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Osservatorio Banche
Che cosa svela la Relazione Bankitalia

Margini di interesse, raccolta, prestiti... E una morale: negli anni recenti per gonfiare gli utili le banche hanno dovuto mostrare soprattutto un po’ di diligenza in un contesto complessivamente favorevole. Nel prossimo futuro per raggiungere una soddisfacente redditività sarà necessario molto di più

Silvano Carletti
Carletti

Il ridisegno del sistema bancario italiano è ancora un work in progress. Dopo quella di Banco Bpm su Anima, anche l’OPAS di Banca Ifis su Illimity bank e di Bper su Popolare Sondrio sono prossime alla conclusione (il 27 giugno la prima, l’11 luglio la seconda) con esito abbastanza scontato. Bisognerà invece aspettare la seconda parte dell’anno per la conclusione delle altre iniziative (quasi certamente di più per UniCredit-Commerzbank).

Tra le poche rilevanti novità di queste ultime settimane quelle che riguardano l’OPS di Unicredit su Banco Bpm: la Consob ha accordato una sospensiva di 30 giorni; UniCredit ha presentato ricorso al TAR sulle prescrizioni fissate dal governo (golden power), con discussione del merito il 9 luglio. Pur non condividendo molto dell’approccio di UniCredit, per la reputazione di questo Paese ci si deve augurare un energico intervento del TAR. Non sono pochi coloro che ritengono possibile un intervento delle autorità europee, ma ammesso che esista spazio/volontà in questo senso non si manifesterebbe in tempi ravvicinati.

In Borsa i titoli bancari continuano ad attrarre interesse. Rispetto all’inizio dell’anno, le quotazioni di UniCredit e Popolare Sondrio risultano (17 giugno) cresciute del 45% circa, Mediobanca del 36%, Bpm, Bper e Intesa del 24-29%. Appena 4% nel caso di Mps, di cui si percepisce l’ancora modesta qualità dei conti e la difficoltà di poter completare il progetto di acquisizione, attualmente a forte sconto (oltre 15%) con la necessità di un’integrazione in contanti superiore a 2 mld.

Il primo trimestre 2025 è stato salutato da molti gruppi come il migliore trimestre della loro storia. Pur se un’ulteriore correzione al rialzo di consuntivi già soddisfacenti non era scontata è consigliabile procedere alla lettura di questi dati in parallelo con la Relazione annuale della Banca d’Italia. In questo secondo documento, infatti, sono evidenziate evoluzioni e problematiche strutturali destinate a condizionare la performance futura delle banche italiane.

Assumendo come riferimento il risultato aggregato dei primi 5 gruppi bancari (orientativamente 2/3 del sistema), rispetto al primo trimestre 2024 si rileva un incremento apprezzabile delle commissioni e dei proventi dell’attività assicurativa, che però combinati non compensano interamente la contrazione del margine d’interesse. A trainare la crescita del margine d’intermediazione è la miscellanea residuale di ricavi (cd “altri ricavi”). Limitato, ma comunque favorevole, l’apporto della dinamica dei costi e delle rettifiche. Nell’insieme, un significativo incremento del risultato netto (+12% a/a).

Nelle pagine della Relazione della Banca d’Italia si ricavano importanti indicazioni che meglio definiscono questo consuntivo. La prima riguarda la dinamica del margine d’interesse: il contributo delle operazioni con la clientela alla dinamica di questo margine ha subito un significativo ridimensionamento, fenomeno che nel rendiconto contabile risulta “nascosto” dalla parallela riduzione del flusso di interessi passivi determinato dal graduale rimborso dei finanziamenti Bce a lungo termine (TLTRO3), processo concluso alla fine del 2024. L’allentamento della politica monetaria avviato dalla Bce nel giugno 2024 (ad oggi, riduzione dei tassi ufficiali di 2 punti percentuali) e la persistente debolezza del volume dei prestiti alle imprese condizioneranno nel prossimo futuro il margine d’interesse in modo più pieno e sfavorevole.

Nella relazione annuale della nostra Banca Centrale si evidenzia anche che il Return on Equity (RoE) delle banche italiane è salito nel 2024 al 12,8% (12,3% nell’anno precedente), il livello più elevato dal 2008. Le banche maggiori (banche significative, SI) sono al 13,8% (dal 13,2% del 2023), quelle minori (banche meno significative, LSI) al 9,5%, risultato ancora soddisfacente ma in discesa dal 10% dell’anno precedente. A determinare questa divergenza è l’articolazione dell’attività, ampia (seppure con intensità differenziata) per le banche maggiori, modesta (tipica intermediazione creditizia) nel caso delle banche minori. Il ridimensionamento che si prospetta per il margine d’interesse è destinato ad allargare ulteriormente questo divario di redditività.

Un ulteriore spunto di riflessione proposto dalla Relazione della Banca d’Italia riguarda i costi operativi, uno dei pilastri sui quali le banche hanno poggiato il forte incremento di redditività degli ultimi anni. Il cost/income ratio è in continua discesa: 53% per la media del sistema, intorno al 40% per i due gruppi maggiori.

Negli ultimi dieci anni il numero degli sportelli e dei dipendenti è diminuito del 35 e del 12%, rispettivamente. Tuttavia, se si guarda al solo 2024 i primi sono scesi del 3-4% (ora poco meno di 20.000), i secondi sono rimasti di fatto invariati (a ridosso di 270mila). Sono diminuiti anche gli sportelli Bancomat (-1.500) mentre i promotori sono cresciuti di quasi 5mila unità. La quota dei bonifici perfezionati online è al 93%. In sintesi, il processo di ridimensionamento e ridisegno della struttura distributiva sembra prossimo all’esaurimento. Probabilmente qualche ulteriore spazio di riduzione esiste per gli istituti che si sono mossi in ritardo (banche di dimensione limitata) piuttosto che per i gruppi maggiori.

