approfondimenti/regolazione
TASSONOMIA UE
Termovalorizzatori: un tabù anche per la Ue?

Il sindaco Gualtieri a Roma e la Regione Sicilia hanno deciso di investire in termovalorizzatori, per ridurre i rifiuti in discarica e produrre energia nell'ottica di una transizione verso l'economia circolare. Eppure questa tecnologia non compare nella Tassonomia, il testo-guida della Ue che indica le attività economiche eco-sostenibili. Un'esclusione che equivale a una penalizzazione

Andrea Ballabio, Donato Berardi e Nicolò Valle*
Ballabio
Berardi
Valle

La Tassonomia, entrata in vigore con il Regolamento UE 2020/852, rappresenta un linguaggio comune per selezionare le attività economiche eco-sostenibili. I criteri sono pensati per guidare i finanziatori negli investimenti, classificando le iniziative, le infrastrutture e le attività ritenute idonee a promuovere gli obiettivi ambientali europei, all’interno del framework delle policy europee delineato compiutamente dal Green Deal. Un percorso, questo, estremamente ambizioso, che intende traguardare la neutralità climatica dell’Unione Europea (UE) al 2050.

Come già accennato in un precedente articolo, anche la gestione dei rifiuti verrà impattata dalla Tassonomia. Al momento, risultano già eleggibili – per il settore dei rifiuti – la raccolta e il trasporto dei rifiuti separati alla fonte, la digestione anaerobica e il compostaggio di rifiuti organici, il recupero di materia dai rifiuti e la cattura del gas di discarica. 

Apparentemente, sembrerebbero essere state escluse le tecnologie per trattare i rifiuti non riciclabili ed indifferenziati, vale a dire il recupero energetico e il riciclo chimico. Un’assenza che pesa ancora di più, se si pensa al nuovo contesto geopolitico ed energetico mondiale, segnato profondamente dal conflitto russo-ucraino e dai rincari nell’approvvigionamento delle fonti energetiche.

È evidente, infatti, che l’esclusione delle tecnologie di transizione collide con la ricerca dell’indipendenza energetica e nella disponibilità di materie prime (seconde), a livello europeo ed italiano, quale obiettivo principale delle politiche economico-ambientali attuali e future. 

Una strada che, al contrario, sembra essere stata intrapresa sia dal Comune di Roma, con l’annuncio del Sindaco Roberto Gualtieri di voler dotare la Capitale di un impianto di termovalorizzazione per risollevare la gestione dei rifiuti romana, sia dalla Regione Siciliana, ove sono già state avviate le procedure per realizzare due termoutilizzatori per il recupero energetico e la produzione di bio-carburanti dai rifiuti non riciclabili sull’Isola. Il tutto, andando a ridurre i conferimenti in discarica e coniugando così la transizione energetica con il percorso di adozione dell’economia circolare.

Anche perché entrambe le regioni scontano ancora deficit consistenti nel trattamento dei rifiuti indifferenziati o fanno un ricorso eccessivo allo smaltimento in discarica, che invece dovrebbe costituire l’opzione di gestione residuale, come si può ben vedere dal grafico sottostante. Un cambio di passo, quello veicolato da tali scelte, che dovrebbe portare, una volta realizzati effettivamente gli impianti prefigurati, ad una gestione del ciclo dei rifiuti maggiormente virtuosa e ambientalmente sostenibile. A patto, chiaramente, di vincere tutte le resistenze che si frapporranno alla realizzazione di tali impianti, ma con la consapevolezza di aver sdoganato delle opzioni tecnologiche fino ad oggi considerate un vero e proprio tabù. 

