A seguito della grave pandemia che si è diffusa repentinamente negli ultimi mesi, sono state promosse a livello locale una serie di campagne di raccolta fondi finalizzate a coadiuvare lo Stato nel garantire la salute pubblica dei cittadini.
Tra le tante, un’attenzione particolare merita la raccolta fondi avviata per il tramite della piattaforma GoFundMe, ovvero una piattaforma di Donation – based Crowdfunding americana, la quale è stata sottoposta al controllo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in quanto, nel corso delle sue verifiche d’ufficio, ne ha riscontrato possibili profili anticoncorrenziali derivanti dall’applicazione di “costi occulti” a danno dei consumatori.
Nonostante il caso descritto attenga ad una ipotesi di difformità tra ciò che veniva proposto e ciò che veniva realmente sopportato economicamente dal cliente consumatore, le fattispecie anticoncorrenziali legate alla recente rivoluzione digitale sono molte e particolarmente diffuse. E spesso riconducibili al tipo di destinatario preso in considerazione, dato che effettuandosi il servizio per il tramite di piattaforme o portali online, il pubblico destinatario della proposta non può essere predeterminato ab origine e singolarmente preparato al tipo di offerta che gli si presenta.
In data 22 marzo 2020 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato il procedimento istruttorio PS11726 (ai sensi dell’articolo 27, comma 3, del Codice del Consumo, nonché ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di tutela del consumatore), al fine di verificare l’esistenza di pratiche commerciali scorrette, in violazione degli articoli 20, 21, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo, attuate attraverso la piattaforma GoFundMe.
Quest’ultima è una piattaforma di Donation – based Crowdfunding americana che consente alle persone di raccogliere fondi per eventi di natura disparata, tra i quali rientrano anche circostanze difficili come incidenti e malattie, o scopi benefici, qual è stata la raccolta fondi organizzata per incrementare e rinforzare le Unità operative complesse delle strutture sanitarie nazionali nella lotta contro il COVID 19.
L’obbiettivo comune perseguito dai sostenitori è stato quello di coadiuvare i reparti ospedalieri nell’approvvigionamento dei dispostivi medici necessari alla sopravvivenza dei contagiati, come ad esempio i ventilatori polmonari, i dispositivi di ventilazione non invasiva, i monitor e i dispositivi di protezione individuale, ma anche e soprattutto la creazione ex novo di centri Covid.
Dalle informazioni acquisite d’ufficio dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dalla segnalazione di un consumatore, emersero che taluni comportamenti assunti dalla piattaforma nel corso dell’emergenza avrebbero potuto integrare fattispecie rilevanti ai sensi del Codice del Consumo.
Contributi facoltativi…preselezionati
Dagli accertamenti svolti affiorarono comportamenti apparsi contrari alla diligenza professionale e idonei a indurre il consumatore medio all’assunzione di decisioni di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso, sulla base di una ingannevole rappresentazione della realtà circa la gratuità dei servizi offerti e di una modalità aggressiva che condizionava la scelta dell’ammontare di commissione prevista su ogni donazione.
In particolare, con l’accesso nel sito della piattaforma, nella prima schermata, il claim principale sulla sinistra affermava “Raccogli fondi per ciò che ti sta a cuore. Non ci sono costi*”; La nota richiamata dall’asterisco specificava, nella parte inferiore dello schermo, che venivano applicate tariffe standard sulle transazioni con carta di credito e di debito.
Una volta che il consumatore apriva la pagina web ove leggeva la finalità della raccolta fondi, trovava sulla destra l’icona “Fai una donazione” e una volta cliccato sulla seguente voce si apriva una schermata che specificava “Inserisci la tua donazione”, con lo spazio per l’importo che il donatore voleva indicare con “(vuoto),00 euro”. Sotto tale spazio per la cifra da donare si leggeva “GoFundMe continuerà a offrire i suoi servizi gratuitamente, finanziandosi grazie ai donatori che lasceranno qui un libero importo”. Ancora sotto vi era la frase “Grazie per il contributo facoltativo di…” e accanto un box a tendina con già preselezionata, nel caso usato ad esempio, una percentuale del “10%”.
