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A.B.F. e usura sopravvenuta: la decisione del collegio di coordinamento dopo il dictum delle sezioni unite

In relazione ad un contratto di finanziamento, il ricorrente lamentava l’usurarietà genetica, ovvero quella sopravvenuta, del tasso applicato e chiedeva la restituzione degli interessi, nonché delle spese e delle commissioni illegittimamente percepite dall’intermediario. Quest’ultimo, ritualmente costituito, dopo aver sollevato l’eccezione di irricevibilità del ricorso in quanto avente ad oggetto un contratto stipulato in un periodo esorbitante la competenza temporale dell’Arbitro bancario finanziario, deduceva nel merito la piena conformità del costo del finanziamento alle disposizioni vigenti al momento della conclusione del finanziamento e, in particolare, di quelle relative alla fissazione del tasso soglia antiusura; chiedeva, pertanto, il rigetto del ricorso.

Pierfrancesco Bartolomucci

Il Collegio partenopeo, investito della questione, dopo aver accertato la propria incompetenza temporale in relazione alla doglianza inerente la presunta usura genetica del prestito, si faceva comunque carico della questione relativa all’accertamento dell’usura sopravvenuta. Nel fare ciò, evidenziava la sussistenza di due divergenti orientamenti: il primo, assunto dal Collegio di coordinamento ABF nel 2014, volto a ritenere giuridicamente rilevante l’usura sopravvenuta, ed il secondo, assunto dalla recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2017, che invece ne ha sancito la sostanziale irrilevanza giuridica (per un commento alla sentenza, cfr. S. Alecci, Le Sezioni Unite ed il tramonto della “usura sopravvenuta”, in dirittocivilecontemporaneo, 2017; P. Bartolomucci, L’usura sopravvenuta al vaglio delle Sezioni Unite, in Giur. it., 2018, p. 40 ss.; Id., Usura sopravvenuta e principio di proporzionalità, Napoli, 2018;G. Carriero, Usura sopravvenuta. C’era una volta?, in Foro it., 2017, I, c. 3282 ss.; G. Fauceglia, L’usura sopravvenuta nella Cassazione Sezioni Unite n. 24675/2017: più interrogativi che risposte, in Banca, borsa tit. cred., 2018, 3, p. 310 ss.; G. B. Fauceglia, L’usura sopravvenuta nelle prospettive della giurisprudenza, della dottrina e dell’Arbitro Bancario Finanziario, in Riv. Notariato, 2018, p. 267 ss.; G. Guizzi, Le Sezioni Unite e il de profundis per l’usura sopravvenuta, in Corr. giur., 2017, p. 1495 ss.; G. La Rocca, Usura sopravvenuta e “sana e prudente gestione” della banca: le sezioni unite impongono di rimeditare la legge sull’usura a vent’anni dall’entrata in vigore, in Foro it., 2017, I, c. 3285 ss.; L. Morisi, Il tramonto dell’usura sopravvenuta, in Contratti, 2017, p. 640 ss.; S. Pagliantini, L’usurarietà sopravvenuta ed il canone delle SS.UU.: ultimo atto?, in Corr. giur., 2017, p. 1487 ss.; Id., L’usurarietà sopravenuta e la “terza via” delle S.U.: inammissibile in astratto, è soltanto concreta?, in giustiziacivile. com, 2017; Id., Dopo le Sezioni Unite: sulla cd. usura sopravvenuta ed un abuso del diritto che non c’è, in Nuova giur. civ. comm., 2018, p. 558 ss.; A. Pepe, Usura sopravvenuta, in Studium juris, 2018, p. 618 ss.; G. Salvi, L’irrilevanza dell’usura sopravvenuta alla luce del vaglio (forse) definitivo delle Sezioni Unite, in Nuova giur. civ. comm., p. 517 ss.; C. Robustella, L’usura sopravvenuta al vaglio delle Sezioni Unite. Una radicale soluzione, in Riv. trim. dir. econ., 2018, 2, p. 21 ss.; F. Valerini, Per le Sezioni Unite non c’è spazio per l’usura sopravvenuta: rileva soltanto il momento della pattuizione, in Dir. giust., 2017, p. 11 ss.).

Tenuto conto della sussistenza dei due divergenti indirizzi interpretativi, il Collegio territoriale ha inteso nuovamente rimettere la questione al Collegio di coordinamento, ai sensi dell’art. 8 del Regolamento per il funzionamento dell’Organo decidente dell’ABF.

