Con i prezzi che rallentano in modo preoccupante la Banca centrale europea deve affrettarsi ad agire. Ma come? Riduzione dei tassi, finanziamenti alle banche, acquisto di titoli: ecco pro e contro delle varie opzioni
La crisi dei debiti sovrani europei sembra aver perso finalmente vigore: gli spread sono tornati sotto controllo, seppur stabilmente al di sopra dei livelli precedenti lacrisi dei mutui subprime, molti dei paesi in difficoltà ricominciano a vedere la luce. Lo scenario europeo nasconde tuttavia un grave fattore di rischio, che può farprecipitare nuovamente l’area euro in una crisi potenzialmente ancora più persistente di quella recente: la deflazione.
L’inflazione nell’area euro è ormai stabilmente sotto il target (un tasso di crescita dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo inferiore ma vicino al 2%) della Bce dapiù di un anno, e quella core (che esclude la componente energetica e alimentare) lo è da più di tre. Il tasso di crescita dell’aggregato monetario M3 continua arimanere molto basso (poco sopra 1%) e ben sotto le aspettative, a segnalare che la dinamica dell’inflazione a medio termine non sembra pronta ad invertire latendenza al ribasso.
A rendere questo fattore di rischio ancora più concreto è la stagnazione del credito alle imprese non finanziarie e alle famiglie, il cui tasso di crescita non accenna atornare positivo nei paesi periferici e rimane prossimo allo zero anche nei paesi core come Germania e Francia.
In questo scenario, la condotta della politica monetaria è cruciale. E’ tempo per la Bce di tornare ad adottare decisioni coraggiose, come ha già dimostrato di saperfare nel 2012.
Solo pochi giorni fa, la Bce ha confermato, in una conferenza stampa del Presidente Draghi, di monitorare con molta attenzione le dinamiche sul fronte dei prezzi edelcredito, e di essere pronta a intervenire con strumenti sia convenzionali che non convenzionali affinché l’inflazione torni più coerente con il target del 2% annuo eil credito ricominci a fluire regolarmente al sistema privato.
Le frecce nella faretra del Consiglio Direttivo, che si riunisce giovedì 8 maggio, sono essenzialmente tre.
1. Il taglio dei tassi ufficiali.
Questo intervento può concretizzarsi in un taglio del tasso sui rifinanziamenti principali, oggi pari a 25bp, in un taglio del tasso sui depositi presso l’Eurosistema, oggipari a zero, che lo porterebbe quindi in territorio negativo, o nella combinazione dei due. Una valutazione circa l’efficacia di questi interventi non è agevole. Ladinamica asfittica di M3 e del credito al settore privato suggerisce che il moltiplicatore della base monetaria (che genera moneta intermediata e trasforma lamoneta ad alto potenziale sotto il controllo della banca centrale in liquidità a disposizione del settore privato) sia in questa fase piuttosto rigido. Un ulteriore taglio dei tassi dirifinanziamento principale sarebbe modesto di entità e probabilmente non in grado di generare uno stimolo sufficiente ad aumentare tale moltiplicatore e adagevolare il flusso di liquidità nel sistema economico. D’altro canto, l’introduzione di una tassa sui depositi delle banche presso la Bce potrebbe incentivare lebanche a prestare liquidità al settore privato. Ma non è chiaro che le banche non reagirebbero traslando questa “imposta” sui propri debitori, ritoccando al rialzo i tassi attivi,come successo in Danimarca. Inoltre, le nuove regole di Basilea 3 si preoccupano di definire saldi positivi di liquidità a varie scadenze per le banche: ha sensodeprimere le riserve libere, in un momento in cui, peraltro, si sono già ampiamente ridotte, rispetto ai picchi di un anno fa? Infine, tassi negativi di interessenominali ci porterebbero in territori inesplorati e ulteriormente rischiosi.
