Il Principe

di Leonardo Morlino

Antifascismo, tra le dichiarazioni e i fatti

Perché alla Meloni non convengono le abiure. E perché l'importante è vigilare sulle politiche concretamente realizzate

Leonardo Morlino
MORLINO

Le recenti dichiarazioni della presidente Meloni in occasione dell’anniversario dell’eccidio delle Fosse ardeatine ha riproposto una discussione che sta andando avanti da anni sulla reticenza dei Fratelli d’Italia – a cominciare dal suo leader – a dichiararsi antifascisti come prova della non completa integrazione democratica di questa forza politica con i suoi leader, militanti e votanti. Purtroppo, come è avvenuto a suo tempo per le dichiarazioni pro-democratiche richieste al Partito comunista, questo dibattito ha scarso significato effettivo, malgrado il tempo dedicato al tema da politici, giornalisti e anche alcuni studiosi, e impiegheremmo meglio il nostro tempo dedicandoci ad aspetti di sostanza. Perché?

Innanzi tutto, una parte dei votanti e leader del partito di estrema destra, che in questo settore dello spazio politico è riuscito a scalzare anche la Lega di Salvini, a sua volta spostatasi su queste posizioni, ha mantenuto atteggiamenti di simpatia per quella esperienza storica. Con il passare del tempo, da una parte, la memoria fascista è stata reinventata attraverso l’affievolirsi dei drammatici ricordi della guerra, anche per la graduale scomparsa delle generazioni che ne avevano esperienza diretta, mentre sono stati mantenuti altri ricordi di ordine, efficienza e anche benessere; d’altra parte sono rimasti gli aspetti simbolici e non che fanno identità, dal saluto romano alla tolleranza di gruppi violenti. Rispetto alla presenza di questi atteggiamenti, anche dei più giovani, che li hanno assorbiti attraverso la socializzazione dalla generazione precedente, un leader razionale che cerca di essere votato non può fare dichiarazioni che gli farebbero perdere una notevole quantità di voti proprio da parte di coloro che costituiscono l’elettorato più leale e fedele. Si tratta evidentemente di una scelta politica della Meloni, da cui ritieni di trarre un vantaggio – ad esempio, a suo tempo, Fini aveva fatto dichiarazioni di abiura.

Inoltre, come hanno dimostrato le ricerche fatte sull’argomento in anni passati, esiste un’opinione neo-autoritaria, abbastanza diffusa anche tra i giovani, che potrebbe prescindere dall’esperienza fascista. Alcuni antichi sondaggi indicavano come circa il 10/20% dell’elettorato di destra avesse atteggiamenti neo-autoritari. Per questi, l’unica ideologia identificata con la destra, propria della tradizione politica italiana e, quindi, ben nota e più facilmente assimilabile, era quella fascista. In questo senso, era ovvio sia che il neo-autoritarismo facesse appello a quella esperienza storica, come si notava sopra, reinventandola con adattamenti, sia che i leader di destra usassero il passato per avere nuovi votanti nel presente.

D’altra parte, il contesto politico e il tempo che viviamo non consente evidentemente la trasformazione dei nostri regimi democratici in regimi autoritari. E allora che senso ha chiedere abiure esplicite dell’antifascismo? Un motivo della richiesta potrebbe essere il tentativo delle altre forze politiche di delegittimare i FdI per renderli del tutto inaccettabili e non votabili per quell’elettorato che non è né fascista né neo-autoritario, ma semplicemente conservatore. Ma quando quel partito è il principale attore di governo e il suo leader il primo ministro questo tentativo ha evidentemente poco senso. E allora?

In realtà, si parte da un assunto implicito di coerenza tra dichiarazioni e comportamenti. Se si fanno dichiarazioni antifasciste, potremo essere sicuri che avremo comportamenti antifascisti, ovvero democratici. Ma le democrazie contemporanee, in cui così tanta importanza hanno le dichiarazioni, ci hanno mostrato anche come quell’assunto sia erroneo. Possiamo tranquillamente dichiararci antifascisti mille volte e, poi, approvare e realizzare politiche che limitano le libertà ovvero indeboliscono i controlli necessari del potere politico. Il primo e più immediato esempio europeo è quello di Órban, un leader che si dichiara cristiano e difensore della cultura e civiltà ungherese che è riuscito a trasformare il suo paese da una democrazia a un regime ibrido con diversi aspetti autoritari.

Dunque, non è alle dichiarazioni che bisogna fare attenzione ma ai fatti, cioè alle politiche effettivamente decise e concretamente realizzate, anche quelle politiche – con contenuti autoritari – che saranno presentate e fatte credere come politiche iper-democratiche.

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