Si profila un uso opportunistico dell’eccezione di falsità della firma quando il ricorrente si limita a denunciare il carattere apocrifo delle sottoscrizioni solo per le operazioni concluse con perdite e non anche rispetto a operazioni che fanno parte della stessa asserita gestione di fatto e occulta, che presentano profili di rischiosità analoghi a quelli delle operazioni contestate, ma che hanno, tuttavia, determinato l’acquisizione di proventi anche significativi. Nel caso di specie, la perizia grafologica depositata agli atti per dimostrare il carattere apocrifo delle sottoscrizioni non è sufficiente per contestare la riferibilità degli ordini al ricorrente: se anche si volesse assumere provata la falsità della sottoscrizione, e ritenere dunque dimostrato che le relative operazioni sono state eseguite su iniziativa del consulente, la circostanza che tali operazioni fossero, comunque, ben note da tempo al ricorrente, anche in ragione della regolare trasmissione dei rendiconti da parte dell’intermediario, consente di ritenere che le stesse siano state, comunque, ratificate, rendendo così del tutto tardivo l’opportunistico disconoscimento delle sottoscrizioni apposte in calce agli ordini.