Il Governo dice di voler stimolare gli investimenti. Ma le modalità di intervento sono sempre le stesse. Decreti omnibus che includono misure la cui efficacia è tutta da dimostrare.
Continua la ormai preoccupante tendenza del Legislatore a sfornare decreti omnibus che, ormai con cadenza quasi semestrale, si affacciano sulla nostra Gazzetta Ufficiale, con grande scoramento di interpreti, operatori e commentatori. Dopo i vari decreti “Sblocca Italia”, “Salva Italia”, “Cresci Italia”, “Semplifica Italia”, è arrivato il turno del nuovo “Investment Compact”, fastidiosa denominazione in lingua inglese, che riprende il desolante lessico correntemente impiegato nel settore degli affari.
Un vecchio detto inglese recita “when in doubt, jargonize” (“in caso di dubbio, usa termini specifici e poco comprensibili”): in effetti, al di là del maquillage estetico, il testo sembra riprendere le virtù e (soprattutto) i vizi dei precedenti interventi legislativi, spesso approssimativi e poco coerenti. L’Italia è dotata di apposite norme in materia di qualità e semplificazione nella produzione normativa, che sembrano però essere accantonate in occasione di questi patchwork di norme “emergenziali”.
Gli interventi
In attesa del Consiglio dei Ministri del 20 gennaio, in cui verrà esaminato lo schema di Decreto Legge, circolano online alcune bozze, liberamente consultabili. Vediamo quindi di seguito le principali novità introdotte dal Legislatore, in versione ovviamente non definitiva (l’elenco, data la frammentarietà degli interventi, non può per sua natura essere esaustivo):
Start-up e innovazione
Il Legislatore prosegue nel suo sforzo di agevolare la nascita di imprese innovative, che ha portato, nel corso del tempo, alla creazione di norme specifiche per il crowdfunding (con l’introduzione del primo caso in Italia di quote di S.r.l. negoziabili) e con l’introduzione di alcune specifiche deroghe alla disciplina societaria (tra cui la sospensione, in determinati casi, dell’applicazione di norme quali, ad esempio, l’articolo 2447 del c.c.).
Questa volta è il turno dell’introduzione delle c.d. “Pmi innovative”, che avranno a propria disposizione un’apposita sezione del Registro delle Imprese e che potranno beneficiare delle agevolazioni fiscali e societarie affastellatesi col tempo. Si ricorda che, similmente alle c.d. “start-up innovative” le Pmi innovative avranno le seguenti caratteristiche:
E’ poi prevista l’estensione dei benefici alle start-up innovative estere (con filiale o sede produttiva in Italia) e viene inoltre emendata la recentissima disciplina in materia dicrowdfunding, estesa ai soggetti che investono in start-up innovative (es. fondi).
Come si può notare, la materia è stata costruita “a blocchi”, con disposizioni estemporanee partorite nel contesto di diversi D.l.; a questo punto si potrebbe anche ipotizzare la nascita di un “Testo unico delle imprese innovative”, che possa quantomeno racchiudere e razionalizzare la copiosa e magmatica normativa stratificatasi nel tempo. Con l’occasione, forse, si potrebbe anche pensare di intervenire con qualche ulteriore misura di agevolazione per gli spin-off universitari, introdurre qualche disposizione di supporto alla brevettazione delle invenzioni scientifiche partorite dai nostri ricercatori e, anche per questioni sistematiche, tentare di scindere la disciplina delle start-up innovative da quella delle imprese con finalità sociale.
“Patent box”
La bozza di decreto innova la recentissima disciplina del patent box, che pure è stata introdotta da pochissimo tempo (Legge di Stabilità 2015).
La novità della materia giustifica un breve riepilogo della disciplina. In termini generali, il patent box è un regime agevolato opzionale di tassazione che può essere applicato ai redditi derivanti dalle opere dell’ingegno, brevetti, marchi di impresa. In estrema sintesi, il complesso di norme consente di ottenere una parziale esenzione da alcune imposte (Ires e Irap) applicabili ai proventi derivanti dallo sfruttamento di brevetti industriali ed altri beni immateriali.
La bozza di decreto estende il regime del patent box anche allo sfruttamento di marchi commerciali, ridefinendo inoltre la modalità di quantificazione dell’agevolazione. L’intento è lodevole, ma l’incertezza in materia fiscale è già alta ed, evidentemente, interventi di riforma a distanza di pochi mesi non aiutano a generare un clima di fiducia negli operatori.
