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Costruire il nuovo bancario tra MiFID2 e rivoluzione Fintech
Luca Galli
GALLI

Il risparmio, una delle principali risorse del nostro paese, desta sempre più l’interesse e le mire di operatori internazionali. L’anno in corso sarà forse l’ultimo per cogliere la non più rinviabile occasione di far evolvere rapidamente i “modelli di offerta” di consulenza finanziaria al fine di capitalizzare concretamente le opportunità tecnologiche e rispondere strategicamente a quelle normative, con l’intento di rendere più consapevole e, nel contempo, soddisfare – e sperabilmente ampliare – una domanda di consulenza finanziaria in dinamico cambiamento.

In questa ottica, può essere utile fare il punto su come sta evolvendo il paradigma tra Banca e Cliente, tenuto conto dell’entrata in vigore di MiFID 2 (gennaio 2018) e soprattutto alla luce dei radicali cambiamenti connessi alla definitiva esplosione della Financial Technology (FinTech).

Conoscenza e competenza di una rete distributiva “veloce e flessibile” 

Il gap di educazione finanziaria dei risparmiatori (descritto dai Quaderni CONSOB dedicati) sta (lentamente) riducendosi grazie all’opera pedagogica nei confronti della clientela, allo stato essenzialmente a carico dell’industria del risparmio. Tale opera sta trovando compimento attraverso un percorso di riqualificazione del personale di filiale. La riqualificazione attiene sia a robusti percorsi formativi, sia alla capacità degli istituti di credito di rendere complementare la professionalità del “nuovo bancario” alla rivoluzione Fintech in corso, integrando le soft skills tipicamente consulenziali (e.g. la capacità di ascolto attivo nei percorsi di sviluppo professionale) alla potenzialità della tecnologia.

Alcuni operatori stanno impegnando le proprie migliori risorse manageriali nella declinazione e personalizzazione di modelli di relazione ibridi “light & fast”, capaci di ampliare, e nel contempo semplificare, il contatto con la clientela, pur agendo a 360° su tutta la filiera dei servizi finanziari e assicurativi.

“Velocità e flessibilità” sono indispensabili per sopravvivere alla comparsa di nuovi attori molto più efficienti (le licenze ottenute da Facebook e Amazon per operare sui pagamenti, rendono il financial playing field ormai non più livellato), mentre in un mercato che si muove in maniera molto rapida e violenta i regolatori appaiono gravati da tortuosi e lenti percorsi decisionali: basta ricordare l’entrata in vigore dell’Insurance Distribution Directive (rinviata di 6 mesi) e il recepimento delle linee guida EBA in materia di Product Governance dei prodotti retail banking (che interverrà a un anno dalla emissione delle linee guida EBA, i.e. nel gennaio 2019). 

Product Governance

Gli operatori finanziari e bancari si trovano nella fase di finalizzazione dei processi organizzativi e operativi e degli upgrade applicativi propedeutici alla ideazione e alla commercializzazione di prodotti ormai costitutivamente concepiti per soddisfare le esigenze ed i bisogni delle pre-determinate categorie di clienti ai quali saranno successivamente distribuiti (target market potenziale ed effettivo). I principali player stanno concentrando i propri sforzi principalmente sui seguenti temi: creazione di modelli di collaborazione snelli ed efficaci e non sterilmente tesi alla compliance normativa; adozione di modelli di product governace capaci “governare” i prodotti finanziari così come  quelli bancari e assicurativi; definizione di meccanismi di dettaglio di product governance integrati (o quantomeno coerenti) agli output della pianificazione commerciale; personalizzazione dei sistemi incentivanti delle figure professionali che entrano in contatto con i clienti e che, quindi, sono i principali attori del “nuovo modello di relazione” con la clientela.

Rendicontazione ex-post

Tra i temi MIFID2 non ancora indirizzati, la rendicontazione ex-post – che verrà adottata al termine del primo trimestre 2019 – risulta quello maggiormente rilevante. Da un punto di vista strategico, la rafforzata trasparenza della clientela sui costi determinerà inevitabili pressioni sui margini e la necessità di giustificare ai clienti gli incentivi ricevuti.

La crescita dei piccoli player già presenti sul mercato e l’ingresso di nuovi player disruptivee.g. Vanguard, Hargreaves Lansdown, et sim. – caratterizzati da “cost to serve” estremamente bassi, comporterà nel medio periodo (2019-2020) una riduzione dei ricavi di prodotto per quei player tradizionali non in grado di qualificare al cliente il valore ad essi fornito o di diversificare i ricavi dalle fees di prodotto. Ecco perché sarà fondamentale implementare strumenti predittivi di analisi, utili per individuare potenziali situazioni critiche in tempo utile per sviluppare iniziative commerciali e monitorarne l’efficacia prima del marzo 2019.

Concretamente si rende necessario nell’immediato (entro settembre-ottobre 2018): 1) simulare i costi effettivi che i clienti potrebbero ricevere nella rendicontazione ex-post e identificare “cluster critici” e ad alto valore sui quali indirizzare gli sforzi commerciali; 2) enucleare i prodotti con (i) costi elevati/ basse performance tra quelli equivalenti (ii) e che presentano significativi tassi di turnover e notevoli caricamenti one-off.

A fronte di tali analisi dovranno essere concepite mirate azioni che dovranno consentire, entro la fine del 2018, di: applicare pricing e scontistica ad hoc su specifici prodotti; eseguire il reassessment dei portafogli-cliente finalizzato ad identificare prodotti più opportuni; attivare proposte di ribilanciamento/switch verso prodotti equivalenti e/o servizi meno costosi; ridurre l’adozione di comportamenti opportunistici da parte del consulente finanziario (es. turnover elevato).

“Know Your Customer” per incrementare la domanda di consulenza e rendere trasparenti i costi

Sempre più la conoscenza della clientela risulta essere integrata e arricchita attraverso le informazioni, per singolo cliente, già a disposizione degli operatori, ancorché non sempre in maniera consapevole, ordinata e fruibile (e.g. la composizione ed ampiezza dei prodotti scelti nel tempo dal cliente, il rischio reale del portafoglio detenuto, le movimentazioni intervenute dopo le perdite/guadagni, etc).

Oggi, la consulenza sempre più fa leva su tali informazioni, non potendosi più accontentare di una profilatura del cliente “statica e mono-direzionale”. Ecco perché la profilatura si qualifica come parte integrante del servizio stesso di consulenza: divenendo l’elemento vitale della relazione con il cliente; assumendo una connotazione “dinamica” nel tempo e capace di coniugare la profittabilità della banca e il miglior interesse del cliente; agendo quale fattore abilitante; per innalzare la qualità del servizio di consulenza; per accrescere la consapevolezza e la financial literacy del cliente stesso; per incrementare, in ultima analisi, la sua richiesta di servizi di consulenza, come veniva prospettato dal paper CONSOB.