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Con la Legge Capitali, rischio delisting

Le nuove regole della Legge Capitali sulla presentazione della lista del CdA uscente lascia molti dubbi interpretativi. Una mancanza di chiarezza che può portare a una fuga verso il delisting

Vittorio Mirra*
Mirra

Una solida corporate governance delle società quotate è un elemento imprescindibile per attirare investimenti e per assicurare stabilità in ottica di crescita sostenibile nel lungo termine, tutti obiettivi sanciti dalla normativa e dal Codice di Corporate Governance.

Recentemente, il tema della possibilità di predisporre una lista di amministratori da parte del Consiglio di Amministrazione uscente (di derivazione anglosassone), ha animato soprattutto il settore bancario e ha determinato una modifica alla normativa primaria (Testo Unico della Finanza) per prevedere tale possibilità. Ma non ha definito tutte le problematiche e i dubbi che dovranno essere dissipati, probabilmente dall’esperienza pratica e dagli interventi dell’Autorità di Vigilanza.

Tale lista nasce per le esigenze di trovare un consenso in caso di azionariato diffuso, o per l’assenza di un socio di riferimento in grado di orientare le scelte dell’assemblea dei soci. L’obiettivo generale sarebbe quello di agevolare una maggiore convergenza ed una maggiore inclusione nel processo di nomina degli amministratori; tuttavia, tale ratio non riesce ad eliminare un potenziale rischio di autoreferenzialità evidenziato dalla dottrina.

Vi è da dire che, sino ad ora, la lista presentata dal CdA è risultata quella maggioritaria nelle ipotesi in cui tale possibilità è stata esercitata, ma i recenti interventi legislativi rendono il meccanismo più complesso e con qualche dubbio in più, che potrebbe scoraggiare le società quotate dall’adottare massicciamente tale soluzione, o meglio, ne renderebbero operativamente più complessa l’adozione.

La c.d. Legge Capitali (cfr. art. 12 della legge 5 marzo 2024, n. 21) ha previsto alcune regole per la presentazione della lista del CdA uscente, le quali creano dubbi interpretativi non di poco conto.

In primis, “il consiglio di amministrazione uscente delibera sulla presentazione della lista con il voto favorevole dei due terzi dei suoi componenti”: ciò crea un dubbio sul corretto calcolo dell’arrotondamento. La legge nulla dice, e quindi spetterà agli statuti indicare come eseguire gli arrotondamenti.

La lista del consiglio uscente deve contenere “un numero di candidati pari al numero dei componenti da eleggere maggiorato di un terzo”. Anche in questo caso non è chiaro quale sia la base di calcolo, perché i componenti da eleggere potrebbero riferirsi al numero complessivo dei membri del Board oppure, più concretamente, al numero massimo che potrebbe essere eletto, tenendo conto delle regole di salvaguardia delle minoranze.

La legge Capitali, inoltre, supera il modello delle cd “liste bloccate” e determina una doppia votazione per gli esponenti derivanti dalla lista del CdA uscente. “L’assemblea procede a un’ulteriore votazione individuale su ogni singolo candidato”: in questo caso, alla seconda votazione per il profilo individuale dei futuri consiglieri da scegliere, possono partecipare tutti i soci, oppure soltanto chi ha voltato per la lista del CdA? Ancora una volta, la legge nulla dice e si attende un chiarimento dalla Consob. Tuttavia, sostenere che possano votare nuovamente tutti i soci, anche chi in prima votazione abbia votato per altre liste, potrebbe apparire come una violazione del principio per cui un socio non può votare più di una lista (cfr. art. 144-sexies, comma 6, del Regolamento Emittenti). 

Tale situazione, peraltro, non appare facilmente gestibile, sia per la maggiore competizione tra candidati che comporta (come si “sponsorizzeranno” i candidati verso i soci tra la prima e la seconda votazione?), sia per i margini di incertezza che crea. Anche sotto un profilo reputazionale, infatti, per i professionisti “bocciati” in seconda votazione, potrebbero esserci dei risvolti negativi.

In altre parole, il sistema della seconda votazione individuale su ogni candidato, quando la lista del CdA è maggioritaria, ha come effetto di “mischiare le carte” rendendo più incerto l’esito finale, situazione che potrebbe non essere molto “attrattiva” per alcuni candidati.