Di conseguenza, esclusivamente il consumatore più attento era in grado di accorgersi di poter deselezionare l’importo cliccando a destra del box dove era inserita la percentuale così da aprire la tendina nella quale, scorrendo, si trovavano varie percentuali e, in fondo, anche la parola “Altro”. Solo cliccando su quest’ultima voce era possibile inserire la cifra zero e non pagare alcuna tariffa. Il carattere anticoncorrenziale della condotta era percepibile attraverso un raffronto con altre campagne di raccolta fondi, quale ad esempio la Columbus, ove il processo era sostanzialmente analogo, salvo una connotazione distintiva data dal fatto che una volta cliccato sull’icona di tale specifica raccolta fondi, nella pagina di presentazione dell’iniziativa, compariva anche la seguente frase: “Al momento della donazione invitiamo a controllare il box sotto l’importo che si intende donare”.
L’intervento dell’Antitrust
Sulla base delle informazioni acquisite in atti, in data 22 marzo 2020 l’Autorità avviò il procedimento istruttorio PS11726, sostenendo da un lato che il professionista adottava modalità di fornitura del servizio che apparivano ingannevoli e aggressive, in spregio ai diritti dei consumatori, i quali erano sensibilmente influenzati nella loro capacità decisionale, anche alla luce dell’attuale emergenza sanitaria (fumus boni iuris).
Dall’altro, sotto il profilo del periculum in mora, si rilevò l’indifferibilità dell’intervento poiché, nel contesto della tragica fase di diffusione della pandemia in atto, le pratiche contestate potevano indurre in errore i consumatori che intendevano effettuare donazioni circa la gratuità del servizio, condizionandone, attraverso la preattivazione, la scelta in merito all’ammontare delle commissioni che venivano loro addebitate dalla piattaforma sull’importo donato.
A seguito della comunicazione di avvio del procedimento del 22 marzo 2020, il 25 marzo 2020 venne prodotta la memoria difensiva da parte della società GoFundMe, la quale, in ottemperanza al provvedimento cautelare dell’Autorità, modificò la preattivazione della commissione (“tip”) da incassare e fissò l’importo indicato nello spazio dedicato alla scelta della commissione con un valore pari a “zero”.
Successivamente, in data 26 marzo 2020, l’Autorità riscontrò che venne implementata la misura di inserimento del valore “zero” nello spazio previsto per il consumatore ai fini della scelta delle commissioni; di conseguenza, in data 27 marzo 2020, con il Provvedimento n. 28204, la medesima deliberò che le misure adottate dalla società GoFundMe Ireland Ltd erano idonee a soddisfare i requisiti richiesti con il citato provvedimento cautelare del 22 marzo 2020 ai fini della rimozione del periculum in mora.
La faccenda richiamata consente di focalizzare le luci della ribalta nell’apprendere ed interpretare il corretto funzionamento delle piattaforme di Crowdfunding, ovvero il processo con cui più persone («folla» o crowd) conferiscono somme di denaro (funding), anche di modesta entità, per finanziare un progetto imprenditoriale o iniziative di diverso genere utilizzando come mezzo di acquisizione siti internet «piattaforme» o «portali».
Modi e meriti del crowdfunding
Tecnicamente il termine Crowdfunding identifica fenomeni diversi, accomunati da due elementi ben distinti che congiungono il passato ed il futuro: un elemento tradizionale costituito dal ricorso al pubblico per raccogliere risorse monetarie per la realizzazione di un singolo progetto (o di un’attività); un elemento tecnologico, dato dall’impiego di un portale o piattaforma on-line.
In questo senso, l’utilità del Crowdfunding è stata rinvenuta nella capacità di «offrire alla platea indistinta dei potenziali contributori un prodotto, quanto più possibile innovativo, così da testarne anticipatamente la capacità di affermazione sul mercato. Il successo del finanziamento è destinato a quelle proposte che dimostrino, con la ragione del sostegno economico offerto dal maggior numero di contributori, di poter essere in grado di affermare le loro ragioni economiche e, così, di stabilizzare la loro produzione, con la conseguente ricaduta positiva in termini sia economici che sociali» (P. Santin, Il crowdfunding alla sfida delle qualificazioni fiscali, in Rass. Tributaria, 2017, 3, p. 688).
I modelli di Crowdfunding rientrano in due macrocategorie: i modelli di donazione, in cui il contributore sta donando denaro a progetti senza aspettative di rendimento e i modelli azionari, ove invece il partecipante sta investendo denaro in cambio di titoli azionari o di debito nella società.
In base alla tipologia di progetto da sostenere e alla prospettiva di compenso riconosciuto agli investitori, il Crowdfunding può realizzarsi mediante le seguenti sottocategorie dei due modelli operativi illustrati.
