Povertà ed esclusione sociale, fenomeni che sono aumentati in Italia dall'inizio del nuovo millennio, vanno studiati sulla base di analisi disaggregate a livello di macro regioni. Solo così se ne possono individuare i fattori determinanti e le misure di prevenzione
Per analizzare in modo esaustivo le determinanti del fenomeno della povertà, che si caratterizza quale fenomeno complesso, sfaccettato e persistente, è necessario considerare vari indicatori di esclusione sociale. Inoltre, se si vuole analizzare l’Italia, occorre tenere conto delle strutturali differenze tra le aree geografiche del Paese.
Oltre al rischio di povertà, risulta opportuno esaminare povertà soggettiva e deprivazione materiale severa e dettagliare le analisi per le macro regioni italiane. A prescindere dall’indicatore di povertà considerato, si riscontra una forte dipendenza di stato che contribuisce a determinare povertà permanente soprattutto nel Sud Italia. Un elevato livello di istruzione e un’occupazione stabile rappresentano fattori protettivi contro il rischio di povertà secondo tutte le misure esaminate ed in tutte le macroregioni.
L’Italia, già prima della pandemia, ha visto crescere il numero di individui (e famiglie) a rischio di povertà o esclusione sociale. Il rischio di povertà è cresciuto al 24,9% nel 2010 al 25,6% nel 2019, con picchi pari al 30% negli anni 2012 e 2016. Si caratterizza inoltre per disuguaglianza di reddito e persistenti e strutturali disparità territoriali in tutti gli indicatori economici.
Le regioni del Sud si caratterizzano per livelli di sviluppo inferiori alla media nazionale, mercati del lavoro fragili, e tassi di povertà più elevati, come confermato dalle più recenti statistiche. Eurostat (2021), ad esempio, ci informa di un tasso di povertà o esclusione sociale che ha superato il 40% al Sud già nel periodo pre-pandemia, mentre al Nord si attestava al 15%.
Tali evidenze sottolineano l’importanza di analizzare le determinanti della povertà a livello di macro regione, al fine di comprendere meglio le cause delle disuguaglianze territoriali che tipicamente caratterizzano l’Italia e che si sono esacerbate nella prima decade del millennio corrente. Proprio per tali caratteristiche, un’analisi della povertà (o, più in generale, dell’esclusione sociale) condotta a livello di Paese sottende dinamiche molto eterogenee a livello geografico.
Essendo la povertà un fenomeno complesso, sfaccettato e persistente, è importante andare oltre alla misura ufficiale del rischio di povertà definita da Eurostat.
Al fine di ottenere un quadro esaustivo, occorre considerare anche altri indicatori di esclusione sociale, quali ad esempio la povertà soggettiva e la deprivazione materiale severa. L’utilizzo di ulteriori indicatori è particolarmente auspicabile per il caso italiano anche in considerazione delle importanti differenze a livello geografico nel potere d’acquisto che potrebbero rendere inadatta/distorta un’unica misura di povertà, quale il rischio di povertà, basata su una soglia di reddito definita a livello medio nazionale.
A tale proposito risulta opportuno sia utilizzare altri indicatori quali quelli menzionati, in particolare la deprivazione materiale che non dipende da indicatori monetari, ma anche condurre analisi di robustezza, ricalcolando il rischio di povertà utilizzando soglie di povertà regionali e non nazionali per tener conto delle differenze strutturali nei poteri d’acquisto tra le regioni italiane.
Inoltre, il fatto di condurre analisi disaggregate a livello di macro-regione, consente di sottolineare l’esistenza di discrepanze nelle determinanti della persistenza nella povertà, soprattutto con riferimento alla (componente) di dipendenza di stato, che individua quanto la probabilità di essere poveri nell’anno corrente dipenda dall’essere stati poveri nell’anno precedente. Infine, un’analisi volta ad identificare i fattori determinanti il rischio di povertà e la sua persistenza, risulta di cruciale importanza per la definizione di effettive strategie contro la povertà.
Le principali analisi effettuate mostrano interessanti similarità e differenze tra indicatori di esclusione sociale e macro aree. Un risultato comune tra le misure di povertà esaminate è la presenza di una crescente dipendenza di stato soprattutto nel Sud del Paese, che contribuisce a determinare povertà permanente. Questo suggerisce che l’esclusione sociale diventa una trappola soprattutto per gli individui (famiglie) residenti al Sud e questo richiede necessarie misure di prevenzione, in quanto una volta entrati in una condizione di povertà e/o deprivazione materiale risulta molto difficile uscirne. Nelle altre macro aree, invece, dipendenza di stato ed effetto trappola differiscono sia in significatività che magnitudine tra le differenti misure di povertà.
Un altro risultato comune è associato al ruolo dell’istruzione e delle condizioni occupazionali all’interno della famiglia. Nel dettaglio, l’istruzione, in particolare istruzione elevata (terziaria e oltre) emerge come fattore protettivo contro il rischio di esclusione sociale, in quanto negativamente correlata a tutti i rischi esaminati (povertà, povertà soggettiva, deprivazione materiale severa) in tutte le aree geografiche, anche se con intensità differenti. L’occupazione, soprattutto quella permanente/stabile, riduce tutti i rischi in tutte le macroregioni. Per quanto concerne le altre caratteristiche individuali e familiari, comunemente classificate tra le determinanti di povertà/esclusione sociale, quali età e genere del capo famiglia, la presenza di figli per classe d’età, la presenza di disabili, anziani, e l’essere proprietari della propria abitazione, emergono differenze tra indicatori e macro aree.
Nel complesso, le evidenze disponibili ci suggeriscono che il divario geografico in Italia non può essere trascurato nelle analisi delle determinanti della povertà, in quanto esercita un ruolo rilevante anche per l’implementazione di policy adeguate.
Lo svantaggio del Sud in termini di dipendenza di stato nella povertà, che contribuisce a determinare povertà permanente, sottolinea come siano necessari interventi di policy strutturali per combattere la povertà, in quanto policy che supportano qualità e quantità di istruzione e/o occupazione stabile/permanente da sole possono non essere sufficienti a sradicare la povertà.