ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO/ LE NUOVE REGOLE
Come cambia l’ABF

Intervista a Magda Bianco, capo del Dipartimento Tutela della clientela ed educazione finanziaria della Banca d'Italia

A dieci anni dalla nascita, dal primo ottobre l’Arbitro per le controversie tra consumatori e banche lavora con nuove regole. In parte volute da una Direttiva europea, in parte introdotte per migliorare l'efficacia della sua azione. Messa sotto pressione da un sentenza della Corte di Giustizia europea

di Paola Pilati

Per l’Arbitro bancario finanziario il 2020 è stato l’anno del tagliando. L’organismo che dirime in via stragiudiziale le controversie tra i consumatori e le banche (e altri intermediari come Poste) dal primo ottobre funziona con nuove regole. Regole mirate ad allinearsi alla Direttiva europea su questo particolare comparto, e anche rese necessarie dall’esperienza maturata nei dieci anni che ha alle spalle. Una messa a punto, insomma, per renderlo più performante di fronte alle sfide che il mercato finanziario in evoluzione gli mette davanti, come le questioni relative all’uso del digitale nella gestione del denaro (che fanno crescere le truffe), e a restare competitivo nei confronti della giustizia ordinaria dopo che nel campo di gioco è piombata una sentenza della Corte Europea – la sentenza Lexitor – che sta facendo crescere il contenzioso in materia di credito al consumo.

La sentenza Lexitor – semplificando – nasce dal ricorso di tre consumatori polacchi che al momento di estinguere anticipatamente un finanziamento, non si sono visti restituire proporzionalmente i costi “upfront” sopportati, cioè costi non legati alla durata del contratto. La Corte di Giustizia ha dato loro ragione, imponendo la restituzione di tutte le spese, con effetto a valanga non solo sul mercato polacco, poco rispettoso dei consumatori, ma su tutti in Europa. Oltre all’ondata di contenziosi, sono saliti nello stesso tempo gli inadempimenti e l’interesse a sottoporre alcuni di questi casi alla giustizia ordinaria. Segno di inefficacia che l’ABF non può permettersi. 

Tutta materia che con Magda Bianco, capo del Dipartimento Tutela della clientela ed educazione finanziaria della Banca d’Italia, vogliamo approfondire in questa intervista.

Che cosa è cambiato con l’allineamento alla Direttiva europea?

«La Direttiva c.d. “ADR” (2013/11/UE) ha definito alcuni requisiti di qualità, che gli organismi di risoluzione alternativa delle controversie rivolti ai consumatori devono rispettare per essere “conformi” a livello europeo. Si tratta soprattutto del requisito di efficienza, che si sostanzia nella durata massima della procedura. La Direttiva lo quantifica in 90 giorni dal momento in cui l’Organismo abbia ricevuto il fascicolo completo del ricorso (che significa 90 giorni a partire da quando è terminato il contraddittorio tra le parti), prorogabile di ulteriori 90 giorni nel caso di controversie complesse». 

Ma 90 giorni sono più dei 60 previsti dall’ordinamento italiano. Come mai?

«La Direttiva ha di fatto ridisegnato i termini della procedura, per certi versi allungandola per rafforzare il contraddittorio tra le parti e favorire il completamento del dossier documentale, unico elemento disponibile ai Collegi per decidere. Dopo le controdeduzioni dell’intermediario, infatti, è stato introdotto un ulteriore scambio di memorie tra le parti (repliche del ricorrente entro 25 giorni e controrepliche dell’intermediario entro i successivi 20 giorni). Dall’esaurirsi della fase del contraddittorio, e quindi da quando il fascicolo del ricorsi può dirsi “completo”, decorre il termine di 90 giorni citato per la comunicazione dell’esito della controversia alle parti (prorogabile, come detto, di altri 90 giorni in caso di complessità). Il rispetto di questi termini, in media, è uno dei requisiti che l’ABF deve rispettare per ottenere il bollino di “ADR di qualità” ai sensi della Direttiva».

Le modifiche scattate dal primo ottobre non finiscono qui…

«Ne abbiamo approfittato per aggiornare lo strumentario procedurale e organizzativo per accrescere l’efficienza del sistema, anche se non richiesto dalla direttiva. Per esempio, nel caso di ricorsi “seriali” su materie con orientamenti consolidati, è stata prevista la possibilità per il Presidente del Collegio di decidere con proprio provvedimento monocratico oppure di favorire il raggiungimento di una soluzione conciliativa. Se la cosa va in porto i tempi di risposta sono molto ridotti, altrimenti le parti possono scegliere di proseguire con la trattazione collegiale». 

Sono cambiati altri due aspetti importanti: la competenza temporale e l’ammontare massimo che può essere chiesto all’Arbitro. Perché?

