L’intermediario è tenuto a dimostrare “in concreto” di aver fornito tutte le informazioni dovute, provando di aver assolto gli obblighi d’informazione preventiva in modo non meramente formalistico e rituale (cfr., tra le tante, in questo senso, decisione n. 6859 del 29 settembre 2023). Nel caso di specie, le informazioni concretamente fornite sono marginali e secondarie, dunque non sufficientemente esplicative, essendo menzionato solo l’alto rischio emittente, non corredato, però, da una scala di valori a cui poter fare riferimento, ovvero descrittive del tipo specifico di strumento finanziario, così da consentire al ricorrente di poter cogliere caratteristiche e implicazioni di un siffatto investimento. Né può considerarsi sostitutiva o confermativa dell’idoneità delle informazioni l’auto-dichiarazione rilasciata dalla disponente, apposta sul retro del modulo d’ordine. Il Collegio ha affermato che, al di là del fatto che è ragionevole ipotizzare che una tale dichiarazione sia stata redatta con l’ausilio, se non su sollecitazione, del personale dell’intermediario presente al momento dell’ordine, il testo della stessa riveste carattere essenzialmente auto-valutativo, senza nessun tipo di verifica sull’attendibilità di tali dichiarazioni da parte dell’intermediario. Le dichiarazioni d’intonazione auto-valutativa sono da ritenersi bandite dalla normativa di settore e dalle Linee Guida dell’Esma in materia di valutazione di adeguatezza, dal momento che esse sovvertono lo stesso processo di investimento, che impone all’intermediario, anzitutto, di fornire al cliente le informazioni dovute, poi di raccogliere in modo costruttivamente critico le informazioni rese dal cliente (in termini non autovalutativi ed opportunistici) e, in base alle informazioni così raccolte, richiede, infine, di effettuare la valutazione di appropriatezza o di adeguatezza, a seconda dello specifico servizio di investimento prestato.