Un report della Barclays disegna il boom del giro d'affari nel settore degli sport elettronici, cioè dei videogame, con annessa crescita di scommesse e investimenti. Target: i giovani. Crederci o allarmarsi?
Dall’epoca di Supermario, una delle più famose serie di videogiochi (anno di nascita 1981) a oggi il settore del videogame ha fatto passi da gigante. Fino a diventare ormai un settore economicamente interessante tanto da far entrare in campo la Barclays, banca britannica di stazza internazionale, che in un report ne dipinge ottimisticamente crescita e potenzialità.
Gli analisti di Barclays sono in particolare entusiasti dei cosiddetti “esport” , cioè gli sport elettronici: quel mondo dei videogiochi che non si limita al salotto di casa ma che si confronta in tornei anche internazionali che avvengono durante dei grandi party fisici o entrando in una sala LAN, spazi commerciali con apposite postazioni.
Questi ultimi sono fioriti in tutto il mondo, anche da noi, salvo in fatto che sono stati pochi mesi fa messi sotto sequestro dall’Agenzia delle Dogane, che ne ha eccepito una serie di irregolarità tra mille proteste e poi rimesse in attività fino al 30 giugno 2023 “in attesa di una soluzione definitiva”.
Bene, questo settore degli esport può attirare, afferma la banca, una platea virtuale di fan tra le nuove generazioni, che al posto degli spalti per seguire la squadra di calcio del cuore o il campo del basket, sono destinati a convergere versa l’arena virtuale attraverso il proprio computer.
Confortati in questo dal fatto che durante i campionati 2021di League of Legends (uno dei videogiochi online più famosi, in cui si tratta di fare fuori i campioni avversari per salire i vari gradini di abilità), l’audience è stata di 74 milioni di persone, gli analisti prevedono un tasso di crescita di qui al 2030 del 9 per cento fino ad arrivare a oltre un miliardo di fan degli esport.
Ma dove sta il valore economico? Oggi, stima Barclays, il valore di un fan è sui 2,60 dollari, bazzecole rispetto a un fan dello sport tradizionale, che negli Usa è stimato valere 67 dollari. Ma si triplicherà alla fine del decennio arrivando a circa 9 dollari, grazie al fatto che saliranno i prezzi dei diritti dei giochi, e si faranno avanti – è sempre la previsione Barclays – degli sponsor di provenienze diverse dalle attuali (essenzialmente interne al mondo dei videogiochi stessi).
Il salto vero però è collegato soprattutto al mondo crypto. Crypto e esport sono fatte dello stesso Dna, afferma non senza una dose di ironia il Financial Times. Integrando le due industrie, il boom sarebbe assicurato.
Il metaverso è infatti pronto a ricevere per esempio le scommesse sugli esport, utilizzando le monete virtuali e bypassando le banche il tutto sarebbe meno costoso e più a portata delle generazioni più giovani – e più esposte – ansiose di partecipare: per esempio, Barclays stima che le scommesse sul solito League of Legends possono produrre un giro d’affari di oltre 2 miliardi nel 2030. I bookmakers del settore già si leccano i baffi, senza contare il patrimonio di dati che possono accumulare dalle scommesse che girano sui computer.
Ultima pennellata a questa agghiacciante prospettiva (e proprio perché agghiacciante ha molte possibilità di realizzarsi), è il business collaterale derivato dall’uso degli esport, e quindi dei loro “eroi” fantastici, degli ambienti in cui si muovono, delle armi micidiali che usano, e via dicendo: quello del collezionismo. Essendo in una dimensione virtuale, tutto può essere trasformato in oggetto da collezionare, scambiare, depositare in tutta sicurezza nel proprio portafoglio crypto, e aspettare che acquisti valore.
Davvero sono queste le magnifiche sorti e progressive?