INVESTIMENTI
Come gestire i risparmi in tempo di crisi

Intervista a Nicola Onorati

Bisogno di sicurezza da parte degli investitori di fronte alle complessità crescenti del mercato, ma anche blocco da "bias" cognitivi, cioè le distorsioni culturali e psicologiche nel valutare le decisioni da prendere. Ecco come può intervenire la figura del consulente

G.P.

I risparmiatori europei affrontano oggi due crisi che si pensavano appartenere ad un lontano passato: epidemie e guerre in Europa (se si eccettua la sanguinosa crisi dei Balcani, che però è rimasta un conflitto locale). A queste si è aggiunta l’inflazione, ignota ai Millennials in quanto scomparsa nei paesi più avanzati dagli anni Ottanta del secolo scorso. Le crisi finanziarie, sospinte da questi tre fattori,  restano in agguato e hanno inflitto duri colpi agli investimenti. Come può muoversi il risparmiatore? 

«Di fronte a una convergenza di fattori di contesto così critica, l’unica strada percorribile, allontanandosi dalla logica del “fai da te”, è rappresentata da una conoscenza profonda dei propri bisogni “causa” e conseguentemente dei reali orizzonti temporali collegati a una più ampia visione del “rischio”, non esclusivamente finanziaria ma riguardante la propria vita complessiva», risponde Nicola Onorati (nella foto), una lunga carriera in posizioni di vertice nel mondo bancario e della consulenza finanziaria, studioso di finanza comportamentale e autore è autore del volume “La nuova frontiera della relazione nel Wealth management: la matrice del successo

Sulla base delle sue esperienze, quale deve essere il ruolo della consulenza?  

«In effetti, è necessaria una marcata centralità nella relazione e quindi un nuovo approccio della consulenza finanziaria, basato sulla combinazione delle più avanzate tecniche di vendita con una profonda revisione dei processi d’interazione. Oggi sul mercato assistiamo ad una corsa accanita, in chiave tecnologica ed “estetica”, tra chi offre il servizio più accattivante, innovativo e complesso. Ciò aumenta il livello di competitività e restringe lo spazio economico del mercato. A una crescente “complessità” del mercato, si contrappone una continua ricerca di “semplicità” da parte del pubblico.  La complessità del mercato – percorso da nuove esigenze e nuove sfide, quali sostenibilità, transizione energetica, digitalizzazione, inflazione, crisi geopolitiche – crea una più forte domanda di sicurezza nei risparmiatori e rende sempre più centrale il ruolo di una consulenza qualificata, capace di attivare una pianificazione finanziaria e patrimoniale coerente, consapevole di tutte le esigenze del risparmiatore/investitore e che sappia aiutarlo a superare i propri bias cognitivi».  

Parliamo allora dei bias cognitivi. Cosa sono e perché possono indurre il risparmiatore a scelte sbagliate? 

«Innanzitutto sottolineiamo che i bias cognitivi sono alla base delle obiezioni e delle scelte poco razionali dei nostri clienti. Che cosa sono? Sono delle distorsioni che le persone attuano nelle valutazioni di fatti e avvenimenti. Tali distorsioni ci spingono a ricreare una visione soggettiva che non corrisponde fedelmente alla realtà. In altre parole, i bias sono la sintesi, dinamica, di: esperienze, cultura, vissuto, etc. Una sintesi che condiziona le decisioni quotidiane.

Essendo espressione di un progredire continuo, plastico, nel processo cognitivo del cliente, non devono essere mai considerati come ostacoli insormontabili ma terreno su cui lavorare al fine di avvicinare le attese percettive alle nostre possibili soluzioni».

Come può un consulente moderno e preparato aiutare un proprio cliente a compiere delle scelte di risparmio coerenti e ottimali? 

«Occorre creare una nuova relazione, volta a superare errori di percezione, ostacoli comportamentali, errate leve emotive che indirizzino le scelte di investimento senza consentire una tangibile creazione di valore. Quindi una differente visione d’insieme del mondo del cliente e dei suoi paradigmi decisionali. Questi fattori critici di successo potranno essere meglio finalizzati grazie a un continuo percorso di ricerca di una “nuova frontiera”, in ambito di processi commerciali, relazionali e alla acquisizione di tecniche finalizzate alla comprensione delle capacità di apprendimento del cliente. 

Dovremo infine ricordarci sempre che la vera chiave di volta è data dal come si riuscirà a gestire il rapporto tra complessità del contesto e la semplicità del percorso decisionale».