta valutazione dell’adeguatezza dei propri investimenti.

Ecco dunque che per evitare un “eccesso” di FinTech debbano considerarsi anche le difficoltà degli operatori e dei regulators ed i necessari interventi “umani” a tutela del sistema.

È fisiologico che il mercato sia “avanti” rispetto al diritto, così come quest’ultimo si “affanni” a rincorrerlo.

La Commissione europea nel marzo scorso ha illustrato un piano di azione sulle opportunità offerte dal FinTech, nell’ambito del più generale obiettivo di creare un’Unione dei mercati dei capitali. Il piano include misure per comprendere meglio la natura degli sviluppi di FinTech e misure lungimiranti progettate per incoraggiare e semplificare l’emergere di nuove soluzioni FinTech. Le azioni previste sono orientate al beneficio dei cittadini e dell’industria dell’UE e promuoveranno un settore finanziario europeo più competitivo e innovativo, mantenendo al contempo livelli elevati di tutela dei consumatori e degli investitori.

Questo perché col FinTech nuovi operatori avranno accesso al mercato, diffonderanno soluzioni più efficienti, aumenteranno la concorrenza e ridurranno i costi per imprese e investitori.

Tale efficienza operativa e riduzione di costi è complessa e non può essere senza limiti.

In un settore sistemico come quello finanziario non si può operare senza regole, in primis quelle relative all’autorizzazione all’esercizio di attività “riservate”. I soggetti che operano in questo ambito devono assicurare stabilità, trasparenza e correttezza dei rapporti coi clienti.

Il progresso tecnologico non va ostacolato, ma non può operare “a briglia sciolta”: l’opera dei regulators dovrà dunque essere attenta, evitando eccessi         di “lacci e lacciuoli”, individuando norme che assicurino il level playing field e che non creino sovrapposizioni di regole e di competenze ed incertezze che fomentino fenomeni opachi (e.g. shadow banking).Di “automatizzato” in tali attività ci può essere poco o nulla.

Per implementare correttamente nuovi servizi, nuove regole e nuove processi, maggiore sarà l’attenzione da dedicare internamente da parte degli intermediari a tali temi: la Compliance sarà la funzione deputata ad indirizzare e validare i cambiamenti richiesti, con il supporto del Legale. Servirà, però, un approccio trasversale ed un cambiamento culturale da parte di tutte le funzioni operanti: senza uno sforzo comune non ci può essere progresso!

Occorre dunque un “controllo” attento per “arginare” il progresso tecnologico ed incanalarlo verso gli obiettivi di stabilità di sistema, parità di trattamento, gestione corretta del rischio, aumento della concorrenza e riduzione dei costi.

Gli strumenti ci sono ed anch’essi devono tenere conto del progresso (tecnologico e non).

Gli impatti della regolamentazione da emanarsi devono essere attentamente valutati attraverso tutti gli strumenti di smart regulation in essere: Analisi di Impatto della Regolamentazione (AIR), open hearings e gruppi di lavoro ristretti tra esperti, panels, consultazioni pubbliche e Valutazione di Impatto della Regolamentazione (VIR).

Ultimamente, soprattutto per quel che concerne le start-up, si sono adottate dei percorsi di sperimentazione (e.g. le sandboxes nel Regno Unito) per “osservare” le nuove realtà sul mercato assicurando delle deroghe alla regolamentazione a tempo. Questo periodo di studio potrebbe aiutare il legislatore ad una maggiore comprensione degli effetti sul mercato dell’entrata di nuovi soggetti, nuovi servizi ecc., senza dimenticare i diritti e le tutele imprescindibili per la tenuta del sistema.

I regulators stanno cambiando i loro approcci e sono un primo strumento di controllo a monte.

Il quadro normativo è ancora disomogeneo. Bisognerà evitare di emanare una “legislazione di emergenza”, ma adottare un approccio completo e razionale/razionalizzato(magari individuando standard comuni cui debbano attenersi gli operatori del mercato). Andrà ben valutato che tipo di legislazione adottare (one size fits all o normative ad hoc, hard law o soft law), assicurando un necessario coordinamento a livello internazionale.

Il “viaggio” che si sta intraprendendo verso il FinTech deve seguire tutte le fasi per un approccio “smart”: esplorazione del fenomeno, studio approfondito, individuazione soluzioni ottimali, monitoraggio e controlli.

All’interno degli intermediari, infine, aumenteranno i costi di Compliance per controllare che questi nuovi fenomeni non aumentino il “rischio” dell’intermediario di condotte illegittime ( e conseguenti sanzioni), con impatti a livello legale e reputazionale.

Informatica e progresso tecnologico aumentano i rischi (su tutti quello di condotte fraudolente: es. condotte configuranti ipotesi di riciclaggio, violazioni della normativa sulla privacy): servono processi predeterminati e investimenti in tema di cybersecurity.

Tutto sarà più veloce, più potente, più efficiente, più economico (per il cliente), ma non tutto può essere ridotto ad algoritmo. L’intelligenza artificiale deve essere a servizio di quella umana (e non predominante) e per ottenere ciò serve un ripensamento sull’organizzazione interna degli intermediari: occorre investire su maggiore digitalizzazione attività e maggiori competenze professionali specifiche.

Dal lato cliente una maggiore educazione finanziaria e digitale sarà complementare per raggiungere i fini prefissati dal legislatore: integrità, efficienza, sicurezza e fiducia dei consumatori. Obiettivi per il perseguimento dei quali occorre che la “potenza” tecnologica sia accuratamente controllata e gestita all’interno dell’intermediario.

Il presente contributo è frutto esclusivo delle opinioni personali dell’autore,  che non impegnano in nessun modo l’Istituto di appartenenza.

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