L'articolo 1 del Ddl Competitività allarga le maglie dell'offerta "fuori sede" di prodotti finanziari, con il rischio che emergano nuove figure di emittenti spregiudicati e che vengano meno le tutele per gli investitori. L'intervento di un addetto al lavori
Il disegno di legge “Interventi a sostegno della competitività dei capitali” (di seguito, “ddl competitività”), attualmente all’esame del Senato, reca misure volte a stimolare la crescita del mercato dei capitali italiano favorendo l’accesso e la permanenza delle imprese nell’ambito dei mercati finanziari; muove dal Libro Verde del MEF su “La competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita”, che promuove un insieme organico di iniziative tese a rimuovere vincoli, normativi e operativi, all’accesso al mercato e a introdurre misure che stimolino la canalizzazione degli investimenti verso le imprese.
Il presente contributo si focalizza esclusivamente sull’art. 1 del ddl competitività che, pur rubricato Tecniche alternative per l’ammissione a negoziazione, introduce in realtà, in quello che vorrebbe essere un ampliamento di favore per l’auto-collocamento, due nuove fattispecie di esenzione dalla disciplina dell’offerta fuori sede di cui all’art. 30 del TUF che nella formulazione attuale suscitano perplessità.
In particolare:
Si premette che la disciplina dell’offerta fuori sede ha una sua ratio precisa e trova il suo fondamento nella legislazione comunitaria: essa, infatti, è rimessa alle scelte regolatorie di ciascuno Stato membro (considerando 101 della MiFID II), nella consapevolezza che si esaurisce all’interno dei singoli confini nazionali (non configurandosi quindi fenomeni di gold plating) ed esige l’attivazione di forme speciali e ulteriori di protezione dei risparmiatori dall’effetto sorpresa da cui sono colti quando non manifestano l’intenzione di investire i loro risparmi recandosi presso la sede o le dipendenze di un intermediario o di un emittente, ma subiscano piuttosto l’iniziativa promozionale di chi li solleciti personalmente al domicilio.
A loro tutela, nel nostro Paese è previsto, nei confronti di chi, anche dall’estero, promuova investimenti attraverso questa particolare modalità, l’obbligo di avvalersi di persone fisiche che devono rispettare la disciplina della succursale stabilendosi in Italia, in possesso di specifici requisiti di onorabilità e professionalità, sottoposte a loro volta a regole di condotta e a vigilanza pubblica con l’iscrizione in un albo dal quale possono essere radiate in caso di comportamenti fraudolenti, e con la fondamentale responsabilità in solido dell’intermediario mandante per i danni eventualmente cagionati, anche se dipendenti da reato.
L’art. 1 del ddl competitività interverrebbe sull’attività disciplinata di offerta fuori sede, consentendo a qualsiasi emittente – nei casi richiamati – di svolgerla senza dover ricorrere ad un soggetto abilitato alla prestazione del servizio di collocamento. Residuerebbe la sola tutela dell’investitore offerta dalle norme in materia di prospetto, applicabili agli emittenti ogni qualvolta effettuino un’offerta avente i caratteri dell’offerta al pubblico. Ma, al di là delle (pur valide, ma già presenti) esenzioni in tema di prospetto, le fattispecie sono notoriamente e profondamente diverse, con un need of protection e relativi presidi di tutela differenti.
Come accennato, l’area dell’esenzione della lettera b-bis) si estende (ben oltre, sembra, le stesse intenzioni degli estensori, come risulta dall’unico breve inciso in una nota contenuta nel citato Libro Verde del Mef ) all’auto-collocamento fuori sede di qualsiasi strumento finanziario (valori mobiliari, strumenti del mercato monetario e azioni di SICAV e SICAF) e ciò comporta che, esemplificando, veicoli – anche semplici tied agent – domiciliati all’estero potrebbero effettuare vendite “spot” dei loro strumenti finanziari al domicilio degli investitori italiani, senza l’obbligo di rispettare la disciplina della succursale, soggiacendo esclusivamente alla legge del Paese di origine e con l’effetto per di più di drenare facilmente all’estero -con l’emissione di strumenti non funzionali alla valorizzazione dell’economia reale-i risparmi: in definitiva, in assenza di qualsiasi monitoraggio e di qualsiasi controllo, funzionale alla disciplinata trasformazione del risparmio in investimento di rischio.
