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FINANZA
Allarme sulla crescita del private credit

Dalla Sec alla Fed di Boston a Moody's, nascono molti interrogativi sul boom che il credito privato ha avuto negli ultimi anni a livello globale. E sulle sue interconnessioni potenzialmente rischiose

Paola Pilati

Una bolla? Una miccia accesa nelle fondamenta del sistema finanziario globale? Un network di attività fuori dal controllo dei regolatori che mette a rischio tutti quelli che vi partecipano: investitori, fondi pensione e sovrani, aziende, risparmiatori?

È questo, variamente declinato, l’allarme che sta montando intorno al settore del private credit, ossia l’attività di prestare denaro privatamente, fuori dei tradizionali canali bancari, che da attività di nicchia è cresciuta molto negli ultimi anni.

La SEC ha già acceso un faro sulle ultime operazioni –  dalla Barclays Bank al Fondo Apollo – e la Federal Reserve di Boston, in un paper recente, oltre registrare che negli Usa il private credit è cresciuto dai 46 miliardi di dollari dal 2000 a oltre un trilione del 2023, ha concluso che poiché le banche hanno avuto un grande ruolo nel procurare liquidità a quel sistema, possono essere anche loro esposte ai rischi rappresentati dai prestiti privati.

Uno studio di Moody’s Analytics va ancora più in là e chiede che sulle interconnessioni che oggi avvolgono banche e mondo, sempre più evoluto, del private credit, siano le autorità finanziarie a intervenire, estendendo alcune regole della supervisione a questo nuovo sistema e monitorando la concentrazione dei rischi che ne stanno nascendo.

Non sono solo le banche a rischiare. I portatori d’acqua al private credit includono anche molti investitori istituzionali come fondi pensione, assicurazioni, fondi sovrani, attirati dai rendimenti più alti di quelli del mercato e dai tempi lunghi di rientro del capitale, fatti apposta per questi “investitori pazienti”.

A livello globale il mercato del credito privato, fatto di fondi chiusi, intermediari finanziari non bancari, finanza di progetto, credito la consumo, club deals e via dicendo, ha raggiunto i 2 trilioni di dollari, per i tre quarti negli Usa, ma anche l’Europa fa la sua parte, perché dal 2010 al 2023 è passata dai 25 miliardi di dollari a 263 miliardi.

I clienti ideali del private credit sono le aziende di medie dimensioni, troppo piccole per poter accedere al mercato dei bond e spesso in difficoltà a ottenere dalle banche buone condizioni per un prestito. Con il prestito di privati tutto è più facile: le condizioni, la velocità dei fondi, i collaterali richiesti, i termini di rimborso.

Quello che l’analisi di Moody’s vuole rendere evidente sono soprattutto le connessioni che si sono create negli ultimi anni tra il sistema finanziario privato e quello tradizionale. Prima della grande crisi finanziaria i due mondi avevano una struttura “hub and spoke”, con le banche al centro e le non-banche alla periferia.

Ora tutto è cambiato: le interconnessioni di questi due mondi assomigliano piuttosto alla rete web, dove banche e private credit compaiono spesso associati, per esempio in molte operazioni di acquisizioni a debito, o con sovrapposizioni degli stessi clienti su entrambi i fronti. L’obiettivo è quello di “disperdere” il rischio in mille rivoli.

Che cosa succederebbe quindi se ci fosse il default di un prestito in un fondo di private credit? Che gli investitori si precipiterebbero a chiedere il rimborso e per rifornirsi di liquidità i fondi ricorrerebbero alle linee di credito delle banche, la qual cosa potrebbe condizionare in peggio le condizioni del credito per altri, in un circolo vizioso.

Insomma, la prossima crisi finanziaria potrebbe partire proprio dalla crisi di liquidità di questa nuova porzione del sistema finanziario. Aggravata dall’opacità del sistema, che rende difficile individuare quali sono i nodi del reticolo e quindi rallentando l’intervento.

“La natura dei collegamenti sistemici nell'erogazione del credito, sia nei mercati corporate che, sempre più, anche in altri, è cambiata dopo la crisi finanziaria globale”, avverte in conclusione Moody’s. “Abbiamo probabilmente ridotto l'importanza sistemica delle banche, ma aumentato la complessità e l'opacità della rete creditizia più ampia. L'ascesa del credito privato è emblematica di questo cambiamento: ha migliorato l'accesso al credito per le imprese non finanziarie e distribuito il rischio. Tuttavia, ha anche creato un sistema intricato e interconnesso in cui lo stress potrebbe propagarsi in modi imprevisti. L'effetto netto è che il rischio sistemico non è scomparso; si è evoluto, richiedendo strumenti aggiornati e un monitoraggio attento”. 
Banche centrali e autorità per la stabilità finanziaria sono chiamate in causa per incorporare anche il private credit nel loro osservatorio sul rischio sistemico. Ma senza soffocare un’industria finanziaria di cui ormai non si può più fare a meno.

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