LIBRI
Amadeo Giannini, “il banchiere Galantuomo” che fondò la Bank of Italy
Giovanni Parrillo
Parrillo

Presentato a Roma il volume di Giorgio A. Chiarva, “Il banchiere Galantuomo. Amadeo P. Giannini, da emigrante a padrone del mondo”, che ricostruisce i primi anni dell’attività del fondatore della Bank of Italy, poi divenuta il colosso mondiale Bank of America

Aiutare le persone più deboli finanziando le attività degli immigrati senza preoccuparsi troppo delle garanzie che questi potevano dare, ma valutando solo la loro volontà di crescere. Questa la filosofia che portò Amadeo P. Giannini a creare in California la Bank of Italy, che diverrà quaranta anni dopo, come Bank of America, la capofila del più grande gruppo bancario di tutti i tempi. Filosofia che è stata ben interpretata nel volume “Il banchiere Galantuomo” di Giorgio A. Chiarva, presentato a cura dell’Associazione “Visioni e Illusioni” da Ettore Spagnuolo, e dell’Istituto di Cultura Bancaria “Francesco Parrillo” da Mario Cataldo, a Palazzo Altieri, presso la sede di rappresentanza di Banco BPM.

Il mondo stava cambiando, in California la corsa all’oro aveva attirato centinaia di migliaia di immigrati. Luigi e Virginia Giannini erano fra questi e cercavano la fortuna come tutti gli altri. Il loro primo figlio si chiamerà Amadeo Peter, Appi per gli amici. Appi a soli 32 anni fondò dunque a San Francisco la Bank of Italy che divenne un colosso finanziario. Per arrivare a questo risultato Amadeo P. Giannini seguirà una sua filosofia totalmente diversa da quella fino a quel tempo utilizzata dalle banche americane, guardando agli affari, certamente, ma ponendosi sempre nell’ottica di aiutare le persone più deboli.

Ernesto Auci, nel guidare il convegno di presentazione del volume, si è soffermato su tre aspetti che caratterizzarono Giannini: la sua origine di emigrante; la sua concezione speciale della banca; la sua mistica del lavoro. Non v’è dubbio infatti che Giannini, figlio di emigranti, avesse ben presente la durezza della vita di quelle persone e avesse come imperativo categorico quello di aiutare gli emigrati a migliorare le loro condizioni.

Il volume fornisce un mirabile esempio di questa convinzione nella scena delle dimissioni di Giannini dalla sua prima banca, fondata dal suocero, per un’insanabile divergenza di opinioni. Le pagine, lette da Pamela Villoresi, hanno emozionato l’assemblea, composta da autorità come il presidente della Corte Costituzionale, banchieri e personalità del mondo della cultura come Giuliano Montaldo, ispiratore di Chiarva per la realizzazione del volume, che nel suo intervento ha invitato tutti al coraggio che animava i migranti italiani per ritrovare lo sviluppo e il ruolo culturale che compete all’Italia.

