approfondimenti/regolazione
Annunci nuovi, vizi vecchi

Il Governo dice di voler stimolare gli investimenti. Ma le modalità di intervento sono sempre le stesse. Decreti omnibus che includono misure la cui efficacia è tutta da dimostrare.

Alfonso Parziale
Alfonso Parziale

Continua la ormai preoccupante tendenza del Legislatore a sfornare decreti omnibus che, ormai con cadenza quasi semestrale, si affacciano sulla nostra Gazzetta Ufficiale, con grande scoramento di interpreti, operatori e commentatori. Dopo i vari decreti “Sblocca Italia”, “Salva Italia”, “Cresci Italia”, “Semplifica Italia”, è arrivato il turno del nuovo “Investment Compact”, fastidiosa denominazione in lingua inglese, che riprende il desolante lessico correntemente impiegato nel settore degli affari.

Un vecchio detto inglese recita “when in doubt, jargonize” (“in caso di dubbio, usa termini specifici e poco comprensibili”): in effetti, al di là del maquillage estetico, il testo sembra riprendere le virtù e (soprattutto) i vizi dei precedenti interventi legislativi, spesso approssimativi e poco coerenti. L’Italia è dotata di apposite norme in materia di qualità e semplificazione nella produzione normativa, che sembrano però essere accantonate in occasione di questi patchwork di norme “emergenziali”.

Gli interventi

In attesa del Consiglio dei Ministri del 20 gennaio, in cui verrà esaminato lo schema di Decreto Legge, circolano online alcune bozze, liberamente consultabili. Vediamo quindi di seguito le principali novità introdotte dal Legislatore, in versione ovviamente non definitiva (l’elenco, data la frammentarietà degli interventi, non può per sua natura essere esaustivo):

Start-up e innovazione
Il Legislatore prosegue nel suo sforzo di agevolare la nascita di imprese innovative, che ha portato, nel corso del tempo, alla creazione di norme specifiche per il crowdfunding (con l’introduzione del primo caso in Italia di quote di S.r.l. negoziabili) e con l’introduzione di alcune specifiche deroghe alla disciplina societaria (tra cui la sospensione, in determinati casi, dell’applicazione di norme quali, ad esempio, l’articolo 2447 del c.c.).

Questa volta è il turno dell’introduzione delle c.d. “Pmi innovative”, che avranno a propria disposizione un’apposita sezione del Registro delle Imprese e che potranno beneficiare delle agevolazioni fiscali e societarie affastellatesi col tempo. Si ricorda che, similmente alle c.d. “start-up innovative” le Pmi innovative avranno le seguenti caratteristiche:

  • sostenere spese in ricerca e sviluppo in misura pari o superiore al 5% del maggior valore fra costo e valore totale della produzione;
  • impiegare personale altamente qualificato in percentuale uguale o superiore al terzo della forza lavoro complessiva. Il personale “qualificato” può essere composto da dottori di ricerca e dottorandi, ma anche da semplici laureati (scelta forse sindacabile, anche nell’ottica di aprire nuove opportunità a chi ha ritardato l’ingresso nel mondo del lavoro per trascorrere un periodo di ricerca);
  • risultare titolari, depositari o licenziatari di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale.

E’ poi prevista l’estensione dei benefici alle start-up innovative estere (con filiale o sede produttiva in Italia) e viene inoltre emendata la recentissima disciplina in materia dicrowdfunding, estesa ai soggetti che investono in start-up innovative (es. fondi).
Come si può notare, la materia è stata costruita “a blocchi”, con disposizioni estemporanee partorite nel contesto di diversi D.l.; a questo punto si potrebbe anche ipotizzare la nascita di un “Testo unico delle imprese innovative”, che possa quantomeno racchiudere e razionalizzare la copiosa e magmatica normativa stratificatasi nel tempo. Con l’occasione, forse, si potrebbe anche pensare di intervenire con qualche ulteriore misura di agevolazione per gli spin-off universitari, introdurre qualche disposizione di supporto alla brevettazione delle invenzioni scientifiche partorite dai nostri ricercatori e, anche per questioni sistematiche, tentare di scindere la disciplina delle start-up innovative da quella delle imprese con finalità sociale.

“Patent box”
La bozza di decreto innova la recentissima disciplina del patent box, che pure è stata introdotta da pochissimo tempo (Legge di Stabilità 2015).
La novità della materia giustifica un breve riepilogo della disciplina. In termini generali, il patent box è un regime agevolato opzionale di tassazione che può essere applicato ai redditi derivanti dalle opere dell’ingegno, brevetti, marchi di impresa. In estrema sintesi, il complesso di norme consente di ottenere una parziale esenzione da alcune imposte (Ires e Irap) applicabili ai proventi derivanti dallo sfruttamento di brevetti industriali ed altri beni immateriali.
La bozza di decreto estende il regime del patent box anche allo sfruttamento di marchi commerciali, ridefinendo inoltre la modalità di quantificazione dell’agevolazione. L’intento è lodevole, ma l’incertezza in materia fiscale è già alta ed, evidentemente, interventi di riforma a distanza di pochi mesi non aiutano a generare un clima di fiducia negli operatori.
Grandi investimenti
L’Investment Compact introduce una disposizione di “scudo” applicabile a chi investa in Italia con un piano di investimento pluriennale da almeno 500 milioni di euro. Questi soggetti possono raggiungere un accordo con la p.a. che, in estrema sintesi, impedisca l’applicazione (anche retroattiva) nei propri confronti di cambiamenti di normativa (in particolare quella fiscale). Questa norma avrebbe l’intenzione di “stabilizzare le aspettative degli investitori sul Paese”.

