il mondo della consulenza finanziaria è al centro di importanti cambiamenti che vanno dall’introduzione della “consulenza indipendente” – quella nella quale viene valutata una ampia gamma di prodotti offerti da diversi fornitori e il consulente non accetta e trattiene onorari, commissioni o altri benefici pagati o forniti da terzi, in particolare da emittenti o fornitori di prodotti - alle sfide poste dall’automazione nella prestazione di attività di consulenza, prescindendo del tutto o parzialmente dall’intervento umano.
È un momento di grande fermento per la consulenza in generale e per quella in ambito finanziario in particolare.
È di pochi giorni fa l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, in esame preliminare, dello schema di decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2014/65/UE (cd. MiFID II), contenente modifiche al T.u.F, tra l’altro, in tema di consulenza finanziaria, con l’introduzione della c.d. consulenza “indipendente”. Come noto, la MiFID II non ha modificato la definizione del servizio di consulenza in materia di investimenti, tuttavia ha disciplinato la consulenza su base indipendente. Tale è la consulenza in cui l’impresa di investimento, prima di formulare la propria raccomandazione: a) valuta una gamma sufficiente di prodotti offerti da diversi fornitori, non limitata agli strumenti finanziari emessi o forniti da entità che hanno stretti legami con l’impresa di investimento o ogni altra relazione giuridica o economica, quale una relazione contrattuale talmente stretta da essere potenzialmente in grado di compromettere la base indipendente della consulenza prestata (Considerando n. 72); b) non accetta e trattiene onorari, commissioni o altri benefici (monetari o non monetari) pagati o forniti da terzi, in particolare da emittenti o fornitori di prodotti (Considerando n. 73 – art. 24 par. 4).
In attuazione della Direttiva, lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri prevede l’introduzione di un articolo 24 bis dedicato alla consulenza in materia di investimenti (art. 2 comma 21), nell’ambito del quale è previsto che il cliente sia informato prima della prestazione del servizio, tra l’altro, se la consulenza è fornita su base indipendente (o meno) e sono stabilite le regole da applicarsi alla stessa in termini di valutazione della gamma di strumenti finanziari disponibili sul mercato e di inducement.
La consulenza finanziaria è altresì oggetto di grande attenzione da parte di studiosi, autorità di vigilanza e organismi internazionali, che si interrogano su rischi e benefici, problematiche specifiche ed eventuali soluzioni normative poste dalla prestazione di tale attività attraverso l’utilizzo di algoritmi e/o di strumenti automatizzati, prescindendo del tutto o parzialmente dall’intervento umano (si rinvia a PARACAMPO, Robo advisor, consulenza finanziaria e profili regolamentari: quale soluzione per un fenomeno in fieri?, in Riv. Trim. Dir.Ec., Supplemento al n. 4, 2016, 256).
Trattasi del cd. robo advice, termine che, in mancanza di una definizione normativa, viene usualmente riferito all’attività di investimento e all’uso di algoritmi per la creazione di portafogli modello da proporre agli investitori. Ma che, in effetti, si caratterizza per essere un insieme di fattispecie diversificate il cui minimo comune denominatore è costituito per l’appunto da attività di “consulenza”, associata a diversi livelli e/o fasi di automazione. Le combinazioni tra i possibili livelli (con o senza interazione umana) e fasi (profilatura del cliente, individuazione prodotti e abbinamento prodotto / cliente) di automazione da un lato e la consulenza dall’altro sono molteplici e in rapida e continua mutazione, sicché le ipotesi sussumibili nell’insieme robo advice sono in verità molteplici.
La prestazione di attività di consulenza attraverso l’utilizzo di algoritmi e/o di strumenti automatizzati è un fenomeno presente trasversalmente non solo nell’ambito dell’attività di investimento in senso proprio, ma anche nell’ambito dell’attività bancaria e in quella assicurativa, sia pure con caratteristiche e connotati in parte diversi per ciascun settore di attività. Ciò emerge chiaramente dal Report delle Autorità di vigilanza europee sulla automatizzazione dei servizi finanziari, laddove si dà atto che il fenomeno dell’automatizzazione nelle attività di consulenza, pur presente sia nel settore bancario, sia in quello finanziario, sia in quello assicurativo, non è allo stato egualmente diffuso nell’ambito degli stessi, oltre che in tutti i Paesi riferimento (Joint Committee of the European Supervisory Authorities, Report on automation in financial advice, lett. D). A fronte di un fenomeno trasversale di fatto, quello dell’automated advice, sussiste un quadro normativo europeo settoriale che, a dire dei partecipanti al discussion paper, costituisce una delle principali barriere al suo sviluppo (Executive summary, lett. D).
