Osservatorio Banche
Bilanci: il 2023 potrebbe essere anche meglio del 2022

Le banche festeggiano i risultati 2022. E alcuni trend positivi sono destinati a proseguire anche nell’anno in corso. I casi di Intesa, Unicredit, Bper, Mps

Silvano Carletti
Carletti

Come quasi unanimemente anticipato, il consuntivo delle banche per il 2022 è decisamente brillante, in numerosi casi più di quanto indicato nelle stime diffuse nelle settimane scorse. Per i 5 maggiori gruppi italiani l’utile netto contabile aggregato risulta aumentato a/a di oltre il 50%. Una crescita che supera il 100% se si considera la versione adjusted e cioè si escludono alcuni rilevanti oneri che possono considerarsi one off (quelli riconducibili alla guerra Russia/Ucraina per i due gruppi maggiori, il badwill derivante dall’acquisizione di Carige per BPER, l’onere riferibile alla massiccia riduzione di personale per MPS).

Di questo scenario favorevole hanno tratto visibile beneficio le quotazioni in Borsa, che nei primi due mesi del 2023 hanno registrato una vistosa rivalutazione: +26% per le banche italiane, rialzo più cospicuo di quello (+20%) rilevato per l’insieme delle banche europee (EURO Stoxx 600 Banche). Al rialzo hanno contribuito la politica dei dividendi e in alcuni casi consistenti operazioni di buy back (3,3 mld per Intesa, metà circa realizzato nel 2022; 3,34 mld per UniCredit).

La svolta nella politica monetaria europea avviata dalla fine del 2021 ha cambiato radicalmente lo scenario bancario, favorendo un incremento del margine d’interesse a/a non lontano dal 20%. Particolarmente rilevante il balzo registrato nell’ultimo trimestre (+38% t/t UniCredit, +28% t/t Intesa). Il nuovo aumento dei tassi di riferimento Bce adottato a febbraio, quello già annunciato per la fine di marzo e gli altri possibili prima della fine del 2023, rendono solida l’ipotesi che la ripresa del margine d’interesse vista nei bilanci 2022 sia destinata a proseguire.

L’aggiornamento sulla congiuntura bancaria curato dalla Banca d’Italia indica che con un volume stabile di prestiti il tasso d’interesse mediamente applicato ai finanziamenti alle famiglie e alle imprese non finanziarie risulta (dicembre 2022) nei dodici mesi cresciuto, rispettivamente, di 63 e 150 centesimi; nello stesso arco di tempo, il tasso d’interesse corrisposto in media sui depositi in conto corrente (oltre il 60% della raccolta totale) è aumentato di 13 centesimi, quello sui depositi con durata prestabilita (8%) di 51 centesimi, mentre pari a 36 centesimi è la crescita del rendimento medio corrisposto sullo stock delle obbligazioni.

La sensibile differenza nella reattività dei tassi attivi e passivi è destinata ad attenuarsi per la (lenta) riconsiderazione delle scelte d’investimento da parte dei risparmiatori, un’evoluzione che l’andamento della congiuntura potrebbe in qualche misura accelerare o rallentare.

Scorrendo l’informativa messa a disposizione in occasione della presentazione dei bilanci, si colgono fattori la cui conoscenza è utile per qualificare meglio la prospettiva futura. Il primo tra essi è individuabile nelle operazioni TLTRO III (Targeted Longer-Term Refinancing Operations, terza serie), finanziamenti agevolati con durata 3 anni, assegnati con aste trimestrali, con piena soddisfazione della domanda. Con essi nel triennio 2019-21 la Bce ha cercato di favorire l’attività di prestito a favore di famiglie e imprese in un contesto congiunturale certamente difficile (pandemia in primis). 

