I COSTI DEL COVID
Conta più la vita o l'economia?

Un think tank affronta il dilemma che accompagna da mesi la nostra vita pubblica. Mette a confronto il comportamento di molti paesi. E offre qualche ragione di riflessione

L’esperienza del Covid ha messo i governi di fronte a una scelta drastica: quella di decidere se la tutela della salute dei propri cittadini fosse da perseguire ad ogni costo e con ogni misura, per quanto impopolare essa fosse. E quindi se questo obiettivo valesse tanto da meritare il sacrificio della crescita economica.

Le risposte, a livello mondiale, sono state diverse. Le misure di contenimento del virus hanno avuto diverse gradualità, e per molti sono state quasi nulle. Sono stati in parecchi, insomma, che hanno fatto una scelta opposta a quella fatta in Italia, costretta dagli eventi a fermare la pandemia e la crescita dei decessi a spese della crescita economica.

Chi ha avuto ragione? Un paper dell’Institute for New Economic Thinking ha riassunto il dilemma dei governi alle prese con il Covid in un grafico che riportiamo in questa pagina.

Perdite economiche contro perdite di vite umane (secondo trimestre 2020): le prime vengono dal Fondo monetario e includono sia la perdita di Pil che le spese straordinarie in aiuti e il nuovo indebitamento; le seconde dai dati della John Hopkins; le perdite economiche sono rappresentate sull’asse orizzontale, su quello verticale c’è il numero dei morti per ogni milione di abitanti.

I paesi che hanno scelto di combattere il virus a qualsiasi costo e con i migliori risultati si trovano nella parte alta del grafico; quelli che hanno dato invece una risposta più debole alla pandemia per tutelare l’economia, si trovano lungo la linea diagonale rossa; chi ha perso tempo e ha indugiato tra un orientamento e l’altro, come la Gran Bretagna, ha pagato un conto salato su entrambi i fronti.

E l’Italia? Il nostro paese, secondo il grafico e lo studio (che, ricordiamo, si riferisce al secondo trimestre di quest’anno), ha pagato molto in termini di vite umane, ma meno della Gran Bretagna e della Spagna, e molto meno dei record del Belgio e del Perù. Però ha pagato molto più di tutti in termini di perdite economiche. Come mai, ci si può chiedere, nonostante il lungo lockdown imposto quasi subito, non ha seguito la sorte di molti paesi asiatici che oggi si possono ritenere già verso la via della ripresa economica?

La risposta sta in un’altra lezione che si può estrarre dallo studio del New Economic Thinking. E cioè: non solo che tanto più si lascia campo libero alla pandemia, tanto più aumentano i costi per gestirla (è stato vero per tutti i paesi che si trovano a sinistra della diagonale rossa), ma anche che è stato l’investimento finalizzato a contrastare la pandemia, non quello per dare stimolo all’economia, quello che si è rivelato più efficace.

L’investimento strategico nei presidi sanitari, nell’imporre – e produrre – le mascherine, nel tracciamento dei malati con i tamponi e nel distanziamento sociale, nonché nella protezione indirizzata alle fasce più deboli, è stato sicuramente inferiore a quello di sostenere un’economia in ginocchio per effetto di una pandemia dilagante, e ha minimizzato il costo di vite umane.

Se ne deve quindi dedurre che il lockdown totale, con un numero di morti tuttavia significativo e abbinato per di più a un costo alle stelle per l’economia sta a indicare l’incapacità dello Stato nel combattere la pandemia con le giuste misure, mirate a bloccare la diffusione del virus e prese per tempo? Stando al grafico, sembra essere proprio il nostro caso.

P.P.