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Da Karlsruhe (ri)corsi e ricorsi minano la stabilità europea - II parte

La Corte di Karlsruhe si pronuncia sul Meccanismo europeo di stabilità rispetto alle previsioni della Costituzione tedesca. Alla prova l’integrazione comunitaria.

Alfonso Parziale
Alfonso Parziale

Con sentenza dello scorso 18 marzo il Bundesverfassungsgericht (Bvg) si è espresso definitivamente in merito ad alcuni ricorsi congiunti e ad un Organstreit (i.e. un contrasto tra organi costituzionali) proposti in relazione, tra l’altro, alla legittimità rispetto alle previsioni della Costituzione tedesca (Grundgesetz o Gg) del c.d. Meccanismo europeo di stabilità (European Stability Mechanism – Esm).

I diversi ricorsi posti all’attenzione della Corte – nell’insieme, un vero e proprio “attacco” al processo di integrazione comunitario – richiedevano ai giudici di valutare la compatibilità con la Costituzione federale di tutte le più recenti (e significative) iniziative comunitarie in ambito economico, tra cui, oltre al citato Esm, anche le regole comuni di bilancio note come Fiscal Compact, il complesso di riforme del precedente Patto di Stabilità e Crescita (noto anche come Six-pack) e finanche il sistema di pagamento interbancario che consente di scambiare i bonifici bancari nei paesi Ue (Target 2).

Tra tutte le questioni sollevate dai ricorrenti, però, la più significativa e rilevante (anche in un’ottica politica) è certamente quella attinente alla legittimità dell’Esm che,  assieme all’iniziativa Omt, costituisce il nucleo del progetto comunitario per preservare la stabilità nell’Unione europea. L’Esm nasce come un’evoluzione più strutturata del precedente fondo Efsf e ne eredita l’obiettivo, che è quello di fornire assistenza finanziaria sotto forma di prestiti, con varie finalità, ai Paesi aderenti in difficoltà.

Come stabilito dall’apposito trattato istitutivo del 2 febbraio 2012, l’Esm è stato costituito come un’istituzione finanziaria internazionale (i.e. un’organizzazione intergovernativa di diritto pubblico), ed è dotato di un capitale proprio, suddiviso in azioni, di circa 701 miliardi di Euro, di cui circa 80 già versati ed i restanti 620 richiamabili in caso di necessità (c.d. callable shares), come previsto agli articoli 8 ss. del trattato. Possono richiedere misure di assistenza finanziaria i Paesi membri in difficoltà che superino il procedimento istruttorio condotto dall’Esm, finalizzato all’accertamento della situazione contabile dei richiedenti e del loro impegno a superare lo stato di tensione finanziaria attraverso un piano di riforme strutturali.

La portata innovativa dello strumento aveva già determinato in precedenza la richiesta di emissione di una misura provvisoria da parte del Bvg che impedisse, tra l’altro, la ratifica del trattato istitutivo dell’Esm. La Corte era stata chiara nel rigettare tale richiesta e, con sentenza del 12 settembre 2012, aveva giudicato la nuova istituzione compatibile con le leggi fondanti tedesche, a condizione che gli obblighi di contribuzione della Germania si limitassero agli importi espressamente previsti dal trattato – quindi concordati e conoscibili – e che determinate norme in tema di segretezza degli atti dei funzionari dell’Esm non pregiudicassero le possibilità per il consiglio federale (Bundesrat) e per il parlamento (Bundestag) di avere piena visibilità ed informazione sulle attività del nuovo organismo.

La nuova, recentissima pronuncia si pone in piena sintonia con la precedente decisione resa e dichiara i ricorsi esaminati in parte inammissibili ed in parte infondati. Sul punto, occorre ricordare che il compito del Bvg è limitato alla verifica della compatibilità degli strumenti di diritto internazionale con le previsioni della Grundgesetz e di risolvere i conflitti tra i diversi poteri dello Stato: non vi è quindi una valutazione di natura politica sull’opportunità di aderire all’Esm ed è quindi alla luce di questa considerazione che deve essere esaminata la decisione.

