Luigino Bruni “Capitalismo meridiano – Alle radici dello spirito mercantile tra religione e profitto”, Il Mulino, Bologna, 2022 pagg.201, Euro 19,00
Un nuovo punto di vista sulle origini del capitalismo invita a guardare in Italia. Tra mercanti e ordini religiosi come i francescani
Dopo aver completato la lettura di quest’ultima ricerca di Luigino Bruni, Professore di Economia Politica nell’Università Lumsa di Roma, non si può non convenire con quanto affermato dallo stesso Autore nelle pagine inziali circa l’intento di “complicare alcune tesi consolidate e suggerire qualche nuova pista ancora non sufficientemente esplorata”.
Il riferimento è alla nascita dell’economia di mercato e alle origini del capitalismo moderno, un ambito, finora, dominato da ricerche storiografiche e sociologiche, che hanno supportato e privilegiato l’ipotesi di un capitalismo sviluppatosi nei Paesi del Nord Europa sotto l’egida incombente dell’etica protestante (Max Weber docet).
Benché presentato con obiettivi minimalisti, questo saggio, “che non intende offrire una nuova grande ipotesi interpretativa sull’origine del capitalismo”, ha l’indubbio merito di suscitare più di un dubbio nel lettore su certezze che si ritenevano definitivamente acquisite, gettando una nuova luce su aspetti finora relativamente trascurati, o, comunque, non sufficientemente valorizzati.
Il viaggio proposto dall’A. nella realtà del Medioevo cristiano al di sotto delle Alpi svela, infatti, una singolare prospettiva di connubio tra lo spirito mercantile, che ha caratterizzato, in modo significativo, la vita economica della nostra Penisola nei secoli conclusivi di quel periodo storico e nella parte iniziale del successivo Rinascimento e il ruolo di crescente importanza assunto da alcuni ordini religiosi. Paradossalmente, in quest’ultimo ambito spicca il rilievo acquisito da un ordine mendicante, quello dei francescani, che, pur non rinnegando l’insegnamento e le regole del proprio fondatore, sviluppò, accanto ad approfondite ricerche teologiche, accurate riflessioni di carattere economico; favorendo, così, la creazione e l’applicazione di strumenti operativi che spaziano dalla comprensione degli elementi contabili (Fra’ Luca Pacioli) alla mobilitazione del credito verso i più bisognosi, con l’istituzione dei Monti di Pietà.
Luigino Bruni, avvalendosi di serie ricerche storiografiche pregresse e di un proprio originale e prezioso contributo, immerge, dunque, il lettore in una realtà sicuramente poco esplorata e di indubbio fascino per fargli toccare con mano la plausibilità scientifica della propria ipotesi, individuando i caratteri e i segni distintivi di questo singolare connubio tra mercanti e ordini religiosi mendicanti.
Va, anche, sottolineato che ad accrescere la godibilità del libro contribuisce lo stile lieve utilizzato dall’A., che si accompagna al metodo di rigore scientifico, testimoniato dai numerosi riferimenti documentali apportati e dalla coerente costruzione delle relative considerazioni sviluppate.
Non mancano, poi, le “scorribande intellettuali”, che impreziosiscono l’ originario disegno complessivo di questa ricerca. Vi sono, infatti, pagine dedicate all’attenzione riservata alla dimensione economica da parte di due autentiche stelle del nostro panorama letterario trecentesco, Dante e Boccaccio; così, come un capitolo è riservato agli aspetti economici della Controriforma e al valore mercantile della donna nella società di quel periodo storico, con alcune originali riflessioni sulle caratteristiche dell’istituto della dote nuziale e sull’uso sempre più diffuso di destinare alla vita monacale persone di sesso femminile, appartenenti anche ai ceti più facoltosi.
In definitiva, una provocazione intellettuale questa di Luigino Bruni, così come viene definita nella sua postfazione da Amleto Spicciani, in cui risultano rivalutati, da un lato la figura del mercante medievale italiano nella sua qualità di imprenditore illuminato, dall’altro il determinante ruolo economico degli ordini monastici. Un esito scientifico, che si aggancia in modo coerente a quella corrente storiografica moderna, che ha il suo padre nobile nell’economista pisano Giuseppe Toniolo; una corrente che vedeva e interpretava, in definitiva, il cristianesimo come una grande forza propulsiva della civiltà europea.
In ogni caso, al di là delle impostazioni ideologiche, rimane l’auspicio che il messaggio di questo libro possa essere adeguatamente ripreso e sviluppato nel prossimo futuro per contribuire ad una riconsiderazione più ampia e diversificata di un fenomeno così complesso, come quello delle origini del capitalismo moderno.