Grandi investimenti
L’Investment Compact introduce una disposizione di “scudo” applicabile a chi investa in Italia con un piano di investimento pluriennale da almeno 500 milioni di euro. Questi soggetti possono raggiungere un accordo con la p.a. che, in estrema sintesi, impedisca l’applicazione (anche retroattiva) nei propri confronti di cambiamenti di normativa (in particolare quella fiscale). Questa norma avrebbe l’intenzione di “stabilizzare le aspettative degli investitori sul Paese”.
Ci sarebbe molto da dire su questa norma e non si ha in questa sede (purtroppo) né il tempo né lo spazio. Ci si limita a qualche appunto. In primo luogo, un principio di civiltà giuridica generale viene ridotto a misura eccezionale al servizio dell’investitore estero. In seconda battuta, la norma crea regimi normativi differenziati applicabili alle medesime iniziative imprenditoriali, creando di fatto una sperequazione di diritti applicabili ad “investitori di serie A e B”. Da ultimo, la reale efficacia della norma è minima, poiché la fonte della stessa è la legge ordinaria: nulla sembra vietare, dunque, che un provvedimento successivo disponga l’inverso e, come noto, lex posterior derogat anteriori.
Obbligazioni
La politica economica degli ultimi due governi, in tempi di ristrettezze economiche, è fortemente orientata: (i) alla pur nobile intenzione di spostare il peso dell’investimento economico dallo Stato ai privati; e (ii) tra i privati, ad allargare la platea degli investitori dalle banche ad altri soggetti (fondi di investimento, risparmio dei cittadini etc.).
Lo strumento principe impiegato dal governo è quello dell’obbligazione (rimarchiata “bond”, sempre in ossequio al lessico degli affari oggi in voga), declinata nelle categorie dei “Minibond” e “Project bond”. Con l’Investment Compact si introduce la nuova figura del “Social bond”, l’emissione obbligazionaria a sostegno di progetti con finalità etico-sociale, con scadenza a medio/lungo termine (più di 18 mesi), incentivata con le ormai consuete agevolazioni fiscali. Sempre in materia di obbligazioni, si registra un nuovo intervento di “affinamento” sull’articolo 46 del Testo Unico Bancario, già di recente emendato per estendere l’attribuzione del privilegio speciale bancario per i finanziamenti alle imprese.
La bozza di decreto “semplifica” le modalità di costituzione delle garanzie che assistono tali strumenti finanziari, agevolandone l’utilizzo da parte delle società italiane. In sostanza, come recita la relazione illustrativa, l’intervento non ha portata innovativa, ma si limita ad eliminare alcuni disallineamenti tra norme che erano emersi con la prima modifica del Tub (la quale tra l’altro, ha modificato l’articolo 46 estendendo il privilegio speciale a soggetti ai quali il Testo Unico tendenzialmente non è applicabile, con scelta discutibile sotto il profilo sistematico).
Albo unico per i consulenti finanziari
Una sana dose di realismo ha convinto il Legislatore a riorganizzare il sistema della vigilanza applicabile ai consulenti finanziari, che sino ad oggi prevedeva la costituzione di un Organismo economicamente indipendente, che non ha mai visto la luce.
L’Investment Compact, al riguardo, intende replicare la più fortunata esperienza dell’Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, e prevede la costituzione di un unico Organismo di diritto privato che inglobi la vigilanza su consulenti e promotori finanziari (e sia da questi finanziato).
In estrema sintesi, l’attuale Albo dei Promotori Finanziari sarà tramutato in un Organismo, con forma di associazione, che gestirà un albo suddiviso in tre distinte sezioni:
Da ultimo, il decreto interviene sulla legge fallimentare con alcune novità:
Insomma, in un periodo di crisi economica e credit crunch si poteva forse scegliere una strada alternativa per incentivare il mercato del credito alle imprese in difficoltà, anche in considerazione del messaggio sociale non proprio edificante trasmesso da questo nuovo istituto che, utilizzando il lessico business, ci piacerà chiamare “vulture lending” (finanziamento avvoltoio).
Strumenti di supporto alle imprese
Chiudiamo infine con una brevissima elencazione di norme “tecniche” di generale supporto agli investimenti:
In questa situazione di perenne incertezza e fibrillazione starà come sempre agli interpreti (professionisti, giudici, accademici) tenere traccia della furia del Legislatore, della sua ansia di voler tutto normare, tutto stravolgere, tutto riformare.