approfondimenti/Mercato finanziario
Dal problema della causa ai derivati atmosferici

In principio, la giurisprudenza di merito tentava di “avvicinare” i contratti derivati ad alcuni dei contratti tipici disciplinati nel nostro ordinamento, considerando la causa come l’astratta e tipica ragione economico-giuridica del contratto, giustificatrice dell’operazione privata. Questa tesi, però, limitava le funzioni svolte da questi contratti alla mera copertura. È stato un intervento della Suprema Corte ad indurre, nel corso di questi ultimi anni, gli operatori del settore finanziario ad ampliare il mercato dei derivati finanziari anche in materie non proprio tradizionali, come la gestione del rischio assicurativo, energetico, atmosferico.

Alessandra Protani

L’articolo di Alfonso Parziale dal titolo “Piccoli imbrogli” e derivati “mascherati” all’esame del Tribunale di Perugia, da poco pubblicatosu FCHub, offre lo spunto per tornare sul tema deicontratti derivati.

Il tema dei derivati finanziari è di grande attualità sia a causa del forte impatto che la circolazione degli stessi ha avuto e produce tuttora sul mercato, sia, sotto un profilo più strettamente giuridico, perché sempre più di frequente i Tribunali si trovano a doversene occupare.

Infatti, come è stato osservato ( in particolareMargelli, Bravi note in tema di analisi civilistica dei contratti derivati, in Riv. dir.banc., 2014), mentre il tecnico ragiona sul funzionamento delloswap, sui modelli matematici di valutazione degli scenari probabilistici, sulla qualificazione dell’upfront e sulla quantificazione del mark to market, il giurista si trova di fronte a strumenti finanziari, di natura senz’altro contrattuale, difficilmente comprensibili, non tipizzati e produttivi di effetti potenzialmente devastanti.

Diversamente dagli ordinamenti di Common Law, il “principale”problema “strutturale” dei derivati, da sempre al vaglio dei “nostri” tribunali, è quello concernente la causa contrattuale, ossia la “ragione” giustificativa o anche l’”interesse” che le parti intendono perseguire.

Il contratto, dice la legge, deve possedere a pena di nullità una causa lecita (artt. 1325 e 1418 c.c.) e, qualora non appartenga a un tipo che ha una disciplina particolare, deve essere diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela (art. 1322 c.c.).

In principio, la giurisprudenza di merito tentava di “avvicinare” i contratti derivati ad alcuni dei contratti tipici disciplinati nel nostro ordinamento, considerando la causa quale funzione del contratto sotto il profilo economico-sociale.

In altre parole, la causa veniva considerata come l’astratta e tipica ragione economico-giuridica del contratto, giustificatrice dell’operazione privata e dunque strumento di controllo dell’operare dei singoli all’interno dell’ordinamento giuridico.

Si trattava di una tesi estremamente limitata che, lungi dal risolvere le controversie sorte in materia, non faceva altro che generare ulteriori incertezze perché non prendeva in considerazione le numerose funzioni che in concreto possono essere svolte dai contratti derivati, le quali, diversamente da quanto si credeva, non si esauriscono solamente in quella di copertura.

Così, risolto positivamente il “quesito” dell’astratta idoneità dei contratti derivati a fungere da schema giuridico per la regolamentazione di interessi, si è dovuto inevitabilmente spostarel’indagine sul concreto assetto degli interessi che le parti intendono realizzare (ed effettivamente realizzano), mediante la conclusione di uno specifico contratto derivato.

Ed è proprio in questa sede che l’interprete è stato chiamato a valutare l’operazione economica, onde esprimere un giudizio dimeritevolezza.

L’originaria difficoltà di comprendere la natura e le peculiarità dei derivati è visibile nella prima giurisprudenza formatasi in Italia, che, in ossequio alla teoria della causa quale funzione del contratto sotto il profilo economico-sociale, si ostinava a ritenere che la causa potesse sempre essere unitariamente ricostruita ed intesa prescindendo in toto dalle funzioni cui concretamente assolve, che a suo dire degradavano al rango di motivi, o meglio di moventi, del soggetto agente.

Venivano, quindi, considerati meritevoli di tutela quei contratti derivati volti a perseguire un obiettivo di riduzione dei rischi, mentre si ritenevano esistenti, in astratto, “dei margini” per affermare che quelli conclusi per finalità speculative, cioè per creare il rischio e se possibile approfittarne, fossero volti a perseguire una causa non meritevole di tutela nel nostro ordinamento.

