Con la Section 899 il Congresso americano combatte il resto del mondo a colpi di nuove tasse. Ecco chi sarà colpito di più e perché
Si chiama Section 899 ed è l’arma con cui Donald Trump vuole ridefinire i rapporti con il mondo finanziario che non è Made in Usa.
È contenuta nella legge di bilancio, il Big Beautiful Bill, attualmente in discussione al Senato – dopo essere passata alla House of Representatives – e ha già mobilitato Wall Street al più alto livello: i vertici delle più grandi società che operano negli Usa ma hanno la proprietà fuori dal paese sono in subbuglio, banche, studi d’avvocati, fiscalisti, governi, sono in allarme.
Section 899 è infatti un sistema di tassazione che verrà rivolta contro i paesi che, secondo Washington, hanno adottato tasse considerate dannose per gli Usa.
In concreto, è la ritorsione contro il progetto della tassa sui servizi digitali (digital service taxes, DSTs)e contro quella Global tax su cui i paesi Ocse (Usa inclusi) si erano accordati per colpire la quota di profitti conseguiti dalle grandi multinazionali nei paesi dove non risiede la loro sede, messi in salvo tranquillamente in paradisi fiscali.
La riposta consiste nel colpire dividendi e interessi sui titoli americani – azioni e bond- detenuti da investitori stranieri – siano individui che mondo del business – con una tassa aggiuntiva del 5% ogni anno (fino a un massimo del 20% nella prima versione, fino al 15% nell’ultima). E di tassare inoltre pesantemente le sussidiarie americane delle multinazionali straniere provenienti dai paesi considerati. Il tutto entrerà in vigore dal 2027 (un rinvio di un anno rispetto alla prima versione).
Inutile chiedersi come mai, nel momento in cui il Tesoro americano ha più bisogno dei soldi stranieri per piazzare il proprio debito, si sia deciso di sfidare i mercati con un provvedimento così penalizzante. E infatti al Senato qualcuno se n’è accorto e ha esentato dal provvedimento i Treasury. Ma tutto il resto resta, anche se in una forma leggermente attenuata nel testo uscito dal Senato, che comunque dovrà trovare un’armonizzazione con quello più radicale della House of Representatives.
Trump aveva da gennaio avvertito l’Ocse che gli Usa si sarebbero tirati fuori dagli accordi sulla global tax. Ora ha deciso una vera rappresaglia sui paesi che la metteranno in pratica. E quali sono?
Lo è il Canada, lo sono anche gran parte dei paesi dell’Unione Europea (Italia inclusa), la Gran Bretagna, la Turchia, l’Australia… Insomma molti dei partner più stretti, compreso tutto il mondo anglosassone.
A essere nel mirino delle nuove tassazioni, secondo una analisi di JP Morgan citata dal FT, si ritroverebbero molte multinazionali europee: solo considerando le imprese quotate, quelle che incassano più di un terzo dei loro ricavi negli Usa pesano per 2,1 trilioni di dollari di capitalizzazione.
Si va dal gruppo britannico Compass alla Deutsche telekom, dalla danese farmaceutica Novo Nordisk alla franco italiana Essilorluxottica, dalla svizzera UBS all afrancese LVMH. Tutte esposte allo stesso modo al rischio politico della Section 899 dell’era Trump.