Efficienza dell'intermediazione finanziaria

Capacità degli intermediari finanziari di adempiere in maniera ottimale alle prorie funzioni. Il concetto di efficienza trova applicazione a livello tecnico-operativo, ovvero può indicare la capacità singolo intermediario di realizzare l’economicità della propria gestione, oppure a livello allocativo, con riferimento all’insieme degli intermediari. Benché esista una correlazione tra i due concetti, l’efficienza operativa degli intermediari non determina necessariamente una condizione di efficienza allocativa degli stessi. Dipende infatti dalla natura dei mercati e dal comportamento concorrenziale degli intermediari il trasferimento dei guadagni di efficienza operativa sulle condizioni applicate agli utilizzatori del servizio di intermediazione. Una valutazione dell’efficienza allocativa del sistema degli intermediari finanziari è ovviamente condizionata dalle funzioni riconosciute al sistema finanziario. La teoria neoclassica assegna agli intermediari finanziari il ruolo di mediazione tra settori in avanzo ed in disavanzo. Se si fa riferimento a questa interpretazione, il comportamento efficiente degli intermediari implica una serie di condizioni. In primo luogo, esso deve tendere alla minimizzazione dei costi di transazione connessi alla imperfetta divisibilità delle passività finanziarie delle unità in disavanzo poiché i costi di collocamento delle passività stesse aumentano in modo più che proporzionale rispetto al loro frazionamento. Gli intermediari finanziari riescono a ridurre tali costi attraverso lo sfruttamento di economie di scala nel reperire un insieme di acquirenti delle passività finanziarie e di economie di scope nell’offerta di una gamma tendenzialmente ampia di prodotti finanziari. Un secondo fattore di efficienza dell’intermediazione finanziaria è la capacità degli intermediari stessi di sfruttare in maniera ottimale le informazioni acquisite. Ciò significa in primo luogo utilizzarle per il reperimento della clientela in modo tale da erogare credito con minor rischio rispetto ad altri operatori ed in secondo luogo per realizzare una funzione di monitoring della clientela affidata, ovvero per controllare l’utilizzo del credito. Infine, l’efficienza dell’intermediazione è anche connessa alla capacità degli intermediari di realizzare una trasformazione delle scadenze (trasformazione qualitativa dei fondi) contemporaneamente limitando la quantità di riserve liquide. Secondo l’approccio neoclassico, come sottolinea Tobin, l’efficienza dell’intermediazione deve dunque riflettersi: 1) in una riduzione dei costi di transazione e di informazione; 2) in una più elevata corrispondenza tra il valore delle attività finanziarie ed il rendimento futuro cui esse danno titolo; 3) in un ampliamento delle possibilità di scelta dei soggetti in relazione alle loro preferenze e all’evoluzione attesa delle condizioni di mercato. Se si fa riferimento alla visione schumpeteriana, che assegna al sistema creditizio anche la funzione di promozione dello sviluppo, ovviamente un giudizio sull’efficienza sarà condizionato anche dalla verifica della capacità del sistema degli intermediari di promuovere lo sviluppo economico. In questo senso si deve tenere conto della capacità del sistema di effettuare una selezione della clientela affidata sulla base della sua solvibilità, della qualità dei progetti da essa intrapresi o da intraprendere, oltre che sulle condizioni e sulle prospettive del mercato. In questo senso l’intermediazione è efficiente se privilegia i settori e le imprese a più elevata redditività.

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