L’ordinanza di rimessione non si è limitata a registrare la richiamata divergenza di vedute tra i due organismi di nomofilachia, ma – ricostruendo puntualmente le argomentazioni poste a fondamento di entrambe le prospettate soluzioni – ha tentato di porne in evidenza le rispettive criticità, offrendo peraltro una possibile ed ulteriore chiave di lettura per la ricostruzione del fenomeno.

Il punto nodale della critica mossa dal Collegio di Napoli poggia sulla rilevanza del principio di buona fede: così, per un verso, si ritiene discutibile il richiamo ad essa compiuto dalla decisione n. 77/2014, poiché essa esulerebbe da contesti “in cui difetta un contegno dal contenuto specifico dell’intermediario, ossia un atto idoneo a realizzare in sé elementi di contenuto del rapporto, atto del quale sia predicabile la scorrettezza” (con la conseguenza di poter concedere ampi margini di discrezionalità nel governo eteronomo del programma negoziale divisato dalle parti). Per altro verso, però, si censura non soltanto la chiusura delle Sezioni unite in ordine alla rilevanza stessa dell’usura sopravvenuta, ma anche dell’unica ipotesi dalla stessa contemplata in via eccezionale, riconoscendo una qualche rilevanza alla buona fede in executivis,ai sensi dell’art. 1375 cod. civ., la quale rileverebbe in relazione a particolari modalità della condotta del prestatore di denaro, di cui non possa non predicarsi la scorrettezza: “modalità queste … che potrebbero allora circoscriversi (con tutte le riserve del caso) forse alle sole peculiari azioni invasive, moleste ed aggressive poste in essere dalle società specializzare dell’attività di riscossione dei crediti in sofferenza delle banche”.

Il Collegio remittente, non ignorando il dibattito giurisprudenziale e dottrinale sorto all’indomani della legge di interpretazione autentica del 2001, successivamente ritenuto conforme ai principi costituzionali dai Giudici delle leggi, ha compiuto un ulteriore sforzo, tentando così di offrire una possibile ricostruzione del fenomeno, alternativa a quella tratteggiata dai due precedenti de quibus; per questa via ha ritenuto che “la valutazione della liceità delle dazioni successive di interessi usurari alla sola stregua dell’originaria pattuizione … contrasta con l’esigenza, da tempo avvertita ed enfatizzata dalla migliore dottrina civilistica, che l’oggetto del contratto integri i requisiti richiesti dall’art. 1346 c.c. … tanto al momento della sua conclusione, quanto nella fase di sua esecuzione o, in altri termini, «al momento dell’efficacia» dell’accordo; donde si deduce che, mentre la carenza originaria di tali requisiti si riflette sulla validità del negozio, la loro sopravvenuta mancanza può comportare, in presenza dei relativi presupposti, le conseguenze indicate dagli artt. 1256, 1258, 1463, 1464 c.c.”.

Investito della questione, il Collegio di coordinamento con la decisione in epigrafe non ha inteso entrare nel merito della stessa, ma si è limitato a sottolineare – in via pregiudiziale – che la decisione delle Sezioni unite in subiecta materia fosse tale da inibire qualsivoglia scostamento da parte dello stesso organo. In particolare si è sostenuto che “l’ABF è tenuta a decidere secondo diritto; al vertice della giurisdizione in Italia è posta la Suprema Corte di Cassazione, cui la legge fondamentale sull’ordinamento giudiziario del 30 gennaio 1941, n. 12 (art. 65) attribuisce la funzione di assicurare «l’esatta osservanza, l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni»; questa funzione è espletata in modo precipuo dalle Sezioni Unite. A ciò consegue che sarebbe davvero singolare che il Collegio di coordinamento sostanzialmente «riformasse» una decisione di tale organismo enunciando principi di diritto in contrasto; ove ciò avvenisse, l’ABF si collocherebbe automaticamente fuori dal sistema, con inevitabili ricadute sulla sua autorevolezza e sulla credibilità delle sue decisioni”.

Al di là delle questioni inerenti ai rapporti tra ABF e magistratura ordinaria, con precipuo riguardo alla funzione nomofilattica delle Sezioni unite e nell’ottica di un “dialogo” finalizzato alla costruzione di un coerente sistema di giustizia, il Collegio di coordinamento aggiunge ulteriori considerazioni adesive alla ricostruzione operata dalla Corte di Cassazione, alla quale viene riconosciuto di aver fornito non già una lettura autonoma della normativa vigente, bensì conforme alla legge di interpretazione autentica del 2001, in virtù della quale appare impossibile sostenere de jure condito l’invalidità della pattuizione che fissi un saggio degli interessi originariamente inferiore al tasso soglia.