Ci sarebbe molto da dire su questa norma e non si ha in questa sede (purtroppo) né il tempo né lo spazio. Ci si limita a qualche appunto. In primo luogo, un principio di civiltà giuridica generale viene ridotto a misura eccezionale al servizio dell’investitore estero. In seconda battuta, la norma crea regimi normativi differenziati applicabili alle medesime iniziative imprenditoriali, creando di fatto una sperequazione di diritti applicabili ad “investitori di serie A e B”. Da ultimo, la reale efficacia della norma è minima, poiché la fonte della stessa è la legge ordinaria: nulla sembra vietare, dunque, che un provvedimento successivo disponga l’inverso e, come noto, lex posterior derogat anteriori.

Obbligazioni
La politica economica degli ultimi due governi, in tempi di ristrettezze economiche, è fortemente orientata: (i) alla pur nobile intenzione di spostare il peso dell’investimento economico dallo Stato ai privati; e (ii) tra i privati, ad allargare la platea degli investitori dalle banche ad altri soggetti (fondi di investimento, risparmio dei cittadini etc.).
Lo strumento principe impiegato dal governo è quello dell’obbligazione (rimarchiata “bond”, sempre in ossequio al lessico degli affari oggi in voga), declinata nelle categorie dei “Minibond” e “Project bond”. Con l’Investment Compact si introduce la nuova figura del “Social bond”, l’emissione obbligazionaria a sostegno di progetti con finalità etico-sociale, con scadenza a medio/lungo termine (più di 18 mesi), incentivata con le ormai consuete agevolazioni fiscali. Sempre in materia di obbligazioni, si registra un nuovo intervento di “affinamento” sull’articolo 46 del Testo Unico Bancario, già di recente emendato per estendere l’attribuzione del privilegio speciale bancario per i finanziamenti alle imprese.
La bozza di decreto “semplifica” le modalità di costituzione delle garanzie che assistono tali strumenti finanziari, agevolandone l’utilizzo da parte delle società italiane. In sostanza, come recita la relazione illustrativa, l’intervento non ha portata innovativa, ma si limita ad eliminare alcuni disallineamenti tra norme che erano emersi con la prima modifica del Tub (la quale tra l’altro, ha modificato l’articolo 46 estendendo il privilegio speciale a soggetti ai quali il Testo Unico tendenzialmente non è applicabile, con scelta discutibile sotto il profilo sistematico).
Albo unico per i consulenti finanziari
Una sana dose di realismo ha convinto il Legislatore a riorganizzare il sistema della vigilanza applicabile ai consulenti finanziari, che sino ad oggi prevedeva la costituzione di un Organismo economicamente indipendente, che non ha mai visto la luce.
L’Investment Compact, al riguardo, intende replicare la più fortunata esperienza dell’Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, e prevede la costituzione di un unico Organismo di diritto privato che inglobi la vigilanza su consulenti e promotori finanziari (e sia da questi finanziato).

In estrema sintesi, l’attuale Albo dei Promotori Finanziari sarà tramutato in un Organismo, con forma di associazione, che gestirà un albo suddiviso in tre distinte sezioni:

  • “consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede” (attuali promotori finanziari);
  • “persone fisiche consulenti finanziari indipendenti” (attuali consulenti finanziari); e
  • “società di consulenza finanziaria” (le mitologiche società previste dall’articolo 18-ter del Testo unico della finanza, introdotte nel 2010 e che, però, non hanno mai avuto un albo al quale iscriversi).La nuova disposizione costituisce un significativo passo avanti per superare l’impasse circa la vigilanza sui consulenti finanziari, una storia purtroppo lunga e complicata, che sembra finalmente vedere una conclusione ragionevole.
    Legge Fallimentare

    Da ultimo, il decreto interviene sulla legge fallimentare con alcune novità:

