C’è stato un aggressore e un aggredito in entrambi i casi, ma nel conflitto mediorientale quest'ultimo non ha il sostegno e le simpatie delle diverse opinioni pubbliche. Ecco una possibile spiegazione per far capire meglio il fenomeno
L’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 e l’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre 2023 sono all’inizio di due conflitti importanti e dalle profonde conseguenze che – ormai lo sappiamo – dureranno a lungo e non possiamo prevederne gli sviluppi. A parte tutto il resto, un aspetto che colpisce dei due conflitti sono le reazioni delle opinioni pubbliche nei diversi paesi.
Nel primo conflitto l’aggredito, l’Ucraina, non ha avuto particolari manifestazioni di solidarietà e relative mobilitazioni popolari, e anzi dopo qualche settimana da più parti e in paesi diversi si sono levate voci di simpatia, interessate o meno, per l’aggressore, la Russia.
Nel secondo conflitto, l’aggredito, Israele, è stato anche accusato di crimini di guerra ancora prima di commetterli mentre l’aggressore, Hamas, ha ricevuto la simpatia e il sostegno di decine di piazze in molti paesi, mobilitate in favore dei palestinesi, e necessariamente di Hamas.
Come si spiegano queste reazioni alla rovescia per le quali non è l’aggredito oggetto di simpatie e sostegno popolare?
Sicuramente, la precedente storia dei due conflitti ci dice molto sulle reazioni che ci sono state. Semplificando, da una parte, gli ucraini sono scarsamente presenti fuori dal loro paese e i forti interessi per il petrolio e il gas da parte delle popolazioni europee fanno vedere la Russia con maggiore indulgenza. Mentre, dall’altra, la diaspora palestinese, la mobilitazione dei musulmani nei diversi paesi e la diffusa convinzione che Israele abbia imposto il suo dominio sia nella Striscia di Gaza che nei territori sotto l’autorità palestinese, mantenendo i palestinesi in stato di povertà e bisogno, possono essere fattori che spiegano quelle simpatie e la ‘dimenticanza’ delle atrocità commesse dai militanti di Hamas il 7 ottobre.
Forse, però, queste spiegazioni non bastano. Rimane che c’è stato un aggressore e un aggredito, e questo ultimo non ha il sostegno e le simpatie delle diverse opinioni pubbliche. Sembra necessario andare oltre alla ricerca di una spiegazione che, senza inficiare quelle sopra indicate, contribuisca a integrarle sostanzialmente per capire meglio il fenomeno.
I risultati di un ampio ed approfondito sondaggio condotto alcuni anni su altro tema (“Significato e Valutazione della democrazia”, European Social Survey) fanno vedere come in primo piano ci siano le necessità primarie, mentre libertà e diritti vengono dopo. Dunque, possiamo pensare che dal punto di vista dell’opinione pubblica europea il senso di giustizia (l’aggressore violento ha torto e deve essere contrastato) insieme alla necessità di protezione della sicurezza rispetto alla violenza, si attenuano – anche notevolmente – in contesti in cui il problema prioritario che preoccupa i cittadini sia come affrontare una crisi economica e situazioni di povertà, anche relativa.
È questa un’ipotesi integrativa che ci fa capire meglio quelle reazioni alla rovescia? Probabilmente, sì, in quanto le diverse storie specifiche di quei conflitti spiegano di più, ma riflettiamoci per il significato di fondo che può avere un’ipotesi del genere in prospettiva..