Illuminante, in questo contesto per così dire “anarchico”, privo cioè di solide linee guida, è stato l’intervento della Suprema Cortecon sentenza del 8 maggio 2006 n. 10490che, in tema di elementi essenziali del contratto, ha prestato esplicita adesione alla c.d. teoria della causa concreta.Superata definitivamente la tesi che valorizzava la distinzione tra operazioni di copertura ed operazioni speculative, la Corte di Cassazione, lungi dal dare risalto al dato psicologico delle parti, ha inteso piuttosto “valorizzare” la ragione che viene a delinearsi sotto il profilo oggettivo. Così, per ragione che concretamente giustifica il contratto non deve intendersi l’interesse personale di ciascuna delle parti considerato come tale, nell’ottica quindi della soddisfazione del bisogno dell’individuo, mutevole da soggetto a soggetto, quanto piuttosto l’interesse sociale che il singolo contratto intende perseguire. Si tratta pur sempre di un interesse (e di un giudizio sull’interesse) economico-sociale, perseguito però non da un tipo contrattuale preconfezionato e cristallizzato una volta per tutte, ma valutato nel particolare contesto di circostanze, finalità ed interessi in cui quelle parti lo hanno programmato (così TUCCI,La negoziazione degli strumenti finanziari derivati e il problema della causa del contratto,in Banca borsa, 2013).

Probabilmente è stato proprio questo intervento della Suprema Corte ad indurre, nel corso di questi ultimi anni, gli operatori del settore finanziario ad ampliare il mercato dei derivati finanziari anche in materie non proprio tradizionali. Infatti, sono stati progettati i contratti derivati per gestire il rischio assicurativo,energetico, atmosferico ed altri rischi simili. E’ importante sottolineare però che di fatto tali sub-species di derivati mantengono inalterato lo schema tipico della struttura contrattuale e della regolamentazione degli interessi economici voluti dalle parti; mentre si caratterizzano per il fatto di insistere su un peculiare sottostante che, a sua volta, esprime un’astrazione di grandezze economiche valutabili, su un fondamento di secondo livello rispetto alla realtà economica sottostante.

Basti pensare, ad esempio, ai contratti derivati su agenti atmosferici (c.d. weatherderivatives), quasi ignoti in Italia, ma da anni in uso negli Stati Uniti e in Paesi europei come Inghilterra,Olanda o Germania. Per rischio atmosferico ci si riferisce a eventi di natura non catastrofale, che si verificano con una certa frequenza e che influenzano in modo negativo i redditi di un settore industriale. L’esposizione delle aziende a tale rischio creala necessità di coprirsi. In questo caso ciò che viene tutelato attraverso il contratto derivato non è il dato atmosferico, di per sèinsignificante, ma le conseguenze che da un avverso cambiamento atmosferico posso derivare per una determinata situazione economica.In concreto, questa specie di derivato è un contratto di breve durata (spesso trimestrale), stipulato tra imprese e banche, che scommettono sulle condizioni meteorologiche in un certo periodo. E, come sempre succede, chi perde paga, come accade per Fonte Tavina Spa, che diversi anni fa si assicurò con la Banca Popolare di Sondrio contro le temperature rigide, e invece ci rimise perché fu un’estate torrida.

Come già anticipato, in Italia per ora quasi nessuno sottoscriveweatherderivatives anche se, spiega la Coldiretti, qualcosa di simile è stato sperimentato nel settore vinicolo. In particolare, l’associazione degli agricoltori ha avuto cura di precisare che per ora si tratta di strumenti che richiedono volumi troppo elevati per essere accessibili al singolo agricoltore, affermando però che esiste un certo interesse per questo tipo di prodotti non solo in ambito agricolo ma anche da parte di chi gestisce società sportive, spesso costrette a rinviare eventi sportiviper: “causa pioggia”.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte emerge come la causa dei contratti derivati, cioè “la realtà viva” di ogni singolo contratto, ovvero gli interessi reali che di volta in volta il contratto è diretto a realizzare, costituisce una sorta di “nodo cruciale per il giurista”, perché investe in definitiva il problema dellameritevolezza di tutela del contratto atipico nel nostro ordinamentyo, imponendo all’interprete il compito di analizzare e valutare, caso per caso, le operazioni complesse nelle quali lo strumento finanziario derivato non può essere considerato come mero prodotto, ma come operazione economica concretamente realizzata, in vista di un risultato economico unitario, così da rendere rilevanti i motivi posti dalle parti a fondamento delle rispettive prestazioni.

In particolare, con l’apertura del mercato dei derivati finanziari amaterie non proprio tradizionali urge l’esigenza di richiamare l’attenzione del legislatore e del regolatore sulla natura dei contratti, al fine di disciplinare a priori i criteri di validità degli stessi e garantire, così, certezza nella circolazione dei prodotti finanziari. Infatti, come è stato detto, se l’animo sensibile sente l’esigenza di tutelare l’investitore sprovveduto, o quello che ha mal riposto la propria fiducia nel consulente avventato, al tempo stesso è innegabile che il mercato richieda certezze, anche e soprattutto quanto all’inquadramento giuridico.

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