  • in materia di cessione d’azienda nel contesto della procedura, prevedendo la possibilità di offerte concorrenti con meccanismo ad asta; e
  • in materia di finanziamenti autorizzati ex articolo 182-quinquies, proponendo alcune norme di chiarimento circa l’autorizzazione di finanziamenti nell’ambito della procedura di c.d. “concordato in bianco” (art. 161, comma 6, l.f.).Come si può vedere, il Legislatore procede nella sua appassionata dialettica con i Tribunali di tutta Italia e propone norme che, a seconda dei casi, avallano o respingono le prassi affermatesi tra gli operatori. Fa onestamente specie che le previsioni relative all’articolo 182-quinquies mostrino una grande apertura ed incentivo verso l’istituto del concordato in bianco quando, soltanto un anno fa, il Legislatore era intervenuto in modo scomposto con una famigerata “norma di interpretazione autentica” sui crediti prededucibili ex articolo 111 l.f.. La norma, nel biasimo generale, era stata cassata dopo soli 6 mesi: è indubbio che l’atteggiamento ondivago del Legislatore crei disorientamento negli interpreti (oltre a evidenziare una riflessione non particolarmente approfondita de iure condendo).
    Non può infine sottacersi l’introduzione di una norma “pericolosa”, che non mancherà di sollevare polemiche. Il comma 4 dell’articolo 12 della bozza recita: “Al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, alla fine dell’art. 182-quinquies è aggiunto il seguente comma: “L’articolo 644 del codice penale, l’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, la legge 7 marzo 1996, n. 108 e le relative disposizioni attuative non si applicano ai finanziamenti le cui condizioni economiche siano state autorizzate ai sensi del primo o secondo comma [o del comma 2-bis]1 o ai sensi dell’art. 167, secondo comma”.
    In estrema sintesi, l’articolo sembra rimettere al giudice la possibilità di autorizzare un’operazione di finanziamento a tasso usurario, atteso che siano rispettate le previsioni di cui all’articolo 182-quinquies o 167 della Legge Fallimentare. La disposizione presenta elementi di criticità evidenti perché, in effetti, non specifica quali siano i criteri ai quali il giudice dovrà attenersi per valutare l’ammissibilità dell’operazione economica sottostante: sarà forse la “migliore soddisfazione dei creditori” di cui parla l’articolo 182-quinquies? E quid iuris in caso di proposta da autorizzare successivamente all’ammissione al concordato?

Insomma, in un periodo di crisi economica e credit crunch si poteva forse scegliere una strada alternativa per incentivare il mercato del credito alle imprese in difficoltà, anche in considerazione del messaggio sociale non proprio edificante trasmesso da questo nuovo istituto che, utilizzando il lessico business, ci piacerà chiamare “vulture lending” (finanziamento avvoltoio).
Strumenti di supporto alle imprese
Chiudiamo infine con una brevissima elencazione di norme “tecniche” di generale supporto agli investimenti:

  • –  potenziamento del Fondo centrale di garanzia, con modifiche alla disciplina dei soggetti beneficiari e degli investimenti oggetto di agevolazione;
  • –  rifinanziamento delle c.d. “reti di impresa”, con alcune modifiche alla disciplina degli incentivi;
  • –  c.d. lending indiretto: gli investitori stranieri potranno beneficiare di alcune misure fiscali nazionali nel caso in cui partecipino indirettamente ad operazioni di finanziamento in Italia (tra cui l’esenzione da ritenuta);
  • –  misure fiscali di incentivo per i c.d. fondi di credito; e
  • –  estensione per le agevolazioni relative ai “Rientri di cervelli” (definizione inserita nella rubrica dell’articolo ed, onestamente, un po’ offensiva a giudizio di chi scrive).ConclusioneL’Investment Compact sembra voler offrire soluzioni “pratiche” ad alcune difficoltà operative in campo imprenditoriale, proponendo la consueta gamma di interventi frammentari ed estemporanei su temi ormai conosciuti (le start-up innovative, il ricorso al capitale privato, l’attrazione dei capitali stranieri). La bozza di decreto sembra poter essere soggetta alle medesime critiche mosse ai precedenti articolati ed, in particolare:
  • il documento viene proposto nella forma del decreto legislativo, contenendo però alcune norme la cui “necessità ed urgenza” è tutta da discutere;
  • un solo provvedimento assume natura omnibus e, con il pretesto dell’urgenza, finisce per normare settori distanti tra loro come quello bancario, finanziario, fiscale, esautorando di fatto il Parlamento della propria potestà legislativa;
  • si mescolano poi le misure identificabili come “leggi-provvedimento” con interventi legislativi di carattere più strettamente normativo, accrescendo la confusione e creando un sistema di norme la cui consultazione è estremamente complessa;
  • si propongono interventi legislativi in materie emendate pochissimi mesi fa; in luogo di riforme ragionate per ciascun settore si prediligono interventi estemporanei e successive correzioni;Il nuovo Governo non sembra aver quindi “rottamato” i vizi della recente produzione legislativa,rispetto alla quale anzi si pone in una posizione di piena coerenza. La strada individuata sembra essere quella “legge come un cantiere infinito”, in cui gli aggiustamenti si susseguono a breve distanza in modo non sempre coordinato, senza quella coerenza e dell’unità di visione che sono proprie di una programmazione politica degli interventi legislativi.

In questa situazione di perenne incertezza e fibrillazione starà come sempre agli interpreti (professionisti, giudici, accademici) tenere traccia della furia del Legislatore, della sua ansia di voler tutto normare, tutto stravolgere, tutto riformare.