Gli obblighi di correttezza e buona fede ex art. 21 del TUF assumono una duplice anima, in quanto sono funzionali alla tutela sia dell’interesse del cliente che del mercato, rappresentando un ideale punto di confluenza di un sistema di protezione che è diretto alla tutela di interessi individuali e generali: le regole che prevedono i requisiti per le attività degli emittenti e degli intermediari e che disciplinano i prodotti e strumenti finanziari concorrono ad assicurare le condizioni di un mercato finanziario efficiente, nel quale è essenziale preservare la libertà, oltre che la consapevolezza, delle scelte di investimento. In tale contesto, il punto di equilibrio si è andato progressivamente a spostare sulla centralità della figura del cliente/investitore, in linea con l’accresciuta rilevanza della persona e dei suoi diritti fondamentali anche nell’esercizio di poteri e facoltà a contenuto patrimoniale. Tuttavia, poiché tra i fattori di rischio per la salvaguardia di tali valori un posto preminente spetta allo svantaggio informativo di una parte a favore dell’altro contraente, tuttora le regole di comportamento, inderogabilmente imposte dagli obblighi generali di correttezza, si traducono essenzialmente in doveri di informazione. L’evoluzione della disciplina in questa materia ha rafforzato l’esigenza che i comportamenti cui sono tenuti gli intermediari nella fase precontrattuale e, dove previsto, anche esecutiva del rapporto, siano modulati sull’attenzione al dato reale, sicché l’intermediario, in ogni caso, è tenuto a verificare la rispondenza del prodotto offerto alle reali esigenze di investimento del cliente, oltre che all’interesse concreto che questi persegue. La realizzazione di tale obiettivo è affidata ad una griglia predeterminata di vincoli formali che, tuttavia, richiedono un’applicazione in chiave funzionale: l’attività di profilatura, che deve essere compiuta anche verificando l’attendibilità delle risposte ai questionari, e la coerenza del quadro informativo con gli elementi obiettivi riguardanti il cliente, noti all’intermediario o che, comunque, quest’ultimo avrebbe potuto e dovuto conoscere. Se correttamente eseguita, la profilatura consente, dunque, all’intermediario di svolgere, con la necessaria attendibilità, la valutazione dell’adeguatezza – se il contratto di investimento include il servizio di consulenza – e di appropriatezza dell’investimento e consente al cliente di orientare consapevolmente le proprie scelte di investimento, senza subire alcun deficit informativo sulle caratteristiche dello strumento finanziario. Oltretutto, il cliente conserva l’autonomia di scegliere un prodotto ancorché non adeguato o non appropriato, senza responsabilità alcuna dell’intermediario, se questi abbia provveduto a dargliene previo avviso, con modalità oggettive e verificabili. L’Arbitro ha ripetutamente richiamato l’attenzione degli intermediari nel considerare eventuali situazioni di vulnerabilità del cliente, ad esempio, ritenendo non legittimamente elaborato un profilo di rischio che, a fronte di un livello di istruzione modesto, contenga l’affermazione della conoscenza di prodotti finanziari complessi, ovvero, in ipotesi di età avanzata del cliente, prospetti l’interesse a un investimento di lungo periodo. Si tratta, tuttavia, di situazioni direttamente rilevanti nella prestazione cui è tenuto l’intermediario, giacché concretizzano il dovere di diligenza dell’obbligato, sia definendone l’estensione, sia costituendo il criterio di valutazione dell’esattezza della prestazione.