«Ancora per due anni la competenza temporale dell’arbitro decorre dal 1° gennaio 2009. Dal 1 ottobre 2022 la competenza temporale si ridurrà e riguarderà solo i sei anni precedenti, termine che anno dopo anno si sposterà nel tempo. Questo non vuol dire ridurre le tutele: abbiamo visto che una competenza temporale più lunga si abbina a procedure più complesse per reperire i dati e per lo studio di controversie più antiche. Quindi il beneficio che si ha in termini di snellezza della risposta ai risparmiatori viene meno. Si è pensato quindi che il bilanciamento tra le esigenze di tutela e snellezza si potesse raggiungere con sei anni, ma entrerà in vigore dopo un periodo transitorio di due. La competenza per valore è poi stata innalzata: l’Arbitro può “condannare” l’intermediario fino a un massimo di 200.000 euro (prima erano 100.000 euro)».

Con l’aumento del tetto avete anche aumentato la platea dei possibili ricorsi.

« L’aumento della competenza per valore è stata un’istanza del mondo delle piccole imprese: il valore medio dei ricorsi dei consumatori è di 2500-3mila euro, ma per i piccoli imprenditori i 100 mila potevano essere un vincolo. In ogni caso l’ampliamento del valore è stato introdotto per tutti i clienti, consumatori e imprese/professionisti».

Viene introdotta la Conferenza dei Collegi. A che cosa serve?

«Esisteva già, ma in modo informale, come riunione dei sette Presidenti, integrata da una rappresentanza di componenti dei collegi espressione di clienti e intermediari.  Serve quale sede informale di confronto e di raccordo informativo ulteriore rispetto al Collegio di coordinamento (che è invece composto da 3 Presidenti e due componenti espressione di clienti e intermediari), che è una specie di Cassazione del sistema e decide come uniformare gli orientamenti sui casi in cui ci sono divergenze di vedute o ambiguità di decisioni. Nella Conferenza, insomma, ci si confronta su tematiche trasversali muovendosi all’interno dei principi stabiliti dal Collegio di coordinamento, che uniforma in modo sistematico la posizione di tutti i collegi». 

Il rischio di orientamenti difformi tra i vari collegi è in crescita?

«Nel passaggio dai tre collegi iniziali agli attuali 7 certamente. L’idea di una Conferenza dei Collegi è nata per questo ed è anche per questo che il Collegio di coordinamento, quando è chiamato a pronunciarsi, individua sempre il principio di diritto che poi potrà essere applicato anche dagli altri Collegi».

Quali sono i casi in cui si è rivelata necessaria la ricerca di un punto di mediazione?

«Su tutto quello che arriva: le innovazioni tecnologiche, il digitale, gli strumenti di pagamento, i buoni fruttiferi postali, la cessione del quinto… Ci sono sempre nuovi dettagli, nuovi aspetti che emergono anche in vecchie materie».

Nel primo semestre 2020 i ricorsi più frequenti riguardano la cessione del quinto (il 66 per cento contro il 44 del 2019) e i depositi a risparmio insieme ai Buoni fruttiferi postali (il 14 per cento in entrambi gli anni). Come si spiega?

«Nel 2020 stanno crescendo i ricorsi in materia di cessione del quinto dello stipendio in conseguenza della sentenza Lexitor della Corte di Giustizia europea e dell’incertezza che ne è seguita. Sono cresciuti anche i ricorsi in materia di Buoni fruttiferi postali per una serie in particolare, in cui l’Arbitro ritiene che non fosse sufficientemente chiara la componente economica. Ma su questo Poste non ritiene di dovere adempiere ed è altra fonte di controversie che è ancora aperta. Aumentano anche, ed è effetto della maggiore diffusione degli strumenti di pagamento digitale, i ricorsi per il loro utilizzo fraudolento».

Altro fenomeno: l’aumento degli inadempimenti. Non è un buon segnale per l’ABF. Vuol dire che il cammino della giustizia ordinaria è più vantaggioso? O che l’ABF viene visto come troppo filo-consumatore?

«L’aumento degli inadempimenti è legato a un fenomeno molto specifico: la sentenza Lexitor, che sul nostro ordinamento ha avuto effetti dirompenti. Si tratta tuttavia di una situazione molto specifica, che non si riflette sulle altre materie oggetto di contenzioso presso l’ABF.  Credo che il ricorso all’ABF continui ad essere “complementare” piuttosto che sostitutivo del cammino presso la giustizia ordinaria. E ritengo che l’ABF sia tuttora percepito come assolutamente “neutrale”. Il favor per il cliente resta essenzialmente procedurale (solo il cliente può farvi ricorso), ma questa stessa neutralità rappresenta una tutela fondamentale per i clienti stessi, poiché favorisce la disponibilità degli intermediari ad adempiere».