FINTECH
Assumi un Chatbot in banca

Intervista a Paolo La Torre, Managing Partner Italia di Capco

L'avvento di ChatGPT ha segnato una svolta nell'evoluzione dell'Intelligenza Artificiale, rendendo obsoleti molti sistemi informatici esistenti. Su questa che si profila come la nuova rivoluzione dopo quella del BigData, il mondo delle banche e delle assicurazioni si sta muovendo con investimenti massicci. Con quali prospettive? Lo spiega un esperto

Paola Pilati

Il direttore generale che vuole ottenere un report istantaneo e aggiornatissimo su un aspetto del business, l’ufficio legale che ha bisogno subito di un dato contenuto in un contratto di 500 pagine, il consulente finanziario che deve rispondere da remoto alle richieste di un cliente. Cose di tutti i giorni, che si risolvono con telefonate, ricerca e consultazioni di documenti, forza lavoro applicata a scartabellare, reperire i dati, produrre power point, insomma spendere la risorsa tempo.

Ma come potrebbe cambiare la vita di tutti i giorni di una banca o di una compagnia di assicurazioni se si usasse l’intelligenza artificiale?

L’avvento di ChatGPT ha segnato una svolta nell’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale, rendendo obsoleti molti sistemi informatici esistenti. «Un chatbot che funge da assistente virtuale, analogamente al navigatore di un’automobile, può semplificare rapidamente le operazioni e soddisfare le esigenze personalizzate degli utenti», sottolinea Paolo La Torre, Managing Partner Italia di Capco multinazionale specializzata nella consulenza tecnologica e direzionale.

Su questa che si profila come la nuova rivoluzione dopo quella del BigData, il mondo delle banche e delle assicurazioni si sta muovendo con investimenti massicci. Sull’altro fronte, il mondo della tecnologia fa da traino nel prospettare risposte intelligenti a nuovi bisogni, a nuove fantasmagoriche applicazioni dell’AI. «Attualmente stiamo collaborando con vari istituti italiani di rilievo e questo sembra essere un tema che suscita un interesse generalizzato », aggiunge La Torre.

Che utilizzo fate di ChatGPT nei prodotti che proponete ai vostri clienti? C’è qualcuno che lo ha già messo in pratica?

«Lo sta facendo una banca in UK. In Italia, ci troviamo ancora nella fase di “proof of concept” in un mercato che sta appena muovendo i primi passi, ma in cui sono già presenti budget significativi. Capco ha sviluppato un assistente virtuale chiamato Capco Hello, che stiamo implementando con successo presso tre importanti clienti. Tuttavia, stiamo anche lavorando su soluzioni personalizzate: i clienti richiedono risposte automatiche tramite chatbot per una vasta gamma di esigenze. Questo non è inteso a ridurre il personale, ma piuttosto a migliorare l’efficienza complessiva dell’operatività aziendale».

Tutti gli investimenti massicci in informatica fatti in passato sono dunque superati?

«No, l’informatica è alla base del mondo finanziario, ma i software devono essere adeguati – pensiamo solo alle crescenti richieste fatte alle banche dai regolatori -. L’AI può aiutarti anche qui: può sviluppare un codice in automatico. L’assistente virtuale può sviluppare un software in base ai requisiti richiesti, controllare la robustezza di codici fatti dagli esseri umani, aumentarne quindi la sicurezza contro hacker, aggiornarli di continuo. Stiamo attualmente sviluppando un sistema di reporting automatico tramite WhatsApp per la principale compagnia di assicurazioni in Italia. Ad esempio, se il direttore generale desidera conoscere il numero di polizze vendute in una determinata giornata a Milano, riceverà immediatamente la risposta sul suo telefono in tempo reale».

In quanto tempo la rivoluzione del chatbot sarà compiuta?

«Sono sicuro che tra 5 anni le banche avranno molti virtual assistant, pronti a dare informazioni oppure suggerimenti per i portafogli dei clienti.  Oggi questo si fa in maniera lenta, affidata alle scelte umane. Può essere molto più proattiva e dare così al cliente la sensazione di essere più seguito e curato».

Qual è la stima dell’investimento su questo fronte?

«Noi ci stiamo investendo tantissimo: sul mio business in Italia che sta già producendo revenues, il 30 % è basato su questo tipo di proposta. Le più importanti istituzioni italiane si stanno organizzando: hanno già un capo dell’AI e un capo dell’automation negli organigrammi. Se prima era il  Dipartimento R&D a essere coinvolto in prima linea, ora si assumono persone dal mercato per sviluppare progetti con questo tipo di tecnologia. I Ceo hanno deciso di investire. Quanto? Si arriverà fino a 6 miliardi di euro, in Italia, nell’arco di 5 anni».

Quali sono le difficoltà maggiori nello sviluppo di queste tecnologie?

«Un aspetto cruciale su cui ci stiamo concentrando è il processo di pulizia dei dati (cleaning).  L’intelligenza artificiale apprende se sono forniti dati corretti, quindi lo sviluppo di sistemi in grado di effettuare la pulizia dei dati è fondamentale. È essenziale che l’intero flusso di dati sia ottimizzato per raggiungere una forma industriale del prodotto. Attualmente, ci sono molteplici fonti di dati che trattano lo stesso argomento, quindi identificare quello corretto diventa una sfida. Sebbene sia relativamente semplice generare report utilizzando dati finanziari, entrare in zone grigie come la contrattualistica, dove anche una sottigliezza può essere significativa, presenta maggiori difficoltà. È importante chiarire tutti questi aspetti».

Quanto alla sicurezza dei dati, il chatbot dà maggiori garanzie?

«Sì. Con l’intelligenza artificiale noi abbiamo applicazioni che possano rivedere in automatico il codice sviluppato e dire se può essere migliorato. Questo significa che quel codice viene continuamente sottoposto a test di performance e sarà sempre più efficace. Naturalmente è essenziale tenere a mente che, anche se la macchina fornisce suggerimenti, è sempre l’essere umano a prendere la decisione finale. Non dimentichiamoci mai che l’essere umano rimane il principale arbitro delle sue applicazioni e dei suoi impatti».

Rispetto al mondo bancario e assicurativo europeo, noi siamo più indietro o più avanti?

«Noi siamo alla pari degli altri. Capco è un po’ in tutti i paesi: è in UK, Germania, Austria, Svizzera, Francia, Slovacchia, Polonia. Più o meno gli istituti sono allo stesso livello, forse in UK sono un po’ più avanti. Anche negli Usa sono più avanti. Le principali banche americane hanno già i robot advisor, che suggeriscono ai gestori come aggiornare i portafogli dei clienti».

Nel mondo del Private banking, basato sul rapporto diretto con i clienti, il robot advisor dovrebbe avere meno futuro.

«Non è detto: se immaginiamo che un consulente finanziario, mentre parla con un cliente, riceva suggerimenti attraverso un microfono nell’orecchio, credo che tale strumento potrebbe essere adottato. Infatti, offre vantaggi al private banker, aiutandolo nel suo lavoro. Sono convinto che, tra 4 o 5 anni, vedremo una diffusione sempre maggiore di tali sistemi anche nel settore del Private Banking».