Ecco la filosofia di Giannini, nella ricostruzione di Chiarva nella seduta che lo portò alle dimissioni da direttore della sua prima banca “… Due settimane fa è venuto a parlarmi un mio vecchio conoscente che ha un bel campo, molto ben esposto, sulla strada verso San Josè. È venuto per chiedermi dei soldi, perché vuole trasformare il suo campo di ortaggi in un vigneto. La sua famiglia in Italia produce vino da due generazioni, un ottimo vino e lui ha capito che quei terreni potrebbero dargli grandi soddisfazioni, e io ci credo. Mi ha chiesto duemila dollari” … “Non è un grande importo, ma so anche che questa banca non è attrezzata per questo genere di affari. Questa banca ha 187 clienti ai quali abbiamo affidato più dell’80% della nostra liquidità. A fronte di ciò abbiamo garanzie pari al 210% dell’affidato. Siamo in una botte di ferro. Il rimanente 20% della liquidità sta aspettando che qualcuno, che deve essere nativo americano da almeno de generazioni, ci chieda un prestito dando in garanzia il doppio di quello che ci chiede. Infatti al mio amico non ho potuto rispondere positivamente. I soldi glieli ho dati io personalmente” … “Io credo, sono fortemente convinto, che le banche, anche questa banca, abbiano una funzione sociale, che siano il traino dello sviluppo della nazione. Le banche devono diventare la forza nella quale la società economica può far conto per iniziare o allargare la propria attività, le banche devono guidare lo sviluppo, perché così facendo si creeranno nuove opportunità, nuovo lavoro per chi oggi ne è senza, e quindi nuovo lavoro anche per le banche. Io non vedo, in questa città e neppure negli altri Stati, nessuna banca che è disponibile a finanziare nuove attività economiche e questo io lo ritengo sbagliato. Sono perfettamente conscio dei rischi a cui si andrà incontro, ma ho grade fiducia e sono certo che in questo modo la nostra banca potrà avere quella funzione economica e sociale di cui il nostro paese ha bisogno”. A fronte di queste insanabili divergenze Giannini si dimise è fondò la Bank of Italy nel 1904.

Nel 1906 La Bank of ltaly, dopo soli sei giorni dal terremoto di San Francisco, la mattina di martedì 24 aprile 1906 riaprì i battenti. Giannini collocò una sede di fortuna nella casa del fratello medico, nella centrale Van Ness Street. Sull’ingresso pose un’insegna bruciacchiata della Bank of ltaly, che era riuscito a recuperare. Bene in vista collocò anche un grande cartello che recava la scritta: “Prestiti come prima, più di prima”, business as usual, insomma. La sede provvisoria fu presa letteralmente d’assalto da una folla di sinistrati bisognosi di tutto che ritiravano i depositi o chiedevano prestiti. Giannini distribuiva i nuovi prestiti senza sosta, prendendo ricevute firmate su semplici foglietti di carta.

Pierluigi Ciocca, nel ricostruire la vicenda di Giannini ha sottolineato come il geniale banchiere beneficiò di due condizioni particolari. Da un lato, l’arretratezza del sistema bancario americano, pletorico, mal vigilato, poco solido. Una concorrenza molto modesta, insomma. Dall’altro l’eccezionale crescita dell’economia USA nel primo ventennio del Novecento. La seconda rivoluzione industriale americana è stata la maggiore di tutte per intensità di crescita, superiore anche alla terza (computer) e alla quarta (ITC, robotica, big data). La banca di Giannini era dunque molto ben amministrata e superò la crisi degli anni ’20 e ’30 quando nel paese fallirono ben 15.000 banche. Giannini condivideva anche alcune idee del presidente F.D. Roosevelt, come quella della necessità di separazione fra banca commerciale e banca d’affari, che trovò poi sistemazione nella legge bancaria americana, il  Glass – Steagall Act del 1933. Ciocca ha anche ricordato come la mobilità sociale – di cui Giannini è la massima espressione- sia stato il primo fattore di sviluppo negli USA, e che questo elemento non è più presente come prima, anzi si registrano indici di concentrazione della ricchezza e dei redditi da paese sottosviluppato.

Il successo della straordinaria vita di Giannini è fondato sulla sua incredibile onestà, sull’etica e sulla sua visione moderna del futuro, quel futuro che stava arrivando a grande velocità. “Questa è la storia di un gigante del XX secolo, l’uomo che creò un nuovo modo di lavorare e di fare banca, le cui fondamenta erano onestà ed etica e il cui motore era una spiccata visione del futuro”. Così nel suo romanzo, basato però strettamente e solamente su fatti reali e documenti, Giorgio A. Chiarva – architetto e industriale del legno e scrittore per passione – descrive in conclusione la straordinaria avventura di Giannini, gigante della finanza americana, che tenne testa “ai banchieri dell’Est”, J.P. Morgan, Rockefeller e Rothschild.