Dalla Banca d’Italia nuove norme su remunerazioni e incentivi negli istituti di credito. Per adeguarsi a regole e meccanismi di vigilanza comunitari. Così variano struttura della remunerazione, ruolo dell’assemblea e retribuzioni. Secondo un principio di proporzionalità che distingue su scala banche e compensi del personale
Il 19 novembre scorso la Banca d’Italia ha pubblicato le nuove Disposizioni in materia di politiche e prassi di remunerazione e incentivazione nelle banche e gruppi bancari, che integrano le norme previgenti e si innestano (come capitolo II) nel Titolo IV della Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 dedicato alla materia dell’organizzazione e del governo societario.
La revisione, che interviene a distanza di pochi anni dall’emanazione delle Disposizioni vigenti (del 2011), mira in primo luogo ad adeguare il quadro normativo nazionale alle regole poste dalla Direttiva 2013/36/Ue (cd. Crd 4) – che, come noto, ha innovato il regime prudenziale e organizzativo applicabile alle banche e imprese di investimento. Le nuove disposizioni, pur lasciando salvo l’impianto e i principi sottostanti al regime previgente, si iscrivono peraltro nel contesto di una normativa in continua evoluzione, caratterizzata, specie nel settore bancario e finanziario, dal susseguirsi di interventi e regole sempre più stringenti – che confermano la perdurante attenzione sul tema del legislatore e dei supervisori (nazionali ed europei). E’ del resto ormai acquisita la centralità del sistema retributivo nell’ambito dell’assetto organizzativo e di governance societaria, quale elemento condizionante l’efficacia e adeguatezza di quell’assetto e, in definitiva, la sana e prudente gestione dell’intermediario.
Gli obblighi di recepimento della direttiva hanno in effetti rappresentato l’occasione per un più organico intervento di aggiornamento, resosi opportuno anche al fine di coordinare le Disposizioni vigenti sia con le nuove norme in materia di governo societario (v. Cap. I, Titolo IV della Circolare citata) che con l’avvio del Single Supervisory Mechanism. A tale ultimo riguardo, il Regolatore ha peraltro ritenuto opportuno, per evidenti esigenze di semplificazione, allineare la categoria delle banche “maggiori” (soggette all’intero corpus normativo) con quella di banche “significant” oggetto della vigilanza accentrata della Bce.
Le Disposizioni intervengono su taluni profili in particolare, quali: (i) la struttura della remunerazione, imponendo un cap al rapporto tra componente fissa e variabile, e chiarendo alcuni aspetti in merito alla composizione di quest’ultima; (ii) il ruolo dell’assemblea, a cui è riconosciuto, tra l’altro, il potere di elevare il limite sub (i) nel rispetto di talune condizioni; (iii) i meccanismi di correzione ex post dei compensi variabili (malus e claw-back), resi più incisivi e ancorati a nuove condizioni (legate alla “qualità” della condotta del beneficiario).
Regole e precisazioni ulteriori, non discendenti dal recepimento della Crd IV, sono ancora dettate in punto di (iv) compensi di fine carica, sia in punto di competenza a deliberarli che di criteri per la loro determinazione; (v) remunerazioni per particolari figure aziendali (quali il presidente dell’organo con funzione di supervisione strategica); (vi) remunerazione variabile garantita.
Quanto all’ambito di applicazione delle Disposizioni, queste – come le precedenti – si ispirano al principio di proporzionalità. Per un verso, esso rileva ai fini della tripartizione delle banche interessate (in maggiori, intermedie e minori) – la quale gradua l’applicazione della disciplina in base alle caratteristiche dimensionali e operative dell’ente, nonché alla rischiosità dell’attività svolta – rispetto alla quale si individuano taluni elementi utilizzabili come “indici di proporzionalità” (dimensione degli attivi, appartenenza a un gruppo, struttura proprietaria, prestazione di servizi di investimento) e si precisa la misura entro cui gli intermediari di ciascuna categoria sono soggetti alla disciplina de qua (fermo il rispetto dei principi ad essa sottostanti). Per altro verso, posta la distinzione tra regole applicabili a tutto il personale e al solo personale più rilevante (risk-takers), le norme riformano e chiariscono i criteri per l’identificazione di questi ultimi – rimessa alle singole banche – rinviando ad appositi Rts dell’Eba.
Una novità di rilievo è costituita dall’imposizione di un limite massimo (pari a 1:1) al rapporto tra componente fissa e variabile del compenso del personale più rilevante (da definire peraltro ex ante, in base a un valore target della seconda). La previsione di un cap puntualmente determinato, che rientra tra le regole più stringenti applicabili ai soli risk takers, innova rispetto al regime previgente – che poneva il solo principio, pur mantenuto, dell’“opportuno bilanciamento” tra dette componenti – e vuole costituire un presidio a tutela dell’adeguatezza della remunerazione, volto a contenere il peso relativo della componente variabile sul totale e ad evitare il ricorso a compensi variabili eccessivi, i quali potrebbero stimolare la conduzione di gestioni eccessivamente rischiose e risolversi in un aumento della retribuzione complessiva.