Secondo alcuni studi le operazioni TLTRO avrebbero effettivamente contribuito a sostenere il credito nell’area dell’euro. Nessuno contesta che le condizioni di questi finanziamenti hanno parallelamente fornito un sollievo non trascurabile ai bilanci bancari. Questo spiega l’ampia richiesta da parte delle banche italiane (430 mld), francesi (460 mld), tedesche (400 mld) e spagnole (290 mld). Una stima condotta dalla Banca d’Italia (Rapporto di Stabilità Finanziaria, aprile 2022) segnala che nel 2021 il risparmio associato all’utilizzo delle TLTRO III rispetto a fonti alternative di finanziamento, al netto dei costi relativi alla liquidità in eccesso, è stato (per le banche italiane) di circa l’8% del margine di interesse. Le generose condizioni di questi finanziamenti sono state fortemente mitigate a partire dall’ottobre 2022. Il programma di rimborso (formalmente destinato a concludersi a fine 2024) di fatto si esaurirà con la maxi-rata (quasi 1.200 mld) che le banche europee sono chiamate a versare a giugno 2023.

In definitiva, il margine d’interesse delle banche italiane ed europee sarà sottoposto nel 2023 a sollecitazioni di segno opposto: al rialzo per l’ulteriore spinta che le previste modifiche dei tassi ufficiali eserciteranno sui tassi d’interesse attivi; al ribasso sia per l’approfondirsi del processo di aggiustamento dal lato della raccolta sia per l’azzeramento dei benefici riconducibili ai finanziamenti TLTRO III. La spinta al rialzo si prospetta più robusta e certamente prevalente, quella al ribasso non sarà tuttavia trascurabile.

Nel suo comunicato stampa Intesa ipotizza per l’anno in corso una crescita del margine d’interesse di oltre il 25% (pari a circa 2,5mld). Più prudente la stima di UniCredit (+0,6 mld) che evidenzia nel 2023 l’azzeramento del sostanziale contributo (0,8 mld nel 2022) riconducibile alle operazioni TLTRO III, in parte compensato dal mutato trattamento della liquidità in eccesso depositata presso la Bce (a luglio 2022 è venuta meno la penalizzazione imposta dal 2014 e da settembre 2022 si è tornati a riconoscere una remunerazione).

Un secondo punto che merita essere evidenziato è localizzato nell’ambito delle commissioni nette, ricavi che nell’insieme hanno registrato nel 2022 un andamento non brillante (-2% per i cinque  gruppi maggiori). Solo Bper smentisce questo trend, ma esclusivamente per effetto della modifica del perimetro di consolidamento (inclusione di Carige) avvenuto negli ultimi due trimestri dell’anno. Il deludente andamento delle commissioni nette non è inaspettato considerato che il risparmio gestito ha registrato nel 2022 una progressione favorevole nel primo e nell’ultimo trimestre e  ampie difficoltà nel resto dell’anno.

Il punto che si vuole qui evidenziare è la conferma nel 2022 della crescente importanza delle commissioni ricavate dalla prestazione di servizi di pagamento. Nel caso di Intesa nel 2022 queste commissioni sono cresciute del 4% a 2,4mld, arrivando a rappresentare il 27% del totale delle commissioni nette. Incremento più deciso per UniCredit, +14% a/a a 2,3mld. Per entrambi i gruppi la dinamica di questa tipologia di commissioni risulta più regolare di quanto riscontrabile per quelle legate al risparmio gestito.

I bilanci 2022 hanno infine confermato in modo chiaro come la dinamica dei costi operativi sia stata strutturalmente raffreddata. A fronte di ricavi in crescita di oltre l’8%, i costi aumentano di appena lo 0,1%. Se dal confronto si esclude BPER (i cui conti sono condizionati dall’inclusione di Carige) il totale dei costi risulta a/a in diminuzione dell’1%. Le banche stanno cominciando ad incassare i benefici del processo di trasformazione strutturale che le ha viste approdare all’era digitale, un processo che se da un lato ha richiesto anche importanti investimenti, dall’altro lato ha consentito di ridurre significativamente l’onere attribuibile alla rete distributiva.

È un’evoluzione ancora in corso, come dimostrano Intesa e MPS. Tra il IV trimestre 2021 e il 2022 Intesa ha chiuso oltre 550 sportelli, favorito l’uscita di 2mila dipendenti, effettuato 1300 assunzioni e riqualificato oltre 2000 dipendenti. MPS, da parte sua, ha attuato nel novembre scorso una delle maggiori operazioni di esodo incentivato (4.100 uscite su un totale di circa 21.000 dipendenti) con un onere immediato di oltre 900 mln ed una riduzione della spesa annua per il personale di alcune centinaia di milioni di euro.