Inoltre, si produrrebbe il paradosso che gli investitori al dettaglio sarebbero privati del diritto di ripensamento nel caso in cui gli strumenti finanziari venissero loro offerti fuori sede direttamente dall’emittente, mentre tale diritto sopravviverebbe nell’ipotesi in cui gli stessi strumenti finanziari venissero loro offerti tramite un soggetto abilitato.
Appaiono evidenti i rischi che l’esenzione dell’auto-collocamento dalla disciplina dell’offerta fuori sede comporterebbe per la tutela dei risparmiatori e per l’integrità del mercato, generando un vulnus ingiustificato alla tutela degli interessi.
Né tali rischi possono essere tollerati postulando, come si legge nella Relazione al ddl competitività, che la soglia minima dell’investimento di 250.000 euro, da un lato, e/o lo status di società quotata dell’emittente, dall’altro lato, possano rappresentare situazioni nelle quali “non sussiste un chiaro bisogno di protezione verso l’investitore”.
La disciplina dell’offerta fuori sede mira, infatti, a proteggere dall’effetto sorpresa di una sollecitazione a domicilio gli investitori inesperti, prescindendo sia dall’ammontare dell’investimento, sia dallo status di società quotata dell’emittente.
D’altro canto, sarebbero verosimilmente pochi gli emittenti in grado di offrire fuori sede i propri strumenti finanziari, ossia, avvalendosi del proprio personale per andare a ricercare “porta a porta” i potenziali investitori. Con tutta probabilità le piccole e medie imprese continuerebbero ad avvalersi o delle reti distributive degli intermediari, quale modalità che maggiormente garantirebbe il buon fine del collocamento, o delle altre forme di immissione diretta nel mercato dei loro strumenti finanziari, con conseguente risparmio di costi.
In realtà, si corre il rischio che emergano nuove figure di emittenti spregiudicati, i quali troverebbero terreno libero nell’agire legibus soluti in chiaro conflitto di interessi, in danno degli investitori italiani e con il rischio di deteriorare con la loro condotta la reputazione dell’intero settore; si liberalizzerebbe non l’auto-collocamento in quanto tale, già oggi libero (in quanto non costituente prestazione professionale di un servizio di investimento), bensì quella particolare modalità di auto-collocamento che consiste nel promuovere di persona i propri strumenti finanziari presso il domicilio dei singoli investitori che, al momento, con determinate cautele, può anch’esso essere già liberamente svolto.
Per concludere, il sistema normativo attuale è frutto di un equilibrato contemperamento dei diversi interessi in gioco, che verrebbe alterato dall’introduzione di quelle deroghe alla disciplina dell’offerta fuori sede previste dall’art. 1 del ddl competitività, la cui concreta formulazione appare ultronea rispetto a quanto emerso in sede di Libro Verde del MEF e non totalmente rispondente al fondamentale presupposto dell’intervento nei casi in cui non vi sia un chiaro need of protection.
Giova rammentare che la disciplina dell’offerta fuori sede si fonda su una logica di servizio il cui costo, in primis per l’intermediario, è più che compensato dall’esigenza di fornire un’adeguata tutela al patrimonio degli investitori oblati fuori sede e di assicurare al contempo l’integrità del mercato; last but not least, l’intervento normativo sembra porsi in contrasto anche con l’evoluzione del modello di protezione dell’investitore, oggi maggiormente valorizzato dalle ultime proposte comunitarie, quali la Retail Investment Strategy. Sarebbe più che opportuna una nuova formulazione.
* Segretario Generale dell’Assoreti, Vice Presidente dell’OCF