Recupero energetico: oltre il danno, la beffa dell’ETS

Nonostante le stesse Istituzioni europee abbiano ribadito in più occasioni l’importanza della termovalorizzazione nel percorso di transizione verso l’economia circolare, la Tassonomia sembra andare verso l’esclusione di tali tecnologie dal novero delle attività eco-sostenibili. L’attenzione – più che corretta – tributata ai gradini più elevati della gerarchia dei rifiuti (prevenzione, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio), senza fornire indicazioni anche per una gestione sostenibile dei rifiuti non riciclabili, va a favorire indirettamente forme di gestione tecnologicamente meno costose e al contempo più impattanti, come lo smaltimento in discarica.

Nell’ottica di promuovere gli investimenti sostenibili attraverso lo strumento della Tassonomia, il recupero energetico dei rifiuti indifferenziati non dovrebbe essere escluso, ma piuttosto promosso laddove consente di minimizzare lo smaltimento in discarica a valle dell’implementazione di tutte le azioni possibili che ambiscono a massimizzare la prevenzione e il riciclo dei rifiuti. Un approccio, questo, che si fonda sulla consapevolezza che la frazione di rifiuto residuo non riciclabile non potrà essere azzerata, così come una minima parte di rifiuto biodegradabile in essa contenuto. Da qui, la necessità di attivare forme di gestione sostenibili, recuperando energia elettrica e/o calore anche allo scopo di fornire un contributo alla transizione energetica.

Razionalmente, gli investimenti nel recupero energetico dei rifiuti indifferenziati dovrebbero essere etichettati come sostenibili se:

  • l’impianto tratta solo rifiuti non riciclabili, quali rifiuti misti raccolti separatamente all’interno di un sistema di raccolta differenziata pianificato dagli Stati membri dell’UE, o scarti provenienti dagli impianti di selezione e di trattamento dei rifiuti;
  • i Piani nazionali di gestione dei rifiuti degli Stati membri sono realizzati in modo da assicurare la raccolta differenziata di tutte le frazioni che devono essere intercettate separatamente come obbligo di legge;
  • gli obiettivi di prevenzione, riuso e riciclaggio sono stati raggiunti o sono prossimi ad essere centrati.

A ben guardare, il contributo della termovalorizzazione alla transizione verso l’economia circolare è assimilabile a quello del gas e del nucleare nella transizione energetica, attività che di recente sono state ricomprese nella Tassonomia UE proprio allo scopo di scongiurare l’impiego di fonti energetiche più impattanti e di accompagnare gli Stati membri verso una produzione di energia a emissioni zero. Attività, queste, che inizialmente erano state escluse, salvo poi essere inserite nel novero di quelle eco-sostenibili. L’auspicio è che, anche il recupero energetico, possa seguire una traiettoria simile. 

Ad ulteriore detrimento del ruolo che il recupero energetico può giocare nell’adozione di un paradigma improntato sull’economia circolare, andrebbe l’eventualità di un inserimento dell’incenerimento dei rifiuti di origine urbana nel sistema “Cap&Trade” per lo scambio delle quote di emissione di gas ad effetto serra dell’UE, il c.d. EU-ETS (“European Union-Emissions Trading System”).

Un’evenienza che sembrerebbe palesarsi a partire dal 1° gennaio 2026 e che rischia di vessare gli impianti di recupero energetico degli oneri derivanti dal meccanismo, e specificatamente l’acquisto di un permesso negoziabile per ogni tonnellata di CO2 equivalente immessa nell’atmosfera, salvo beneficiare eventualmente di talune quote gratuite.

Per i termovalorizzatori, quindi, si staglia all’orizzonte non soltanto il danno di non essere considerati eco-sostenibili, ma anche la beffa di dover subire un aggravio di costi, riaprendo la strada verso il conferimento in discarica per diversi flussi di rifiuto. 

Al contrario, sarebbe meglio implementare incentivi che consentano anche alle infrastrutture di recupero energetico dei rifiuti non riciclabili di allinearsi alle migliori tecnologie disponibili, coadiuvate eventualmente da quella di cattura della CO2, così da trasformare questi impianti in assorbitori netti di anidride carbonica. 

* Laboratorio REF Ricerche

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