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Che cosa sono le DAO e come costituirne una in Italia

La Dao è una Organizzazione Decentralizzata gestita da un Autonomous Agent, ovvero da un software che se ne occupa in maniera “autonoma” rispetto ai suoi partecipanti, ed è impiegata sempre più frequentemente per esercitare attività d'impresa. È possibile utilizzarla in Italia?

Salvatore Luciano Furnari
Furnari-S

L’avvento della tecnologia DLT (distributed ledger technology) ha permesso la nascita delle DAO (Decentralized Autonomous Organization), strutture organizzative innovative impiegate, sempre più frequentemente, per lo svolgimento di attività d’impresa.

Per capire cosa sia e come “funzioni” una DAO è necessario partire dagli scritti di Vitalik Buterin, creatore della rete blockchain Ethereum, l’infrastruttura che ha permesso lo sviluppo della Finanza Decentralizzata (DeFi). Vitalik Buterin, infatti, già dal 2014, vista la rapida ascesa di questi fenomeni “organizzativi”, aveva sentito la necessità di fare chiarezza in merito al significato da attribuire a questo termine. 

Seguendo il suo esempio, per giungere a una definizione di DAO, è necessario prima comprendere il significato dei termini che ne costituiscono l’acronimo. Il termine DAO è infatti composto dalla “A” di Autonomous e dalla “DO” di Decentralized Organization. 

Autonomous si riferisce agli Autonomous Agent, enti informatici così tanto autonomi (in teoria) che, secondo Buterin, non avrebbero bisogno dell’uomo per sopravvivere. Un esempio di Autonomous Agent noto a tutti può essere un virus informatico, un software che, una volta lanciato dal tuo programmatore, “vive” nei computer infettati indipendentemente dalla volontà del suo creatore. Gli Autonomous Agent più complessi sono quelli in possesso di sistemi di intelligenza artificiale così sofisticati da riuscire a sopravvivere anche al mutamento dell’ambiente informatico che li ospita. 

Le Organizzazioni Decentralizzate invece sono organizzazioni di beni e persone che funzionano senza un organo centrale incaricato della loro gestione. Per ovviare a ciò, i singoli partecipanti all’organizzazione operano all’interno della stessa nel rispetto di alcune regole predefinite che riescono a coniugare l’interesse egoistico di diverse categorie di soggetti pur in assenza di un controllo centrale. Un esempio è il funzionamento di Bitcoin, la prima criptovaluta che ha introdotto nella vita di tutti i giorni il concetto di decentralizzazione. 

All’esito di queste prime riflessioni, una DAO può quindi essere definita come una Organizzazione Decentralizzata gestita da un Autonomous Agent, ovvero da un software che se ne occupa in maniera “autonoma” rispetto ai suoi partecipanti. Questo risultato ci impone di riflettere sul corretto grado di autonomia che una DAO deve possedere per definirsi tale e distinguersi da una semplice DO.

Le DAO nella pratica

Una delle prime (se non la prima), DAO a essere stata lanciata è TheDAO, la DAO oggi sicuramene più famosa. La sua fama è dovuta ad una serie di eventi degni di nota, ovvero: (i) l’aver raccolto 150 mln di dollari (in Ethereum) in 15 giorni offrendo al pubblico il proprio token; (ii) l’essere stata vittima di una attacco hacker che ne ha sottratti circa 1/3; (iii) l’aver salvato i fondi grazie a un “fork” della rete Ethereum; nonché (iv) l’essere stata successivamente oggetto di un report della SEC che ha affermato l’applicabilità delle norme in merito all’offerta al pubblico di prodotti finanziari alle ICO.

Particolarità degna di nota è che TheDAO non era stata “incorporata” in un ente giuridico. Essa “esisteva” solo on-line interagendo con il mondo esterno attraverso specifici intermediari. Per sua volontà, TheDAO rimaneva, nei suoi piani, un ente puramente informatico.

Così come TheDAO, sono poche le DAO che hanno deciso consapevolmente di assumere una precisa forma giuridica. Delle 160 DAO esistenti secondo il sito deepdao.io sembrano essere poche quelle che hanno assunto esplicitamente una forma associativa o societaria. Fra i casi degni di nota, la maggior parte hanno costituto delle associazioni o delle fondazioni, pochissime delle società. Anzi, di recente non è sfuggito agli onori della cronaca la notizia secondo cui una delle più famose DAO esistenti, quella che gestisce l’emissione del token DAI (una criptovaluta dalla capitalizzazione di $6 miliardi di dollari) ha chiuso la propria fondazione allo scopo di raggiungere un livello di decentralizzazione ancora più elevato. 