Come noto, non esiste una definizione generale di consulenza, mentre esistono definizioni specifiche dell’attività, quando la stessa viene prestata con riferimento a strumenti finanziari, ad (alcuni) prodotti creditizi e a prodotti assicurativi. Tralasciando questi ultimi, la consulenza in merito ai contratti di credito immobiliare ai consumatori è modellata sulla definizione di consulenza in materia di investimenti.
Infatti la Direttiva 2014/17/UE in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali (cd. MCD) definisce servizi di consulenza “le raccomandazioni personalizzate fornite a un consumatore in merito a una o più operazioni relative a contratti di credito, che costituiscono un’attività separata rispetto alla concessione del credito e alle attività di intermediazione del credito” (art. 4 par. 1 n. 21), stabilendo che è “indipendente” quando i soggetti che possono prestarla (finanziatori, intermediari del credito e loro rappresentanti designati) prendono in considerazione un numero sufficientemente ampio di contratti di credito disponibili sul mercato e non sono remunerati per tali servizi da uno o più creditori.
Elemento caratterizzante il servizio di consulenza, sia in materia di investimenti, sia in ambito creditizio rispetto alle attività di consulenza non riservate a soggetti abilitati, è il sostanziarsi dello stesso in una raccomandazione “personalizzata” in relazione rispettivamente ad un dato profilo di rischio oppure di credito del cliente (LUPOI, La Direttiva 17/2014, il mercato dei crediti immobiliari e la consulenza al credito, in Banca borsa, tit. cred., 2016, n. 2, p. 246).
Elemento comune al servizio di consulenza in materia di investimenti e a quello in ambito bancario è la natura di servizio autonomo rispetto agli altri servizi d’investimento e all’erogazione del credito vera e propria nonché all’intermediazione del credito: non integrando il “servizio di consulenza” né l’attività accessoria ad altri servizi, quale la gestione di portafogli, né l’attività resa durante l’erogazione e/o l’intermediazione del credito in adempimento dei relativi obblighi.
Viceversa, consulenza finanziaria e creditizia si differenziano tra di loro sia per l’oggetto della raccomandazione – uno strumento finanziario piuttosto che un contratto di credito immobiliare – sia per il destinatario della stessa, essendo la consulenza creditizia disciplinata allo stato attuale limitatamente ai consumatori.
Questo il quadro di riferimento europeo, alcuni spunti di riflessione emergono dalla normativa nazionale, peraltro da un lato in corso di modifica (T.u.F.), dall’altro in attesa di attuazione (T.u.B.).
È noto che l’attività di consulenza finanziaria è personalizzata quando è presentata come adatta per il cliente, o basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente.
Con riferimento alla consulenza creditizia, invece, la personalizzazione è intesa nel senso che la raccomandazione deve essere adeguata rispetto ai bisogni e alla situazione personale e finanziaria del consumatore – conosciuta per mezzo di informazioni preventivamente acquisite e aggiornate sulla situazione personale e finanziaria, sui suoi obiettivi e preferenze – e tener conto di ipotesi ragionevoli in merito ai rischi per il consumatore, avuto riguardo a tutta la durata del contratto di credito raccomandato (art. 120 terdecies).
Anche in questo caso, la personalizzazione distingue la consulenza “servizio” dalle attività che tali non sono, innestandosi tuttavia il servizio in ambito creditizio in un contesto nel quale la consulenza, anche ove non personalizzata nel senso predetto, finalizzata a mettere in contatto le parti di un finanziamento, ricade comunque nell’attività riservata di mediazione creditizia. Infatti, l’attività di mediazione creditizia consta anche dell’attività di consulenza, che nell’interpretazione dell’Organismo degli Agenti e dei Mediatori (OAM), consiste nell’individuazione e disamina del fabbisogno finanziario del cliente, nella traduzione delle sue esigenze finanziarie nella forma di finanziamento più adeguata, nella descrizione e valutazione delle caratteristiche dei prodotti offerti sul mercato et similia, “qualora possano avere quale effetto la messa in contatto dell’utente con l’intermediario erogante e la successiva conclusione del contratto di finanziamento”.
