SCENARI DI GUERRA
Il nuovo puzzle delle banche centrali

Il conflitto Russia-Ucraina sta dispiegando i suoi effetti a livello mondiale. Ecco perché nessun si può dire al sicuro. E quali sono i nodi da sciogliere per cercare un nuovo equilibrio

Paola Pilati

La guerra in Ucraina è già una guerra mondiale. Condiziona i movimenti dei tassi delle banche centrali, guida la revisione delle policy dei governi sulla propria leva fiscale, si traduce in una frenata dei consumi nei mercati dell’Occidente più benestante con ripercussioni sulle economie emergenti, per non parlare degli effetti sulla transizione ecologica, la più grande scommessa per la sopravvivenza del pianeta, che oggi appare a molti improvvisamente velleitaria. Per finire con la ripresa dell’economia mondiale nel suo complesso dopo l’anestesia del Covid.

Sulla linea del fronte ci sono le banche centrali. La Fed ha aperto la marcia del rialzo dei tassi decidendo il primo incremento dello 0,25 dal 2018. Le previsioni più aggiornate danno per certi altri sei ritocchi nel corso dell’anno, più altri tre il prossimo, per arrivare a un livello del 2,8 a fine 2023.

È l’arsenale che il governatore della Fed Jay Powell possiede per contrastare il più insidioso nemico della stabilità della valuta: l’inflazione, che ormai ha abbattuto ovunque la barriera ideale del 2 per cento e non si arresta. Quando Powell ha detto che userà l’arma dei rialzi come fece il suo maestro Paul Volker negli anni Settanta-Ottanta, chi ricorda i tassi spinti a un soffio dal 20 per cento e le manifestazioni di piazza dei lavoratori disoccupati dell’epoca, ha sentito un brivido. Certo, ora la situazione è molto diversa: il tasso di disoccupazione è basso, i salari sono alti, e consumi corrono. Ma la guerra può mandare tutto all’aria, sconvolgendo l’intero assetto mondiale dei prezzi delle materie prime, dei rifornimenti, e quindi del benessere globale.

I rischi sono ancora più forti in Europa. La Bce, come la Fed, ha accelerato il “tapering”, riducendo la quantità di titoli acquistati sui mercati da 40 a 20 miliardi al mese a partire dal secondo trimestre di quest’anno (nel programma APP), e Christine Lagarde non si è sbilanciata più di tanto a disegnare le intenzioni della banca centrale europea oltre l’orizzonte di giugno, quando nel nuovo meeting, previsto per il 9, verranno pubblicati i nuovi dati previsionali.

Sapere che persino nel santuario dell’analisi economica che sta a Francoforte viaggiano nella nebbia non è confortante. D’altra parte, la vulnerabilità dell’Europa è maggiore di quella degli Usa all’aumento dei prezzi dell’energia e dalla necessità delle sanzioni. Per questo, la revisione al ribasso della crescita prevista dalla Bce quest’anno, dal 4,2 al 3,7 per cento, viene vista troppo ottimistica per esempio d Morgan Stanley, che punta a un 3 per cento a fine 2022.

Di fatto, tutte le banche centrali, soprattutto quelle che governano il dollaro e l’euro, si trovano di fronte a un nuovo puzzle, dopo quello che hanno affrontato con lo strumento “fuori sacco” del quantitative easing. Cioè come domare un surriscaldamento dell’inflazione senza uccidere la crescita in culla e senza frustrare lo slancio dei consumatori, che di fronte all’impennata dei prezzi (la Bank of England prevede addirittura un’inflazione dell’8 per cento per giugno) tirerebbero rapidamente i remi in barca e tornerebbero a tenersi stretti i propri risparmi.

Quanto ai mercati, è vero che le Borse, dopo un primo scossone dovuto alla guerra e alla fuga dalle posizioni a qualsiasi prezzo, si sono ripresi. Ma tutti si chiedono come sarà il nuovo mondo che uscirà dalla guerra per chi gestisce il denaro.

Il il Fondo monetario fa nel suo blog una prima valutazione dell’impatto del conflitto ucraino a livello mondiale, per dire che nessuno si salva, nessuno ne resterà estraneo e al sicuro. Anche se l’impennata dei prezzi del petrolio e del gas può avvantaggiare oggi molti produttori, il fatto per esempio che Russia e Ucraina fanno da sole il 30 per cento delle esportazioni mondiali di grano può colpire duro quegli stessi produttori. Il sistema dei pagamenti, delle rimesse, del turismo, viene danneggiato in paesi come il Medio Oriente, l’Egitto, l’Africa sub-sahariana, con l’effetto di provocare altre migrazioni di massa. I rincari dei prezzi energetici impatta in India l’Inflazione, già a livelli proibitivi.

Insomma la guerra ha già alterato alle radici non solo gli equilibri geopolitici, ma anche l’ordine economico globale. Dopo, tutto il mondo e le sue relazioni andranno riconfigurati su altre basi. Dai rifornimenti di energia alle grandi catene del commercio e degli approvvigionamenti, che non potranno che essere più frammentate di come erano ieri, per ridurre lo scenario di rischio politico a cui la nostra generazione non era più abituata, ma con cui deve bruscamente fare i conti.