2. Un nuovo round di Long Term Refinancing Operations (Ltro).
Questo intervento avrebbe l’effetto di fornire alle banche commerciali un consistente ammontare di liquidità a tassi convenienti, riducendo la pressione che le banche sopportano sul lato delle risorse e consentendo loro di intervenire sul lato degli impieghi. L’esperienza dei primi due round, tuttavia, pur positiva in un contesto di crisi dei mercati obbligazionari e di stress finanziario, non consente previsioni certe circa un effetto che un nuovo Ltro produrrebbe sul credito al settore privato e quindi su attività reale e inflazione. I mille miliardi di euro immessi nel 2011-2012, infatti, sono stati prevalentemente utilizzati per fare arbitraggio sul mercato del debito sovrano sotto pressione, e gran parte di questi prestiti sono stati rimborsati prima della scadenza, piuttosto che veicolati sul settore privato tramite prestiti alla clientela: dalla fine del 2012 ad oggi il bilancio della Bce si è ridotto di circa un terzo ed è oggi, in termini nominali inferiore di quasi il 30% rispetto a quello della Fed. Una possibilità sicuramente più promettente sarebbe di ispirarsi all’esperienza britannica del Funding for Lending Scheme, e vincolare l’accesso al programma di prestiti a lunga scadenza e tasso agevolato alla performance delle singole banche in tema di nuove erogazioni di prestiti alla clientela.
3. L’avvio di un programma di Quantitative Easing.
Non necessariamente il programma dovrebbe essere diretto esclusivamente all’acquisto di titoli del debito pubblico. In realtà, per massimizzare gli effetti sul credito al settore privato, un’alternativa potrebbe essere quella di acquistare anche obbligazioni corporate, incidendo così direttamente sul costo e le opportunità di finanziamento del settore privato. La Bce assumerebbe rischi di credito diretti, così come la Fed, ma invierebbe un segnale di fiducia forte all’economia dell’eurozona, un segnale necessario per consolidare una ripresa ancora asfittica, e non solo nei paesi periferici.
Un potente strumento di amplificazione di tutti questi strumenti di intervento, in principio, sarebbe quello di intensificare la cosiddetta “forward guidance”, ovvero la capacità di ancorare le aspettative di inflazione e dei tassi d’interesse attraverso una strategia di comunicazione che coinvolga esplicitamente il sentiero futuro dei principali strumenti di politica monetaria, eventualmente legandolo all’andamento di una qualche variabile macroeconomica facilmente comprensibile dal settore privato. Una scelta del genere è stata già adottata dalla Federal Reserve, che ha condizionato il tapering delle proprie misure di stimolo alla riduzione del tasso di disoccupazione al di sotto di una soglia-obiettivo, e anche dalla Bank of England, con risultati fin qui convincenti. Naturalmente il problema per la Bce, in tale ambito, è il suo mandato esclusivo di perseguire la stabilità dei prezzi. Una scelta come quella fatta dalla Federal Reserve è semplicemente non consentita alla Bce dal proprio statuto. La lezione sulla “forward guidance condizionale” potrebbe tuttavia non andare sprecata, se la Bce la usasse per individuare come target esplicito il credito al settore privato, piuttosto che il tasso di disoccupazione. Un obiettivo del genere sarebbe perfettamente in linea con il mandato della Bce, e potrebbe essere giustificato (in analogia a quanto fatto per l’Omt) con la necessità di ripristinare il corretto funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria nell’eurozona. Sarebbe, inoltre, anche strumentale all’obiettivo finale della banca centrale, poiché una ripresa del credito al settore privato sembra oggi una precondizione essenziale affinché l’attività reale e, con essa, il tasso d’inflazione ritornino su sentieri stabilmente consistenti con gli obiettivi finali.
Con un tasso di inflazione medio nell’area di circa un punto e mezzo percentuale sotto il target, un tasso di inflazione in Germania all’1% e negativo in alcuni paesi periferici, come la Spagna, la Bce è oggi insolvente rispetto al suo mandato. La campana sta suonando, e forte. E’ il tempo di agire con coraggio.