Esercitando una discrezionalità riconosciuta dalla Direttiva agli Stati Membri, le Disposizioni attribuiscono comunque all’assemblea il potere di elevare, con quorum qualificati, il suddetto rapporto – ove lo statuto lo preveda – fino a un massimo di 2:1. La scelta normativa introduce dunque un margine di flessibilità nell’impianto regolamentare, così contemperando l’interesse pubblico ad imporre regole a tutela della stabilità dell’ente (e del sistema) con le esigenze di salvaguardia dell’autonomia sociale. La delibera è peraltro circondata di particolari cautele, tra cui: (a) l’obbligo di astensione dalla votazione per il personale destinatario del compenso oggetto del deliberato – al contempo azionista –, al fine di evitare indebiti conflitti d’interesse; (b) una puntuale informativa, ex ante (sulla proposta da sottoporre all’assemblea) ed ex post (sulla decisione assunta) che l’organo di supervisione strategica (c.d.a. o consiglio di sorveglianza) deve rendere all’Autorità di Vigilanza (Banca d’Italia o Bce). Viene infine sancito un obbligo di informativa “almeno annuale” all’assemblea, con rinvio agli obblighi di disclosure previsti dal Regolamento (cd. Crr) n. 575/2013 (art. 450).
Sempre in punto di struttura della remunerazione, uno specifico cap (pari a un terzo) è posto al rapporto tra componente fissa e variabile del compenso dei membri (più rilevanti) delle funzioni aziendali di controllo (così definite, in coerenza con le disposizioni in tema di controlli interni), in linea peraltro con il principio di eccezionalità dei compensi variabili (in ogni caso contenuti) per tale categoria di personale. Le Disposizioni intervengono inoltre sulle remunerazioni del presidente dell’organo di supervisione strategica, il cui ammontare – comunque coerente con il ruolo svolto – non può eccedere il compenso fisso riconosciuto al vertice dell’organo di gestione (a.d. o d.g.), salva una diversa decisione assembleare (adottata con quorum rafforzati).
Alcune precisazioni sono ancora operate in merito alla struttura dei compensi variabili, con riferimento al tipo e alle caratteristiche degli strumenti finanziari attribuibili (con rinvio ad appositi Rts dell’Eba), periodo di retention, misura e durata del relativo differimento.
Un ulteriore profilo interessato dalla revisione concerne i meccanismi di correzione ex post per le remunerazioni variabili (malus e claw-back), che sono rafforzati al fine di colpire in modo più efficace comportamenti inadeguati, colposi o fraudolenti dei beneficiari. Nella specie, le nuove norme ancorano la loro attivazione anche ad indicatori qualitativi, connessi all’operato del gestore (comportamenti determinanti perdite significative per la banca, la violazione di norme prudenziali, comportamenti dolosi o gravemente colposi), i quali si affiancano ai presupposti di tipo quantitativo (legati al mancato o insufficiente raggiungimento dei risultati) già previsti dalle disposizioni vigenti. Sono altresì introdotte precisazioni volte a salvaguardare l’efficacia di tali meccanismi nel caso di personale cessato dalla carica e assunto in altra società, escludendo espressamente che il nuovo datore di lavoro possa compensare l’interessato di riduzioni o azzeramenti dei compensi riconosciuti per l’impiego precedente (e derivanti da clausole di malus o claw-back), ciò che indebolirebbe il necessario legame tra compenso e performance.
Le nuove Disposizioni affrontano anche il tema della remunerazione variabile garantita, di cui consentono l’erogazione solo eccezionalmente, a favore del personale neo assunto e limitatamente al primo anno d’impiego – tenuto conto che detta specie di compenso si discosta dal generale principio di collegamento tra remunerazione, performance e rischi.
Con una norma non prevista dalla Crd IV, viene inoltre innovata la disciplina dei cd. golden parachutes, la cui approvazione – limitatamente ai criteri e limiti per la loro determinazione (compreso l’ammontare massimo) – è demandata all’assemblea, così assicurando un adeguato coinvolgimento degli azionisti al riguardo. Confermata la natura di remunerazione variabile di tali compensi– invero collegati alla performance e ai rischi assunti – sono introdotte talune deroghe alla disciplina in genere applicabile alla componente variabile, connesse ad operazioni straordinarie o a processi di ristrutturazione aziendale con precise finalità (contenimento dei costi, razionalizzazione del personale), sul presupposto che, in casi simili, non si pone un problema di (salvaguardia del) corretto funzionamento degli incentivi.
Il nuovo Capitolo disciplina infine la (struttura della) remunerazione degli agenti in attività finanziaria, agenti di assicurazione e promotori finanziari (non anche dipendenti della banca), che si aggiungono ai principi generali sottostanti al corpus normativo in esame e si giustificano alla luce della specificità della remunerazione di tali soggetti, in genere interamente variabile.
Il nuovo impianto normativo si caratterizza, in definitiva, per regole dettagliate e spesso particolarmente incisive, che l’Autorità ha però inteso contemperare – entro i margini di discrezionalità lasciati dalla direttiva – con l’esigenza di salvaguardare l’autonomia sociale nella conformazione delle proprie politiche retributive. L’intervento vuole del resto fornire una rinnovata risposta alle criticità e agli eccessi rilevati nelle prassi retributive applicate dagli operatori, a conferma del carattere cruciale del tema e dei riflessi che un’adeguata o inadeguata conformazione delle remunerazioni può avere sugli equilibri economico aziendali (e sul sistema finanziario).
* Le opinioni espresse sono esclusivamente personali e non impegnano né coinvolgono in alcun modo l’Istituzione di appartenenza.