PROPOSTE
Bond patriottico

Nel momento in cui lo Stato si indebita per far fronte a una crisi epocale per somme così ingenti, non sarebbe il caso di fare ciascuno la propria parte? Mario Monti, Stefano Micossi, Giulio Tremonti hanno lanciato l'idea di chiamare gli italiani a mettere in campo il proprio risparmio. Volontariamente. Ecco come.

Paola Pilati

L’idea l’ha lanciata, per primo, Mario Monti. “Si potrebbe pensare all’emissione di un prestito alla Repubblica italiana denominato «Investi nella Salute dell’Italia» o «Buoni per la Salute Pubblica» o «Health of Italy Bonds»”, ha scritto sul “Corriere della Sera” (https://www.corriere.it/editoriali/20_marzo_12/momento-varare-142d25b6-647e-11ea-90f7-c3419f46e6a5.shtml). Immaginandolo destinato “agli italiani che possono permetterselo”, a coloro che in questi tempi di emergenza e di rinascita di uno spirito “patriottico” sarebbero ben lieti di investire parte dei propri risparmi per una finalità collettiva. 

Altri due famosi economisti, Guido Tabellini e Francesco Giavazzi, su La Voce.info, hanno proposto invece l’emissione di obbligazioni europee “a scadenza di 50 o 100 anni o addirittura di obbligazioni perpetue ” che la Bce dovrebbe sottoscrivere per stabilizzarne il tasso di interesse (https://www.lavoce.info/archives/64658/eurobond-perpetui-contro-il-covid-19/).

E di un prestito straordinario, un prestito patriottico, ha parlato anche Stefano Micossi, direttore generale dell’Assonime (http://www.assonime.it/attivita-editoriale/la-voce-del-direttore/Pagine/Stefano-Micossi_Il-risparmio-patriottico.aspx), per mobilitare il risparmio nazionale.

Infine, sempre sul Corrriere, il 30 marzo è sceso in campo Giulio Tremonti, ex ministro del Tesoro, che ha lanciato l’idea di un “piano di difesa e ricostruzione nazionale” simile a quello lanciato nel 1948: “un piano basato sull’emissione di titoli pubblici a lunghissima scadenza, con rendimenti moderati, ma sicuri e fissi, garantito dal sottostante patrimonio della Repubblica”. A lui, sullo stesso giornale, ha fatto eco Giovanni Bazoli.

A parte Tabellini e Giavazzi, gli altri fanno appello allo stesso fronte. Quello dei cittadini italiani: sia a quelli che lasciano in liquidità gran parte dei loro risparmi, e tremano al pensiero di una patrimoniale, che a quelli che corrono a comprare il Btp trentennale (a gennaio 48 miliardi di ordini contro i 7 richiesti) attirati dalla sua ricca cedola, il 2,5 per cento. A quelli che preferiscono investire in Fondi, ma attraverso questi comprano comunque debito italiano, e a quelli che investono all’estero, e quindi esportano risparmio, pensando di essere al sicuro. Insomma a tutti quelli che oggi ripetono “insieme ce la faremo”, purché non riguardi il proprio denaro.

Ma insieme per fare che cosa? Perché la domanda vera è: nel momento in cui lo Stato si indebita per far fronte a una crisi epocale per somme così ingenti, non sarebbe il caso di fare ciascuno la propria parte? E quando si chiede solidarietà all’Europa sotto forma di prestiti straordinari e interventi di emergenza, non è il caso di guardare innanzitutto nelle proprie tasche? Non si acquisterebbe credibilità trasformando “l’unità della nazione” da declamata a sostanziale, partecipando come comunità alla ricostruzione?

C’è forse un tabù di fondo da sfatare. Che un prestito a lunghissimo termine, meglio se “perpetuo” e irredimibile, possa trasformarsi in un prestito forzoso. Deve essere ben chiaro che un titolo che sia in grado di mobilitare le risorse degli italiani deve essere volontario. E avere, oltre all’appeal dell’operazione patriottica, anche quello di un’operazione vantaggiosa. Sia in termini di rendimenti, che in termini fiscali.

E su questo terreno, per chiarirsi le idee, serve un interlocutore. «Di titoli irredimibili ce ne sono già su mercato, per esempio nel Regno Unito i consols (bond pubblici senza scadenza, nrd.) si scambiano da secoli. Ma non sono forzosi», spiega Stefano Micossi, «Sono titoli negoziabili. L’importante è che gli investitori italiani, nel loro complesso, coprano quel disavanzo per sempre. Individuamente si può uscire ed entrare, e il sostegno al mercato lo devono dare gli intermediari».

Non sarebbe meglio proporre un titolo a 50 anni, lungo, ma a termine? «È quasi la stessa cosa. Ma dire che è irredimibile dà un segnale che gli italiani si fanno carico del proprio debito. Che impiegano il loro risparmio per pagare il conto». Un messaggio rivolto soprattutto ai nostri partner europei, a cui oggi facciamo appello perché dimostrino la loro solidarietà.

Ma oltre alla forza simbolica di un prestito Italia perpetuo nelle mani degli italiani (e perché no, anche di chi li vuole aiutare dall’estero), ci sarebbe l’orgoglio di fare qualcosa per far ripartire concretamente il paese. Con quale ammontare iniziare la raccolta? «Per esempio con l’obiettivo di arrivare ai primi 25 miliardi stanziati dal governo», propone Micossi. «Ma si può anche lasciare il prestito aperto, dando tempo alle persone per decidere di investire. Rispetto a quanto ci è necessario oggi, cioè più o meno il 10 per cento del Pil, non si tratta di una cifra enorme. E non è un obiettivo impossibile per il risparmio degli italiani».

Quanto al rendimento, per renderlo interessante la soluzione c’è: «Deve essere quello di mercato. Oggi è appetibile un 2/3 per cento. Ma la cedola che pagherà lo Stato deve essere piccolissima, per esempio lo 0,50 per cento. Il rendimento complessivo si otterrà attraverso il prezzo di collocamento: se collochi il bond a 97, ecco che hai il 3 per cento. E poi i bond Italia devono essere esenti da imposte». Sicuro che questa emissione non andrebbe ad aumentare il debito pubblico? «Se non c’è rimborso, non va nel debito pubblico», assicura Micossi. «A meno di un default della Repubblica».

Ipotesi questa che sono gli investitori e i mercati i primi a scartare, visto che accorrono a sottoscrivere Btp solleticati dai tassi: come quelli offerti da noi, in giro, non ce ne sono.