Nei prossimi trimestri l’obiettivo ragionevolmente possibile sarà quello di difendere i risultati raggiunti, impresa non scontata considerata la dinamica di altre voci di spesa (ad esempio, gli investimenti in IT alla fine del 2023  erano circa il 7% dei costi operativi totali contro solo il 2% nel 2011).

Utile soffermarsi anche sulla raccolta. Nel 2024 la raccolta al dettaglio è tornata a espandersi sospinta sia dai depositi a vista (+1,5%, da -7,8% del 2023) sia dai depositi a termine  (30% dei depositi da residenti) che continuano crescere seppure in misura più contenuta (+1,7% contro 9%). Dall’1,9% del 2023 il costo medio della raccolta è sceso all’1,4% nel 2024 e all’1,3% nel primo trimestre del 2025. In una visione di breve periodo quindi tutto bene.

Se si vuole allungare lo sguardo non si può non considerare la ricomposizione in atto del portafoglio delle famiglie. Nel triennio 2022-24 le famiglie italiane hanno effettuato acquisti netti di obbligazioni per 262mld, di cui 196mld titoli di stato e il resto titoli di debito privato. L’esperienza insegna che si tratta di un processo lento e quindi con ricadute limitate sul breve periodo. La dimensione raggiunta è tuttavia significativa e invertire questo trend non sarà facile per le banche se non a costi elevati.

In questa selezione, ovviamente arbitraria, l’ultimo spunto di riflessione che si trae dalla Relazione annuale della Banca d’Italia riguarda il rapporto banca-impresa. Il punto di partenza è la tabella che illustra i mutamenti intervenuti tra il 2007 e il 2024 nella composizione dei debiti finanziari delle imprese, tabella che grazie ad un confronto internazionale (Francia, Germania, area euro) consente di evidenziare la specificità italiana nell’ambito di un fenomeno decisamente generale.

Nel 2007 la quota dei prestiti da banche residenti era in Italia pari al 67%, 34 punti percentuali (p.p.) più della Francia, 30 p.p. più della Germania, 20 p.p. oltre la media dell’area euro. Nel 2024 questo dominio risulta fortemente ridotto (al 46%) con conseguente ridimensionamento del differenziale con il resto del vecchio continente, ora ristretto a 16-20 p.p.. Lo spazio perso dalle banche residenti in Italia è stato acquisito dalle obbligazioni (dal 6 al 15% del totale), dai prestiti esteri (da 8 a 12%) e dai prestiti da intermediari finanziari non bancari residenti (dall’11 al 16,5%, soprattutto ma non solo società di leasing e factoring). In definitiva, la ricomposizione e il taglio dei debiti finanziari delle imprese (nel 2024 al 59% del Pil, la percentuale più bassa dai primi anni duemila e ben al disotto del 106% della media euro) è avvenuto prevalentemente a spese delle banche residenti.

 
A questa ricomposizione delle passività delle imprese si contrappone in modo speculare una ricomposizione del portafoglio prestiti delle banche, con una riduzione di quelli alle imprese e un rafforzamento dei finanziamenti alle famiglie. Questa evoluzione è stata approfondita in una nota di poco tempo fa (https://fchub.it/banche-e-imprese-un-rapporto-da-ricostruire/). Come per le imprese, anche per le banche si tratta di un’evoluzione in parte cercata, in parte imposta dal contesto esterno.

Un passaggio delle Considerazioni finali del Governatore evidenzia come “nel settore delle imprese, si è ampliata in misura significativa la quota di occupati presso realtà medio-grandi, e il numero di aziende con almeno 250 addetti è aumentato di un terzo”. 

Nel 2024 i prestiti bancari alle imprese sono diminuiti del 2,6%, flessione scesa a -1,5% a marzo 2025. La contrazione è più contenuta per le aziende di media e grande dimensione, più profonda per quelle minori.

Questo crescita dimensionale si è trasferita nel rapporto banca – impresa con aggiustamenti progressivi. Una quota rilevante dei finanziamenti bancari in essere alle società non finanziarie è rappresentata dalle operazioni in pool, che a fine 2024 rappresentavano il 14,4% dell’indebitamento complessivo delle società non finanziarie. Tale modalità di offerta coinvolge oltre ¾ delle banche. Sono anche queste evidenze che spingono le banche a considerare il salto dimensionale, il prestito in pool è una risposta solo temporanea alla crescita dimensionale delle controparti.

Oltre che nei volumi, il processo può essere anche osservato anche sotto il profilo dei tassi applicati, un aspetto che un’altra tabella nella Relazione della Banca d’Italia illustra in profondità. Vi si leggono soprattutto due cose. La prima è che nel caso dei prestiti a breve termine il tasso attivo richiesto alle microimprese è molto alto e varia molto poco (nel 2024, 8,5% se impresa sana, 9,1% se impresa rischiosa), segnale evidente dell’incapacità delle banche di valutare queste imprese in modo approfondito, difficoltà che si ipotizza l’intelligenza artificiale possa almeno in parte alleviare. La seconda informazione è che il differenziale di tasso attivo tra impresa grande e microimpresa è elevato e crescente: nel 2024 all’8,5% richiesto alla microimpresa sana si contrappone il 5,8% proposto dalla banca alla grande impresa rischiosa.

Una possibile sintesi degli spunti  fin qui proposti potrebbe essere la seguente. Per gonfiare gli utili negli anni recenti è bastata un po’ di diligenza, quella necessaria per gestire con successo un contesto complessivamente favorevole. Nel prossimo futuro, invece, per una soddisfacente redditività sarà necessario trovare risposte adeguate a numerosi e importanti processi di trasformazione, un compito più improbo.

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