Tutti i ricorsi si basavano, tra gli altri argomenti, sulla considerazione che l’adozione dell’Esm violasse le prerogative e le responsabilità del parlamento tedesco in materia di bilancio ed il diritto dei cittadini tedeschi di determinare, tramite i loro rappresentanti, scelte autonome in relazione a tale materia. Nel rigettare questa impostazione, il Bvg coglie l’occasione per presentare alcune considerazioni interessanti.

In generale, l’esistenza di principi di democrazia ed autodeterminazione propri dell’ordinamento tedesco presuppongono che il parlamento resti il luogo in cui si determinano le principali scelte relative alle politiche finanziarie e di bilancio (una frase, questa, che andrebbe riletta con attenzione, soprattutto in Italia). La supervisione su queste scelte e l’influenza politica del parlamento non viene meno nel caso in cui parte di questo potere di determinazione sia conferito ad un organo sovranazionale, in coerenza con le responsabilità del Paese in materia di integrazione (Integrationsverantwortung); si può anzi dire che l’adozione di queste scelte rientri proprio nel mandato di quest’organo e si può qualificare come una sua scelta di natura politica.

Il conferimento di un potere ad un organo internazionale, però, non può essere libero ed indeterminato, ma deve essere bilanciato dalla possibilità per il parlamento di quantificare l’impegno economico ed esercitare il proprio controllo e la propria influenza, e dalla possibilità di impedire pregiudizi irreversibili a danno delle generazioni future.

Alla luce di queste considerazioni, il Bvg ritiene che le modalità concrete con cui l’Esm è stato costituito non violino i principi della Grundgesetz. In particolare, dalle corpose argomentazioni della sentenza si possono ricavare i punti che seguono:

  1. il rischio che le previsioni del trattato istitutivo dell’Esm possano comportare un impegno finanziario non quantificabile per la Germania è scongiurato dall’interpretazione delle norme, di segno opposto, fornita dagli stessi aderenti all’Esm (si richiama una precedente dichiarazione congiunta sull’argomento datata 27 settembre 2012);
  2. le decisioni che potrebbero avere un impatto sulle prerogative di bilancio del parlamento tedesco, incluse quelle che potrebbero comportare nuovi impegni economici per il Paese, non possono essere assunte in mancanza del consenso espresso, a seconda dei casi, dai rappresentanti tedeschi presso l’Esm o dal parlamento e, di conseguenza, gli organi federali possono sempre esercitare un controllo ed agire per esprimere la propria volontà;
  3. l’impegno a carico della Repubblica Federale Tedesca nell’ambito Esm non è definitivo, non presenta i caratteri dell’irrevocabilità e, quindi, non costituisce un rischio a tempo indeterminato ed ineludibile per il futuro.

Una volta passati in rassegna i principali argomenti della pronuncia, è lecito porsi una domanda: cosa può insegnarci la decisione di una Corte costituzionale straniera su una questione che riguarda anche il futuro del nostro Paese? Certamente, la sentenza propone un punto di vista che ha un respiro assai più ampio e costruttivo rispetto ai remissivi “ce lo chiede l’Europa” ed ai toni urlanti e sprovveduti di certa sedicente “controinformazione”, proponendoci un dialogo con i grandi temi della rappresentanza democratica, della responsabilità degli organi costituzionali e dell’integrazione.

Con i suoi ragionamenti, la pronuncia della Corte di Karlsruhe ci ricorda che la costruzione dell’integrazione comunitaria è un processo di grande difficoltà tecnica e, almeno in parte, pericoloso, che può rischiare di allontanare i cittadini dalle istituzioni e di comprimerne i diritti di libertà e di scelta. Alla buona politica – e non solo ai giudici costituzionali – è demandato un controllo scrupoloso delle iniziative provenienti dall’Unione, per evitare che i meccanismi decisionali si allontanino troppo dai cittadini ed adottare scelte consapevoli e lungimiranti.

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