La normativa sugli appalti innovativi rappresenta una notevole opportunità per fare in modo che il settore pubblico possa fungere da volano per lo sviluppo di nuovi prodotti, in grado di accrescere il benessere sociale. Ecco quali sono gli strumenti a disposizione a livello europeo e italiano. E di quali competenze c'è bisogno
Con la Comunicazione del 14 Dicembre 2007, che ha introdotto il profilo degli Appalti Pre-Commerciali (APC), la Commissione Europea ha dotato, per la prima volta, gli stati membri di una previsione giuridica specificamente dedicata agli appalti pubblici di prodotti innovativi, che richiedono attività di Ricerca e Sviluppo (R&S). Ovvero appalti di prodotti che non sono ancora stati sviluppati, e che perciò necessitano di R&S.
Per questo motivo, la Comunicazione rappresenta una linea di demarcazione importante all’interno delle norme che regolano gli appalti pubblici. Infatti, prima degli APC, appalti innovativi potevano essere svolti mediante il Dialogo Competitivo, articolo 74 Codice degli Appalti 2023, introdotto dal legislatore Europeo a partire dalla Direttiva Europea del 2004 sugli acquisti pubblici di beni, lavori e servizi. Tuttavia, il Dialogo Competitivo non è un profilo specifico per quei prodotti che richiedono attività di R&S, sebbene la sua flessibilità applicativa possa in qualche modo permettere di effettuare anche tali tipologie di appalto.
Più in particolare, gli APC riguardano solamente l’acquisto di servizi di R&S, ovvero l’appalto delle attività pre-commerciali, lasciando ad un eventuale appalto successivo la fase commerciale. Quindi, gli APC separano la fase pre-commerciale da quella commerciale, così da permettere ad eventuali imprese non invitate ad una procedura di APC di poter comunque presentare un’offerta successivamente.
Nell’attuale Direttiva Europea sugli appalti pubblici di beni, servizi e lavori, emessa nel 2014, è stato introdotto un altro profilo giuridico che può essere utilizzato per appaltare prodotti che necessitano preliminarmente di R&S: il Partenariato per l’Innovazione (Art 75 Codice degli Appalti 2023) (PI). A differenza degli APC, il PI concede alla stazione di committenza, dopo la fase pre-commerciale di R&S, di poter acquistare direttamente il prodotto sviluppato, nella quantità desiderata, senza aprire una nuova procedura di appalto per la fase commerciale. In altri termini, nel PI le due fasi, quella pre-commerciale e la commerciale possono essere accorpate, anche se ciò non è obbligatorio.
Quindi, la legislazione attuale offre alle stazioni di committenza pubbliche uno spettro di opzioni vario ed efficiente per l’acquisto di prodotti innovativi, con la particolarità che i profili giuridici disponibili possono essere utilizzati da tutto il settore pubblico, ovvero sia dalla componente civile che dalla difesa.
La puntualizzazione è doverosa. Infatti, uno dei soggetti innovatori più importanti a partire dal secondo dopoguerra si è rivelata essere l’agenzia DARPA (Defence Advanced Research Project Agency), finanziata dal Ministero della Difesa USA, quindi un soggetto pubblico e non privato, focalizzato sulle esigenze della Difesa. La DARPA ha mostrato come il settore pubblico possa rendersi protagonista, in questo ambito, sviluppando negli anni innovazioni dirompenti come Internet, il GPS ed altre. L’Europa, quindi, con l’attuale legislazione è andata oltre, coinvolgendo anche il settore civile nello stimolare lo sviluppo di prodotti innovativi.
È possibile quindi osservare che, alla stregua degli altri paesi dell’UE, la normativa sugli appalti innovativi rappresenta una notevole opportunità per fare in modo che il settore pubblico possa fungere da volano per lo sviluppo di nuovi prodotti, in grado di accrescere il benessere sociale. A tale proposito è opportuno notare che, se la quota del PIL italiano dovuta agli appalti di beni, servizi e lavori è di circa il 15%, intorno a 300 miliardi di euro, allora se anche solo il 5% di tale cifra fosse destinata allo sviluppo di nuove soluzioni, i benefici sociali potrebbero essere significativi.
Tuttavia, la gestione di appalti innovativi richiede competenze appropriate nella pianificazione, valutazioni delle proposte e selezione dei fornitori, supervisione dei fornitori che al momento non sembrano essere diffuse in Italia.
A tale proposito, anche solo la scelta tra optare per una procedura APC oppure un PI richiede competenze tecniche ed istituzionali di livello. Per questo motivo, l’Italia al momento ha scelto un modello in cui un soggetto centrale, l’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID), è stato incaricato per legge, a partire dal 2012, di sostenere gli appalti innovativi nel settore pubblico.
Ciò rende possibile per i soggetti pubblici, che non possiedono le necessarie competenze, di poter contare sul supporto di AGID per eseguire tali appalti. In effetti, negli anni recenti AGID sta ricoprendo un ruolo importante in tal senso, ed il sostegno offerto ad alcune amministrazioni centrali, così come ad altre periferiche, si è dimostrato decisamente fruttuoso. Per altro, anche ulteriori soggetti pubblici di rilievo, come la Regione Sardegna e la Regione Lombardia, si sono attivati a riguardo. In ogni caso, affinché si possa cogliere pienamente l’opportunità offerta dagli appalti innovativi, l’Italia dovrà necessariamente procedere alla formazione di figure professionali con le competenze richieste per gestire la complessità di tali appalti.
*La versione integrale di questo articolo è pubblicata sull’ultimo numero di Economia Italiana