MONETA DIGITALE
Dollaro ed euro uniti contro lo yuan

Anche la Fed avvia il processo per una moneta digitale, ultima tra le grandi banche centrali. Una mossa per garantire stabilità finanziaria mentre nel mondo cominciano a diffondersi pericolosamente le criptovalute private, certo. Ma anche la necessità dell'Occidente di contrastare le insidie nascoste nel progetto cinese dello yuan digitale. Pronto all'esordio durante le Olimpiadi invernali

Eugenio Occorsio

Ora anche la Federal Reserve è ufficialmente in campo. Proprio nel mezzo della fase più rovente del dibattito sui tassi, il 20 gennaio, la banca centrale americana ha fatto una mossa forse solo apparentemente slegata dalla questione degli interessi: ha lanciato, pubblicando un lungo ed esauriente rapporto di base, la consultazione pubblica sul dollaro digitale. 

La Fed arriva buona ultima: un dibattito analogo è in corso da oltre un anno presso la Bce, coordinato dal membro italiano del board Fabio Panetta. E le altre banche centrali mondiali sono impegnate in analoghe fasi di studio e preparazione, compresa la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea che ha addirittura impiantato tutta una nuova divisione, con tanto di nomina di alto profilo al vertice (Benoit Coeuré, già membro del board Bce ai tempi di Draghi), per studiare la materia. 

Ma la più avanzata è, neanche a dirlo, la banca centrale cinese, che anzi ha già in corso sperimentazioni sul terreno di valuta digitale. Attirandosi l’immediato e immancabile sospetto di voler usare questo nuovo futuribile strumento elettronico come arma di spionaggio. Il capo degli 007 britannici, quelli veri del GCHQ (Government Communications Headquarters), che si chiama con clamorosa coincidenza Fleming (Jeremy non Ian), ha avvisato: attenzione perché la valuta digitale cinese, che sarà promossa in grande stile in occasione delle Olimpiadi invernali che stanno per cominciare a Pechino, potrebbe essere usata come strumento di sorveglianza e spionaggio, non solo sulle transazioni.

Ma come funziona una valuta digitale? Ci sono molte varianti, ma in linea generale si può spiegare come segue. Con una app sullo smartphone o sul computer, oppure una tessera tipo quella sanitaria o ancora con un token che genera un codice irripetibile tipo le chiavette per i bonifici, i cittadini che lo richiedono sono dotati di un borsellino elettronico sul quale caricare le monete digitali, un po’ come una carta prepagata ovvero con un importo totale predefinito. 

Dollari, euro, renmimbi o qualsiasi altra valuta digitale saranno dotati della stessa validità dei contanti e spendibili presso qualunque esercizio abilitato, dietro presentazione della app o del token e con un criterio tecnologico che viene chiamato con l’ossimoro “digital offline”: bluetooth (che utilizza le frequenze dei cellulari) o qualche altro sistema, la tendenza è di renderlo esterno al web per poter diffondere di più il nuovo strumento. 

Non occorrerà un conto in banca tradizionale né una carta di credito, anzi l’obiettivo è proprio di rendere questa valuta digitale economica e alla portata di tutti. Si aprirà un conto di nuova generazione, appunto gratuito e digitale, presso la banca centrale. La quale probabilmente, essendo impensabile che si doti di un’infrastruttura in grado di dialogare direttamente con milioni di correntisti (e anche per non escludere gli istituti dall’innovazione scavando un solco con la rispettiva banca centrale), delegherà a una o più banche commerciali il compito di intermediare con individui e imprese. 

La Fed, nel suo rapporto del 20 gennaio (ma già analoghe considerazioni erano state espresse dall’istituto di Francoforte), prende ad esempio gli interventi di emergenza pandemica: l’urgenza di far arrivare in tempo reale a tutta la popolazione indistintamente interventi di soccorso finanziario, scrive infatti la banca Usa, potrebbe essere soddisfatta al meglio se esistesse un conto individuale di ognuno presso la banca centrale. L’helicopter money insomma funzionerebbe al meglio: la Fed richiama il primo intervento disposto nella primavera 2020, quando furono corrisposti 1200 dollari a persona a tutti i cittadini americani, non senza disfunzioni, e scrive che con un dollaro digitale si sarebbe fatto sicuramente meglio.

Ma in generale, a imprimere l’accelerazione è la necessità, ribadita nel documento della Fed, di garantire stabilità monetaria e finanziaria in un momento in cui nel mondo cominciano a diffondersi pericolosamente criptovalute private, prive di qualsiasi controllo e oggetto di speculazioni selvagge, come il Bitcoin che ora ha perso il 40% in pochi giorni seminando perdite spaventose. 

Molti altri pericoli analoghi incombono e raccomandano di procedere in fretta su questa strada, come già indicato dalla Bce. Uno si chiama Libra, anche se la criptovaluta di Facebook va e viene nelle previsioni dell’azienda a seconda della sue alterne vicende. Ma certo il rischio che Zuckerberg riesca a introdurre nel suo “metaverso” qualche strumento di pagamento che possono utilizzare centinaia di milioni di “adepti” senza nessun collegamento con la realtà, fa tremare le vene ai polsi agli istituti di vigilanza monetaria.

Non a caso è ricorrente, sia negli scritti della Bce che in quelli della Fed, l’impegno a mantenere la rispettiva supremazia di euro e dollaro negli scambi interni e, per quanto riguarda le ambizioni del dollaro, anche quelli internazionali. A parte le ambizioni di dominio, la valuta digitale – scrive la Fed – permette di mantenere presso la banca centrale informazioni potenzialmente sensibili per la sicurezza nazionale ed è indistruttibile. Potrebbe essere importante in casi di emergenza in cui la fornitura di contanti dovesse bloccarsi per terrorismo, blackout, hackeraggi informatici, e anche pandemie ancora più devastanti di quella che stiamo vivendo. 

Come si vede, nel focus dell’attenzione c’è il più delle volte la Cina, che come si diceva è molto avanti in materia e tra l’altro ha affermato la possibilità di rendere la sua valuta digitale disponibile anche per i cittadini europei e americani. Il che provocherebbe un’instabilità monetaria dovuta al progressivo maggior controllo dell’offerta mondiale di valuta da parte di Pechino, con una svalutazione di dollaro e euro nonché un aumento dei rischi di cambio. 

Insomma, il tentativo sarebbe quello di trasformare lo yuan in moneta di riferimento. A parte gli equilibri geostrategici, c’è una componente monetaria: la valuta digitale può giocare un ruolo se una banca centrale cerca, in caso di crisi, di abbassare i tassi sotto zero. Le banche rischiano la fuga dei capitali quando i conti correnti hanno interessi negativi: fuggire da un conto digitale presso la banca centrale è evidentemente più difficile.