La disciplina della responsabilità degli amministratori nelle società di capitali ha subito, negli ultimi dieci anni, profondi cambiamenti che hanno alimentato, sia in dottrina sia in giurisprudenza, un deciso dibattito. In particolare, tra le novità di maggiore rilievo è necessario evidenziare come (i) la rimodulazione del criterio di diligenza degli amministratori, nell’esercizio delle loro funzioni, abbia evitato un’oggettivizzazione della disciplina; (ii) sia stata garantita una più energica e diffusa tutela degli azionisti di minoranza tramite la previsione di cui all’art. 2393 bis c.c.; (iii) siano state disciplinate espressamente, nelle s.r.l., le varie azioni di responsabilità salvo quella esercitabile dai creditori sociali, con il conseguente dibattito seguito in dottrina in merito all’ammissibilità di tale azione.
Il d.lgs. 6/2003 di riforma del diritto societario ha innovato profondamente, infatti, la disciplina della responsabilità degli amministratori. Da un lato, ha introdotto l’art. 2393 bis c.c. che consente, oggi, anche ai soci di minoranza di esercitare l’azione sociale di responsabilità e, dall’altro, ha modificato l’art. 2392 c.c. che specifica il grado di diligenza che gli amministratori di società di capitali devono rispettare nell’esercizio delle loro funzioni.
La riforma ha sia diversificato la disciplina della loro responsabilità, tra quelli provvisti di delega e quelli sprovvisti, sia introdotto nuovi parametri di valutazione dell’operato degli stessi, in particolare sostituendo la vecchia diligenza del mandatario con quella, sicuramente più conforme e attuale, richiesta dalla natura dell’incarico – alla quale, ad ogni modo, già si faceva riferimento – e dalle specifiche competenze.
Infatti, l’Autorità Giudicante non potrà valutare le scelte operative degli amministratori, le quali sono discrezionali e frutto di scelte manageriali degli stessi, bensì l’idoneità delle stesse al raggiungimento dell’oggetto sociale, graduando la diligenza richiesta in base alla natura dell’incarico e alle specifiche competenze. Tale metro di valutazione del Giudice prende il nome anglosassone di business judgement rule.
L’azione di responsabilità ex art. 2393 c.c. ha costituito, sino al 2003, l’unico strumento per far valere la responsabilità degli amministratori nei confronti della società per i danni ad essa arrecati. Essa, però, è stata scarsamente utilizzata a causa della stretta contiguità tra i soci e gli amministratori.
Infatti, l’art. 2393 bis c.c. consente, oggi, l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori anche da parte dei soci di minoranza, in nome proprio e per conto della società, a condizione che essi rappresentino almeno 1/5 del capitale sociale o la diversa misura prevista nello statuto ma comunque mai superiore ad un 1/3. Quanto detto sopra risulta valido per le società per azioni non quotate mentre per quelle con azioni diffuse tra il pubblico o quotate è previsto che l’azione possa essere esercitata dai soci che rappresentino almeno 1/40 del capitale sociale o la minore misura prevista dallo statuto.
Tale azione, ad ogni modo, non costituisce una novità assoluta nell’ordinamento giuridico italiano in quanto, già prima della riforma del diritto societario del 2003, era stato inserito, nel d.lgs. 24 febbraio 1998 (T.U.F.), l’art. 129 t.u.f. – oggi abrogato – che sostanzialmente prevedeva l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori da parte dei soci di minoranza, sebbene nelle sole società per azioni quotate.
La riforma del 2003 ha innovato la disciplina della responsabilità degli amministratori anche con riferimento alle società a responsabilità limitata. La disciplina vigente, costituita dall’art. 2476 c.c., non opera più alcun riferimento alla corrispondente disciplina dettata per le società per azioni. Se da un lato vengono espressamente disciplinate le diverse varianti di responsabilità degli amministratori nei confronti della società, dei soci e dei terzi, dall’altro, con il venir meno del richiamo alla disciplina dettata in tema di s.p.a., non viene più fatto alcun cenno a quella nei confronti dei creditori sociali.
La mancanza di un riferimento esplicito in merito alla possibilità, per gli stessi creditori sociali, di esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ha sollevato non pochi in dubbi in dottrina.
In particolare, si sono contrapposte due teorie: (i) secondo la prima, nonostante la mancata tipizzazione dell’azione da parte del legislatore, sarebbe comunque possibile per i creditori sociali esercitare tale azione nei confronti degli amministratori (si discute, anche in merito a questo punto, sulla natura extracontrattuale o surrogatoria dell’azione); per la seconda, invece, a causa dell’assenza di una specifica disposizione legislativa essa non sembrerebbe proponibile.
Ad ogni modo, la giurisprudenza maggioritaria sembra meno incline ad avere perplessità in merito alla proponibilità, da parte dei creditori sociali, dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di s.r.l.
Tale giurisprudenza ritiene, infatti, applicabile in via analogica la disciplina prevista per le società per azioni, sostenendo che la mancanza di un richiamo specifico all’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali derivi, prevalentemente, da una mancanza di coordinamento tra le varie discipline.
A tutto questo si aggiungono le recenti modificazioni, in materia di responsabilità degli amministratori degli enti creditizi, previste dal d.lgs. 180/2015 di attuazione della direttiva 2014/59/UE (c.d. BRRD o “Bank Recovery and Resolution Directive”). Esse prevedono, all’art. 35 del d.lgs. 180/2015, in caso di implementazione del piano di risoluzione, previsto dalla direttiva sopra menzionata, nei confronti di un ente creditizio, che l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità e di quella dei creditori sociali contro i membri dell’organo amministrativo spetti ai commissari speciali sentito il comitato di sorveglianza, previa autorizzazione della Banca D’Italia.
Dalla lettura della norma si evince come, a differenza di quanto previsto nella disciplina generale ex art. 2394 bis c.c. – rubricato “Azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali” – laddove l’esercizio dell’azione di responsabilità è unicamente di competenza del curatore fallimentare, del commissario liquidatore e del commissario straordinario, in caso di adozione di un piano di risoluzione l’azione sociale di responsabilità e quella dei creditori sociali è sì di competenza dei commissari speciali ma subordinata a due ulteriori condizioni: (i) il parere del comitato di sorveglianza; (ii) il placet della Banca d’Italia. Due ulteriori passaggi che rendono sicuramente più complessa la proposizione di tale azione.
In conclusione, si può certamente affermare che la disciplina della responsabilità degli amministratori è stata oggetto di rilevanti modifiche e sebbene esista una disciplina generale valevole per tutte le società per azioni, essa incontra, talvolta, alcune deroghe previste da discipline speciali come quella appena descritta.