La politica monetaria non basta più. Per uscire dalla trappola della secular stagnation occorrono nuovi modelli di pensiero. L'ex governatore della Banca d'Inghilterra suona la sveglia e chiama banche centrali e politici a fare, in fretta, grandi riforme. Come, 75 anni fa, quelle di Bretton Woods
Mervyn King, economista, ex governatore della Bank of England, che ha guidato allo scoppio della grande crisi finanziaria, si è unito alla schiera degli economisti che vedono i limiti crescenti della politica monetaria delle banche centrali.
Si tratta di un fronte critico sempre più numeroso, che indirizza i suoi consigli verso i governi, sollecitandoli a usare la politica fiscale per dare una scossa alla crescita che langue, come ha appena certificato anche il Fondo monetario.
Ma il ragionamento che Mervyn King ha fatto di fronte alla platea del Fmi nella sua Per Jacobsson Lecture pochi giorni fa va più lontano e più in profondità.
King riprende il concetto di “secular stagnation” lanciato da Larry Summers qualche anno fa. Se ancora qualcuno aveva dei dubbi, osserva, la situazione del mondo a 11 anni dall’inizio della crisi, nonostante i fiumi di denaro messi sul mercato dalle banche centrali, dimostra che è proprio la morsa della stagnazione quella in cui siamo intrappolati.
La causa però non è quella individuata correntemente. Non è cioè legata ai fattori dell’offerta e della produttività in calo, bensì a fattori legati alla domanda. È l’incertezza la malattia dell’economia oggi. Nell’incertezza dei prezzi futuri, chi deve investire e produrre per i consumatori di domani, non lo fa. L’incertezza blocca chi deve spendere e lo paralizza. Il modello basato sul mercato, e sulla sua capacità di autoregolarsi, si inceppa.
Che sia l’incertezza il granello di sabbia nel meccanismo dell’economia lo dimostrano diversi indici. L’indice dell’incertezza nel commercio internazionale si è impennato nell’ultimo anno dopo vent’anni di stabilità. L’indice dell’incertezza nella politica economica globale di Baker Bloom e Davis ha toccato il suo livello record. Anche i sensori di rischio geopolitico del fondo BlackRock mostrano un allarme molto superiore a quello dei peggiori momenti della crisi dell’Eurozona.
Rovesciando il modello interpretativo comune, anche la risposta deve essere diversa. Dalla trappola della bassa crescita non si può uscire con gli strumenti classici forniti da Keynes per i momenti di frenata economica. Serve altro. Cosa? Serve una riallocazione delle risorse da un componente della domanda a un altro, da un settore a un altro, dice King.
Serve, per esempio, spostare l’eccesso di investimento che c’è stato in alcuni comparti dell’economia, come l’export in Cina e in Germania, o come l’investimento immobiliare in altri paesi, verso le infrastrutture.
Per farlo non basta lo stimolo monetario come l’abbiamo visto finora. Servono cure più profonde. Anche a costo di sacrifici, come svalutare in bilancio i valori di attività (sia industriali che finanziarie) a livelli più ragionevoli. Servono costose ricapitalizzazioni di grandi istituzioni finanziarie di alcuni paesi.
Servono, insomma, risposte e interventi sul terreno del tasso dei cambi, riforme sul lato dell’offerta, correttivi del tasso di risparmio a livello nazionale, spesso insostenibile.
Un nuovo approccio, dice King, dovrà essere messo in campo anche di fronte a una nuova crisi finanziaria. Dove gli interventi di emergenza delle autorità monetarie per spegnere gli incendi, i salvataggi delle banche e delle istituzioni in difficoltà, non dovranno essere decisi sul momento sulla base delle garanzie offerte o viceversa essere illimitati pur in assenza di un controllo politico, ma dovranno basarsi su uno schema assicurativo stabilito ex ante: uno schema che consenta alle banche di poter fare ricorso ai prestiti nei momenti di difficoltà, piuttosto che a salvataggi con un sistema di bail-out.
Anche su questo fronte è l’incertezza, l’arbitrarietà, il nemico da combattere. Lo stesso principio con cui si garantisce l’indipendenza delle banche centrali deve essere applicato alle regole di intervento nel crisi finanziarie, osserva King.
Viviamo in tempi turbolenti, conclude l’ex governatore. Siamo in un modo rovesciato, in cui l’economia di mercato, che per tanto tempo ci ha garantito la prosperità, ha bisogno di un aiuto per uscire dalla trappola della stagnazione.
Il nostro mondo, il nostro sistema democratico, non sopravviverebbe a un’altra crisi finanziaria, avverte King. Sta alle élite, in questo momento, dimostrare di essere capaci di trovare collettivamente le soluzioni – non convenzionali – ai problemi. Come seppero fare 75 anni fa. Quando costruirono le istituzioni del mondo di Bretton Woods, ancora oggi sentinelle di stabilità.