Altro rompicapo appare il sistema per individuare gli amministratori di minoranza, laddove la lista del CdA abbia ottenuto la maggioranza dei voti. Si considerano due ipotesi:

  1. “qualora il totale dei voti raccolti dalle altre liste, in numero non superiore a due in ordine di consensi raccolti in assemblea, sia non superiore al 20 per cento del totale dei voti espressi, le predette liste concorrono alla ripartizione dei posti in consiglio di amministrazione in proporzione ai voti da ciascuna riportati in assemblea e comunque per un ammontare complessivo non inferiore al 20 per cento del totale dei componenti dello stesso organo […]”. In questo caso si garantisce un premio di minoranza davvero consistente, se si pensa che in teoria anche chi ha ricevuto l’1% dei voti può ottenere il 20% dei componenti del CdA;
  2. qualora il totale dei voti raccolti in assemblea dalle altre liste, in numero non superiore a due in ordine di consensi raccolti, sia superiore al 20 per cento del totale dei voti espressi, i componenti del nuovo consiglio di amministrazione di competenza delle minoranze sono assegnati proporzionalmente ai voti ottenuti dalle liste di minoranza che hanno conseguito una percentuale di voti non inferiore al 3 per cento […]”. Anche in questo caso i dubbi sono sul criterio riparto proporzionale: in altre parole, se tale percentuale debba riferirsi alla quota spettante alla minoranza oppure all’intero CdA.

Insomma, i dubbi sono molti, tanto è vero che la stessa Consob spinge per avere una quanto più completa informativa assembleare per definire le regole delle nomine, affermando che “per quanto concerne l’opportunità di chiarire nel richiamo che, ove la lista del CdA non arrivi prima per numero di voti, non possano dalla stessa essere tratti i consiglieri di minoranza, si ritiene importante, ai fini di una completa e adeguata informativa assembleare e per il corretto svolgimento dell’assemblea medesima, che siano le stesse società a chiarire preventivamente, nella suddetta informativa assembleare, quali siano i possibili scenari a seconda degli esiti delle votazioni assembleari” (cfr. Consob – Richiamo di attenzione del 21 gennaio 2022 – La presentazione di una lista da parte del consiglio di amministrazione per il rinnovo del medesimo consiglio – Esiti della consultazione).

E non finisce qui.

Le forme di cooperazione previste potrebbero avere infatti ben più rilevanti conseguenze in termini di OPA (potrebbero considerarsi un “concerto” ex artt. 101-bis del TUF?), le regole/i divieti in termini di collegamento tra liste dovrebbero essere ben chiarite, così come la gestione di eventuali problemi di mancato rispetto delle regole in materia di parità di genere nel Board che deriverebbe da una lista del CdA non in linea con quanto previsto dalla legge (i meccanismi di scorrimento dovranno essere ben chiari e definiti ex ante).

Da quanto sopra riportato emerge con chiarezza che in un quadro del genere dovrà essere valorizzata al massimo l’autonomia statutaria delle società, a mezzo della quale si dovranno stabilire tutte le “regole del gioco” che non hanno una risposta certa e definita nella normativa esterna.

La delicatezza del tema è provata dall’utilizzo da parte della Consob di un richiamo di attenzione (21 gennaio 2022) ed una consultazione preliminare (del 20 novembre 2024 sulle “Disposizioni attuative dell’art. 147-ter.1 del Decreto Legislativo 24 Febbraio 1998, n. 58, in materia di lista del Consiglio di Amministrazione”): emblematico, con riferimento a quest’ultima, è l’utilizzo di tecniche di regolamentazione che coinvolgano efficacemente il mercato, per analizzare e valutare la soluzione di first best da adottare (speriamo anche con una analisi di impatto della regolamentazione, che ne individui costi e benefici).

Ma tutto quanto sopra riportato riuscirà ad essere superato e raggiungere gli obiettivi di crescita alla base della Legge Capitali, oppure questa mancanza di chiarezza aumenterà la corsa al delisting?

L’applicazione completa dell’istituto in questione e le modifiche statutarie che esso comporta non potranno prescindere dalle risposte agli interrogativi sopra indicati.

* Le opinioni espresse dall’autore nel presente contributo sono da considerarsi esclusivamente a titolo personale e non impegnano in nessun modo l’Istituto di appartenenza.

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