49° Giornata del Credito
Banche e Finanza: cosa fare per lo sviluppo del Paese?
Giovanni Parrillo

Una vera è propria “chiamata alle armi” della finanza, come l’ha definita il presidente di Ania, Bianca Maria Farina, per aiutare il Paese a uscire da un gap di sviluppo che dura ormai da 20 anni.Ricca di spunti e di stimoli, la 49° Giornata del Credito organizzata dall’ Associazione Nazionale per lo Studio dei Problemi del Credito, ANSPC, “Banche, altri intermediari finanziari e imprese: cosa fare per lo sviluppo del Paese?”. Questo il quesito che il presidente dell’ANSPC, Ercole Pellicanò, ha posto ai suoi relatori in un momento in cui ci sono chiari sintomi di ripresa, che al carattere congiunturale devono e possono associare anche caratteristiche strutturali, soprattutto se si continuerà nel cammino delle riforme e anche la finanza farà la sua parte.

A questo proposito, il Ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, nell’indirizzo di saluto inviato ai partecipanti ha sottolineatola solidità ritrovata nel modo del credito, mentre il DG ABI, Sabatini, ha chiesto una pausa nella produzione normativa comunitaria: una riflessione profonda, simile a quelle fatte con i rapporti Lamfalussy e de Larosière, per verificare come bilanciare meglio il rapporto fra stabilità e crescita delle banche.

Salvatore Rossi, Direttore Generale Banca d’Italia e Presidente IVASS, nell’ampia relazione introduttiva, ha sottolineato come la finanza italiana debba modificarsi profondamente per favorire un cambiamento strutturale nell’economia reale. Sono necessari più mercato e meno finanziamenti bancari. Le banche devono dimagrire per tornare a fare profitti mediante attività diverse, accompagnando le imprese nel finanziare l’innovazione con capitali e non con debiti. I numeri, citati da Rossi sono incoraggianti: l’indice di leva finanziaria è diminuito del 7% dal 2011 ad oggi; 60 nuove imprese si sono quotate fra il 2014 e il 2016; gli investimenti in private equity sono tornati sui livelli pre-crisi, pari a 5 miliardi, anche se ancora modesti nel raffronto europeo; l’indebitamento in obbligazioni delle imprese è salito di 5 punti percentuali a fronte di un calo di pari misura dei debiti bancari; infine, ma non per ultimo, grazie all’eliminazione di oneri fiscali e di vincoli legislativisono stati emessi 10 miliardi di “mini-bond” da ben 140 imprese.

Accanto a questi progressi rimangono ancora tre nodi fondamentali che la finanza deve aiutare a risolvere migliorando la qualità della propria offerta: il sistema produttivo è troppo debole e poco competitivo; la governance delle imprese familiari va decisamente rafforzata: esse restano “familiari non solo nella proprietà e nella gestione di vertice ma financo nelle prime e seconde linee di comando”; manca ancora un ruolo forte per gli investitori istituzionali. La piccola dimensione delle imprese italiane resta un vincolo alla crescita: evidenze empiriche mostrano che ciò le rende “meno produttive, peggio gestite e meno inclini all’innovazione”. Come ha commentato il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, “piccolo non è più bello”. Rossi ha concluso auspicando che gli investitori istituzionali agevolino l’afflusso di risorse a imprese innovative e con elevate prospettive di crescita e ha sottolineato come restino ancora molto bassi gli investimenti in obbligazioni corporate e in azioni del settore assicurativo, situazione non agevolata da Solvency II. Infine, è importante sostenere e monitorare innovazioni come i Piani Individuali di Risparmio (PIR), strumenti del risparmio gestito agevolati fiscalmente e le SPAC (Special Purpose Acquisition Companies), piccoli fondi di private equity che raccolgono risorse da pochi investitori sulla base della sola reputazione personale dei promotori che li impiegano per acquisire il controllo.

Tommaso Corcos, presidente di Assogestioni si è soffermato sui PIR, ricordando che in pochi mesi questi fondi hanno raccolto oltre 5 miliardi. Il legislatore ha agevolato fiscalmente i PIR con due obiettivi: incentivare gli investimenti a medio termine dei risparmiatori e veicolarli verso le PMI. Le previsioni sono rosee, si parla di 60/70 miliardi in 5 anni. Le sfide per evitare i rischi di una bolla richiedono impegno soprattutto dal lato dell’offerta: ci sono ancora poche obbligazioni emesse dalle medie imprese, anche se il 2018 si preannuncia promettente. Assogestioni sta lavorando con la CONSOB per ottenere di semplificare il prospetto di offerta e con Borsa Italiana per rafforzare i meccanismi di governance del capitalismo familiare.Importanti per l’investimento in private equity da parte dei PIR saranno anche le linee guida appena pubblicate dal MEF e la successiva circolare attuativa, come ha ricordato Fabrizio Pagani, Capo Segreteria tecnica Ministero dell’Economia e delle Finanze

Rafforzare il ruolo delle assicurazioni come investitori istituzionali, come ricordato da Bianca Maria Farina. Rilanciare i settori di punta delle produzioni italiane, vincendo la sfida delle MidCAp, come ha sottolineato Gaetano Miccichè, Presidente Banca IMI, sono elementi strategici perché banca e impresa ritrovino la strada del reciproco rafforzamento e sviluppo invece che del mutuo soccorso.