Tra i modelli azionari sono ricompresi: il lending-based Crowdfunding (o social lending), ovvero la piattaforma che abbina raccoglitori e prestatori di fondi, che stipulano un contratto di prestito; l’equity-based Crowdfunding, ovverosia il portale che seleziona investitori interessati a diventare soci della società emittente; il debt-based Crowdfunding, il quale ha ad oggetto strumenti finanziari rappresentativi di operazioni con obbligo di rimborso e attraverso il quale sono individuati investitori interessati a diventare creditori della società emittente, ma, a differenza del lending-based, ciò avviene tramite sottoscrizione di obbligazioni o titoli di debito.
Di converso, tra i modelli di donazione rientrano il donation-based Crowdfunding, ovvero quella piattaforma che ha per oggetto la raccolta di denaro per finalità assistenziali, culturali, sociali, di beneficenza e non prevede contropartita per i finanziatori, che contribuiscono per ragioni etiche o sociali; il reward-based Crowdfunding, il quale ha come oggetto la raccolta di denaro per la realizzazione di un progetto, anche lucrativo, a cui i sostenitori partecipano per beneficiare in anteprima del prodotto o del servizio realizzato.
Fenomeno rivoluzionario e consapevolezza del consumatore
Con riguardo al donation-based Crowdfunding, quale genere del modello GoFundMe, non prevede, a fronte del finanziamento effettuato dall’investitore, il riconoscimento di un bene o un servizio valutabile economicamente. La “ricompensa” riconosciuta all’investitore coincide il più delle volte con una gratificazione morale o, talvolta, con un “ringraziamento” mediante la citazione del nome dell’investitore sul sito web che promuove il progetto.
All’interno dell’Unione, gli Stati membri hanno adottato diverse soluzioni regolatorie in materia di Crowdfunding. In alcuni casi il modello in esame è stato ricondotto all’interno di normative riguardanti diverse aree come istituti di pagamento, imprese di investimento e fondi di investimento; in altri, è stata adottata una normativa specifica (come nel caso dell’equity-based Crowdfunding), in altri ancora è stato lasciato il settore non regolato.
In merito al donation-based Crowdfunding il legislatore italiano non ne ha disposto una disciplina ad hoc, con la conseguenza che in questa variante del Crowdfunding si possono agevolmente rinvenire gli elementi caratterizzanti il contratto di donazione di cui all’articolo 769 del Codice civile, ovvero quel contratto mediante il quale un soggetto – donante – arricchisce il patrimonio di altro soggetto – donatario – senza alcun corrispettivo, ma sorretto dallo spirito di liberalità.
In sostanza, tra i modelli sopraindicati e ciascuno con le proprie caratteristiche, si possono individuare elementi in comune ed essenziali tra le diverse fattispecie, ovverosia: la raccolta di fondi; la partecipazione di una folla di persone indistinta; la rete virtuale e la piattaforma tecnologica che veicola i diversi meccanismi.
Di conseguenza, la dimensione rivoluzionaria del Crowdfunding sembra basarsi sulla natura innovativa del modo in cui genera cooperazione collettiva per finanziare progetti sulla base di una concorrenza aperta, in una sorta di «democratizzazione del capitale e del capitalismo» (C. Iosio– G. Valentinuz, Fare impresa con il Crowdfunding, Milano, 2016, p. 37).
Trattandosi di concorrenza, non è un caso che la piattaforma di GofundMe, così come descritta in premessa, sia stata sottoposta al vaglio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, dato che trattandosi di un modello basato sulla rete internet e sulla nuova dimensione della comunicazione e della socialità on line, consente di entrare in contatto con una molteplicità di persone dotate di un bagaglio informativo spesso insufficiente rispetto al tipo di operazione compiuta.
Come descritto analiticamente in premessa, questo deficit informativo è stato ricondotto dall’Autorità alla tragica fase di diffusione della pandemia, che ha inciso profondamente sul grado di percezione del progetto da parte del consumatore, nonché al fatto che le piattaforme di Crowdfunding spesso operano come mercati aperti non regolamentati, ove è elevato il rischio di frodi a danno della buona fede dei consumatori stessi.
Ciò che quindi l’Autorità ha voluto garantire con questo intervento, è ciò che è stato raccomandato più volte dalla Commissione Europea, nella Comunicazione denominata “Piano d’azione per le tecnologie finanziarie: per un settore più competitivo e innovativo”, dell’8 marzo 2018, la quale sottolinea l’importanza del fatto che «I quadri di regolamentazione dovrebbero garantire un livello elevato di protezione per i consumatori e gli investitori e la resilienza e l’integrità del sistema finanziario».