Che cosa accadrà ai mercati finanziari e all’economia reale quando lo straordinario sistema di aiuti pubblici si ridimensionerà e cesserà? Da un'analisi empirica emerge che i mercati finanziari valutano come potenzialmente destabilizzanti le politiche economiche, fiscali e monetarie. Soprattutto per le banche
La crisi pandemica dovuta all’infezione da Covid-19 ha generato repentine e significative contrazioni della domanda e dell’offerta nell’economia reale a livello globale e ciò ha inevitabilmente prodotto effetti sui mercati finanziari, determinando altresì il massiccio intervento delle autorità di politica economica e monetaria ai diversi livelli nazionali ed internazionale. La pandemia ha causato inoltre il sorgere di nuove fonti di rischio di natura sistemica per la stabilità finanziaria internazionale, che è complesso cercare di prevedere nel loro futuro manifestarsi ma altrettanto stimolante.
La pandemia sembra destinata ad incrementare l’incertezza e quindi l’instabilità nei sistemi economici e finanziari internazionali, per il momento soltanto sopite dalle straordinariamente espansive politiche monetarie e fiscali adottate a livello internazionale, e solleva diversi quesiti circa la futura sostenibilità degli attuali sistemi economici (European Systemic Risk Board – ESRB).
È lecito chiedersi quindi se le politiche economiche e monetarie attuate a livello internazionale saranno in grado di fronteggiare nel medio termine gli effetti della pandemia senza esporre i sistemi economici a ulteriori rischi di instabilità nel lungo periodo e quindi senza compromettere la stabilità finanziaria internazionale. E senza alterare – inoltre – il necessario e naturale processo di selezione delle imprese più resilienti (si intende quelle con maggiori potenzialità di adattarsi nel futuro ai nuovi contesti post pandemici).
Che cosa accadrà ai mercati finanziari e all’economia reale quando lo straordinario sistema di aiuti pubblici si ridimensionerà e cesserà? A queste domande non saremo purtroppo in grado di dare una risposta definitiva per diversi anni dopo la fine di questa pandemia. Se da un lato, infatti, possiamo certamente già osservare che le straordinarie politiche economiche, fiscali e monetarie poste in essere ai diversi livelli nazionali e internazionale hanno, in questa prima fase, evitato il propagarsi incontrollato della crisi, dall’altro lato non possiamo sapere quali saranno gli effetti di queste politiche nel medio-lungo periodo.
Non possiamo saperlo oggi perché tutto dipenderà da come il debito emesso e intermediato a livello pubblico e privato sarà investito e speso nei prossimi mesi e anni. Tutto dipenderà dalla capacità di allocare la straordinaria quantità di risorse verso investimenti che incrementino la produttività e la competitività delle imprese e degli Stati nel medio-lungo periodo. Solo in questo modo il debito emesso potrebbe rivelarsi effettivamente sostenibile per le future generazioni senza compromettere la stabilità finanziaria di molti Paesi.
Se quindi non è possibile oggi fornire risposte certe alle domande poste, è invece possibile scrutare nel breve termine e interpretare le previsioni dei mercati. E questo ci si è prefissi di fare nel nostro lavoro empirico pubblicato su Rivista Bancaria – Minerva Bancaria
Dalla nostra analisi emerge che i mercati finanziari valutano come potenzialmente destabilizzanti le politiche economiche, fiscali e monetarie soprattutto per la futura stabilità finanziaria dei Paesi europei meno solidi. Preoccupazione che è stata di recente chiaramente espressa nel “Financial Stability Review” pubblicato in data 19 maggio 2021 dalla BCE. La pandemia del Covid-19 è infatti uno shock idiosincratico che ha colpito più o meno simmetricamente tutti i Paesi del continente ma che produrrà effetti asimmetrici sulle diverse economie, al variare del grado di fragilità strutturale dei differenti sistemi economici.
Un focus sul sistema bancario europeo conferma come i mercati abbiano, nel brevissimo termine, individuato nelle banche i principali veicoli di trasmissione della crisi pandemica, in ragione (i) degli effetti attuali e prospettici di questa crisi sugli equilibri economici, patrimoniali e finanziari delle banche; (ii) della preoccupazione quindi degli investitori sul deterioramento delle prospettive di performance delle banche dovute, in parte, alla politica monetaria fortemente accomodante che ha compresso i margini di interesse netti; (iii) delle conseguenze rilevanti sulla qualità degli attivi delle banche con l’eventuale innalzamento dei crediti in sofferenza e la costosa gestione degli stessi; (iv) delle significative interconnessioni fra i bilanci delle banche e quelli degli Stati sovrani che espongono i sistemi finanziari a rilevanti rischi di contagio.
Nel lungo periodo il sistema bancario potrebbe rivelarsi un pericoloso veicolo di propagazione di crisi sistemiche innescate dalla pandemia sia per via del canale dell’esposizione diretta sia attraverso il canale informativo. Pertanto, le varie politiche e gli aiuti introdotti per evitare, nel breve periodo, il collasso del sistema devono essere calibrati attentamente dai futuri regolatori in quanto resta ancora aperta la domanda su cosa succederà una volta che i rubinetti della liquidità saranno chiusi e le politiche monetarie non saranno più così accomodanti.
Infatti se è corretto – in questa prima fase di pandemia e di straordinarie restrizioni finalizzate a contenere l’evolvere del virus – ristorare chi, senza responsabilità alcuna, ha subito una drastica contrazione della sua attività economica, c’è tuttavia un limite qualitativo, quantitativo e temporale, difficile da individuare, che non bisogna però valicare, perché oltre quel limite il legittimo ristoro sfocia nell’assistenzialismo miope e incondizionato che genera pigrizia e immobilismo imprenditoriale e rallenta la necessaria evoluzione di un sistema produttivo.