Come noto, la possibilità di prestare il servizio di consulenza finanziaria è stata estesa anche a soggetti diversi da quelli abilitati alla prestazione del servizio d’investimento, ovvero i consulenti finanziari autonomi sub specie di persone fisiche o società (artt. 18 bis e ter T.u.F). Lo schema di decreto legislativo di attuazione della MiFID II prevede che tali soggetti possano prestare la consulenza su base indipendente
La prestazione del servizio consulenza in merito a contratti di credito immobiliare a consumatori è stata invece riservata ai finanziatori, ai rispettivi agenti in attività finanziaria e ai mediatori creditizi. I primi e i secondi devono prendere in considerazione, ai fini della raccomandazione, un numero sufficientemente ampio di contratti di credito nell’ambito della gamma di prodotti da essi stessi offerti, mentre i mediatori creditizi devono prendere in considerazione un numero sufficientemente ampio di contratti di credito disponibili sul mercato (art. 120 terdecies T.u.B.). Nel T.u.B. è già stato introdotto il cd. “consulente indipendente”, quale figura a sé stante iscritta in una istituenda sezione speciale dell’elenco dei mediatori creditizi (art. 128 sexies comma 2 bis), in possesso dei medesimi requisiti (art. 128 septies comma 1) individuata in base al servizio prestato “in via esclusiva” e alle modalità di svolgimento dello stesso: in particolare qualifica la consulenza “indipendente” l’aver preso in considerazione, ai fini della raccomandazione, un numero sufficientemente ampio di contratti di credito disponibili sul mercato, nonché la remunerazione esclusivamente a carico del cliente.
È importante sottolineare che, allo stato, è previsto che le raccomandazioni del consulente indipendente possano avere ad oggetto la concessione di finanziamenti “sotto qualsiasi forma”. Manca tuttavia fino ad oggi la disciplina attuativa di tale normativa, che ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. 72/2016, dovrà stabilire requisiti, condizioni e incompatibilità per lo svolgimento dell’attività di consulente bancario indipendente.
Da ultimo si vuole evidenziare che oggi sono tipicamente gestiti da mediatori creditizi i siti di comparazione di prodotti creditizi, i quali costituiscono una delle forme di automazione nel settore creditizio, individuate anche dalle Autorità di Vigilanza Europee nel Report già citato. Trattasi di siti/sistemi che effettuano attività di consulenza (indicando, a fronte del conferimento di alcuni minimi dati economici e personali del richiedente, l’importo delle diverse rate di finanziamento erogato da più possibili finanziatori, ovvero direttamente l’indicazione dell’importo della rata più bassa tra quelle dei potenziali finanziatori) sebbene, ad oggi, non integrante il servizio di consulenza indipendente (sia consentito il rinvio a MARCHESI, Linee evolutive della mediazione creditizia: tra i siti di comparazione e la consulenza indipendente, in Riv. Trim. Dir.Ec., Supplemento al n. 4, 2016, p. 203).
Da quanto sopra brevemente richiamato è di tutta evidenza che allo stato consulenza in materia di investimenti e consulenza in materia di contratti di credito appaiono due settori contigui, ma ancora poco comunicanti tra loro. L’automazione, pur con le specificità strutturali di ciascun settore, può costituire la leva per lo sviluppo di attività consulenziali integrate, aprendo la strada alla nascita di soggetti in grado di fornire nel contempo consulenza finanziaria e bancaria su base indipendente. Perché ciò sia possibile è necessario che siano rimossi i vincoli normativi che limitano lo svolgimento di una tale attività. Una proposta in tal senso potrebbe essere quella di prevedere nell’ambito dell’emananda normativa di settore la compatibilità dell’attività e l’esenzione dall’obbligo di iscrizione all’istituendo elenco dei consulenti (bancari) indipendenti per le SIM di pura consulenza e per i consulenti finanziari autonomi, estendendo così la consulenza da questi prestata ai finanziamenti sotto qualsiasi forma erogate da soggetti terzi.