Fra gli esempi di DAO costitute utilizzando forme societarie, per mera curiosità, è possibile comunque citare il caso di dOrg, una DAO che ha utilizzato una recente innovazione legislativa varata nello stato americano del Vermont che consente la costituzione di Blockchain Limited Liability Company (società a responsabilità limitata che possono avvalersi dichiaratamente di mezzi basati su tecnologia DLT per esprimere voti in assemblea o votare i propri amministratori). Oppure il caso di TheLAO che è stata costituita come Limited Liability Company, a dimostrazione che forse non serve un intervento legislativo che introduca “nuovi” modelli societari per permettere l’incorporazione di DAO.

Una DAO in Italia: spa e srl?

Cercare di replicare l’esempio del caso TheLAO in Italia è un esercizio non facile, ma nemmeno impossibile.

Come già evidenziato in parte della letteratura sull’argomento, la necessità di costituire un ente a responsabilità limitata ha lo scopo di evitare il rischio che una organizzazione di persone che svolgono “insieme” attività di impresa possa essere qualificata alla stregua di una società in nome collettivo irregolare con il rischio che qualsiasi token holder, anche chi che ne possiede una quantità veramente ridotta, possa essere considerato illimitatamente responsabile per tutte le obbligazioni sociali. In altre parole, il rischio è che il rapporto fra i possessori di token della DAO venga qualificato alla stregua di una società di fatto; evento questo che avrebbe come conseguenza la responsabilità illimitata di tutti i soci/possessori dei token della DAO.

Tralasciando, per ragioni di brevità, i ragionamenti in merito alla necessità che la DAO non sia “totalmente autonoma” (in questo caso, infatti, sarebbe un algoritmo a dover essere qualificato come imprenditore/amministratore della società e ciò, allo stato, non sembra essere ammissibile nel nostro ordinamento), il vero problema riguarda la scelta del modello societario più adatto. 

Non sembrerebbe, infatti, possibile costituire una DAO come società per azioni. Nonostante l’astratta possibilità di far circolare le azioni della società tramite token, la necessità che una S.p.a. sia gestita da un consiglio di amministrazione o da un amministratore unico si scontra con la natura decentralizzata dell’ente. 

Il problema dell’amministrazione dell’ente può invece essere risolto tramite la costituzione di una S.r.l.. In questo modello, infatti, è possibile che i soci “in quanto tali” si occupino direttamente dell’amministrazione. Non è quindi necessario preoccuparsi dell’istituzione di un organo centralizzato, che intacchi la natura “decentralizzata” dell’ente.

Le problematiche maggiori si rinvengono andando a considerare la possibilità di far circolare le quote di S.r.l. attraverso la loro incorporazione nei token.

Fra le varie soluzioni che si possono ipotizzare al riguardo, quella maggiormente elegante richiederebbe l’impiego del meccanismo “alternativo” di circolazione delle quote di S.r.l. previsto dall’art. 100-ter del TUF. La sua adozione, però, allo stato dell’arte, non è comunque di facile impiego in quanto richiede il supporto di un intermediario finanziario nonché la conclusione di una campagna di equity-crowdfunding.

Un intervento del legislatore potrebbe facilitare le cose?

Come osservato, costituire una DAO in Italia non è impossibile ma non è nemmeno facile. Gli ostacoli maggiori si rivengono nella normativa che caratterizza le società a responsabilità limita e i sistemi di circolazione delle quote. 

Le quote di s.r.l., diversamente dalle azioni delle S.p.a., non sono, infatti, destinate alla circolazione tra il pubblico. Il legislatore, però, è già intervenuto in passato, allo scopo di favorire il mondo delle start-up e lo strumento del crowdfunding, introducendo il metodo di circolazione alternativo di cui all’art. 100-ter del TUF.

Non dovrebbe quindi apparire eccessivamente “snaturante” una modifica legislativa che “aggiornasse” il meccanismo di cui all’art. 100-ter del TUF prevedendo la possibilità di adattarlo all’impiego della tecnologia blockchain.