UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO
Conti pubblici: ritorno alla normalità

Nel primo Rapporto sulla politica di bilancio dell'UpB si mettono in evidenza gli aspetti positivi della crescita e della forza del nostro sistema produttivo, ma anche quelli critici: dall'aumento del debito alla necessità di ricostruire l'avanzo primario

Giovanni Parrillo

La “permacrisi” che stiamo vivendo – dai mutui sub-prime e crack della Lehman Brothers, crisi dei debiti sovrani, epidemia da Covid- 19, invasione russa dell’Ucraina, emergenza energetica, inflazione, fino al rialzo dei tassi  e crisi delle banche regionali USA – deve fare i conti con un nuovo aspetto che riguarda da vicino il nostro Paese: il ritorno alla normalità per la politica di bilancio.

Dopo i necessari allentamenti per far fronte alla pandemia, l’Unione Europea sta per varare le nuove regole fiscali, con il mantenimento dei parametri in rapporto al Pil del 3%  per il disavanzo e del 60% per il debito, ma in un quadro in cui i paesi con livelli superiori potranno concordare percorsi di aggiustamento specifici, garantendo al contempo una credibile tendenza in un quadro di rientro.   

In questo scenario è di particolare interesse il primo Rapporto sulla politica di bilancio, predisposto da UpB, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, l’organismo indipendente costituito nel 2014 con il compito di svolgere analisi e verifiche sulle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica del Governo e di valutare il rispetto delle regole di bilancio nazionali ed europee.

La relazione della presidente, Lilia Cavallari (nella foto), presentata il 20 giugno, fornisce indicazioni importati, nello spirito proprio di Upb, che è quello contribuisce ad assicurare la trasparenza e l’affidabilità dei conti pubblici, permettendo così di effettuare con maggiori informazioni e consapevolezza le scelte della politica economica.  

Una relazione, quella di Cavallari, che mette assieme molti elementi positivi con le questioni critiche di sempre. Il sistema produttivo italiano è uscito rinforzato dalle crisi; la moderazione salariale ha evitato pericolose spirali prezzi-salari; le misure di sostegno sono state “tempestive e attente all’equilibrio dei conti pubblici”, con una compensazione del caro energia più elevata per le famiglie a basso reddito, “proteggendo le fasce più vulnerabili della popolazione”; le prospettive di crescita rimangono favorevoli, sostenute da una rinnovata capacità di attrarre domanda estera e con una domanda interna sostenuta dagli investimenti.

Se questo è il quadro positivo,  non mancano però gli elementi di cautela, “i fattori strutturali di vulnerabilità”. In primo luogo il livello elevato del debito pubblico; in secondo le previsioni al ribasso della crescita generate dalle tensioni geo politiche.

Sintesi dei nostri problemi è sempre il debito. La spesa per interessi, dopo otto anni favorevoli, grazie ai tassi di interesse negativi e agli acquisti di titoli da parte della BCE,  è stata di oltre 83 miliardi nel 2022 e le prospettive per il biennio 2023-24 non sono favorevoli.  Sia per l’aumento del costo medio del nostro debito, sia per la necessità di ingenti nuove emissioni. UpB stima che quest’anno saranno pari a 112 miliardi a fronte di appena 2 miliardi per l’anno scorso.

Nel breve, lo scenario rimane comunque positivo. Le previsioni validate da UpB, a garanzia della trasparenza delle decisioni di politica economica, sono per una crescita del Pil dell’1% per l’anno in corso (con un ulteriore possibile aumento) e dell’1,5% per il 2024 (con rischi di ribasso). Per rispettare le nuove regole europee, il saldo primario dovrebbe raggiungere entro il 2027 un avanzo compreso tra il 2,8 e il 3,2% del Pil, a seconda delle ipotesi di crescita. Come ci poniamo di fronte a questi vincoli ? Secondo l’UpB “gli obiettivi programmatici del DEF appaiono compatibili con tali percorsi di aggiustamento”. Ma occorre che questo prosegua dopo il 2026 al fine di ridurre la dinamica del debito. Ciò garantirebbe la sostenibilità “anche a fronte di shock macro-finanziari avversi e considerando l’aumento delle spese legate all’invecchiamento della popolazione”. Si potrebbero così bilanciare meglio rispetto alle regole europee gli obiettivi di sostenibilità delle finanze pubbliche con quelli di stabilità del ciclo economico e crescita. E con quali strumenti? Preservando gli investimenti pubblici, che hanno maggiore impatto sulla crescita; ricercando una sempre maggiore efficienza della spesa pubblica.

Infine, l’Europa. Servirebbe “la disponibilità di risorse adeguate per assicurare beni pubblici strategici per l’Europa, quali difesa, clima, energia e tecnologia”… “E’ auspicabile che, una volta approvato il nuovo quadro dei regole, si compiano progressi verso la costituzione di una capacità di bilancio comune”. E l’Italia. La presidente Cavallari così commenta: la nuova impostazione delle regole di bilancio europee richiederà modifiche nella contabilità pubblica. Richiederà soprattutto “uno sforzo di programmazione di bilancio notevole che contempli anche un nuovo rapporto tra Stato ed enti decentrati, nonché una rinnovata capacità di attuazione degli investimenti e delle riforme. Le Amministrazioni nazionali e territoriali dovranno adottare una visione di lungo periodo, orientata a valutare la spesa in un’ottica pluriennale”. Occorre in definitiva “potenziare la capacità amministrativa del settore pubblico sull’intero territorio nazionale, attraverso la modernizzazione della pubblica Amministrazione, lo sviluppo delle competenze digitali, la riduzione dei divari territoriali di competenze e dotazioni, la semplificazione burocratica. Andranno colte a pieno  tutte le opportunità aperte dalla revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza per assicurare nuovo slancio all’azione di riforma”.